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Venti anni dopo (volume 2)

Alessadro Dumas (padre)
Fratelli Treves Editori Milano, 1929, pagine 272

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   — 30 - -
   Il signor d'Arminges ed Oliviero erano già a terra e sollevavano il cavallo die si dibatteva nell'agonia. Raoul riuscì a trarre il suo piede dalla staffa e la sua gamba da sotto il cavallo, ed in un momento si trovò in piedi.
   — Nulla di rotto? — disse de Guiche.
   — No, davvero, grazie al cielo, — rispose il visconte di Bragelonne.
   — Ma che avvenne di quegli infelici che que' miserabili assassinavano ?
   — Siamo giunti troppo tardi; credo che li abbiano uccisi, e poscia presa la fuga, portando seco il bottino; i miei due scudieri sono andati a visitare i cadaveri.
   — Andiamo anche noi a vedere se non fossero del tutto morti e se si può prestar loro qualche soccorso, — disse Raoul. — Oliviero, noi abbiamo ereditato due cavalli, ma io ho perduto il mio ; prendete il migliore de' due per voi, e il vostro lo prenderò io.
   E si avvicinarono al luogo ove giacevano le vittime.
   XXXIV.
   Il Monaco.
   Due uomini giacevano sul terreno, l'uno immobile, colla faccia contro terra, ferito da tre palle ed immerso nel proprio sangue... questo era morto.
   L'altro, appoggiato ad un albero dai due staffieri cogli occhi e le mani giunte faceva un'ardente preghiera. Era stato colpito da due palle che gli avevano rotto il femore. I giovani visitarono prima il morto e si guardarono con sorpresa.
   — È un sacerdote, — disse Bragelonne, — ha la tonsura. Oh ! i maledetti ! portano perfino la mano sui ministri di Dio !
   — Venite qui, o signore, — disse Urbano, vecchio soldato che aveva fatto tutte le campagne col cardinale duca; — venite qui... nulla si può fare per l'altro, mentre che questo forse vi è ancora probabilità di salvarlo.
   Il ferito sorrise mestamente, e disse:
   — Salvarmi! no; aiutarmi a morire, sì.