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Venti anni dopo (volume 2)

Alessadro Dumas (padre)
Fratelli Treves Editori Milano, 1929, pagine 272

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   —35 —
   Ì1 conte de Guiche gli parlava. — «Sì, una strana figura; ma questi monaci sono assoggettati a pratiche così degradanti, i digiuni li fanno impallidire, i colpi di disciplina li fanno ipocriti, ed è a forza di piangere i beni della vita ch'essi hanno perduto e che noi godiamo, che i loro occhi divengono appannati.
   — Alla fine, — disse Raoul, — quel povero uomo sta per veder il suo prete; ma perdio, il penitente ha la cera di possedere una coscienza migliore di quella del confessore. Quanto a me, sono avvezzo a vedere dei preti di tutt'altro aspetto.
   — Ah,--disse de Guiche, — comprendete? costui è uno
   di quei frati vagabondi che vanno mendicando sulle strade principali fino al giorno in cui un beneficio cade loro dal cielo; sono stranieri per lo più; Scozzesi, Irlandesi, Danesi. Me ne furono già indicati altra volta di simili.
   — Così sudici?
   — No, ma abbastanza schifosi, nonpertanto.
   — Che disgrazia per quel povero ferito, morire fra le mani di un simile fratonzolo!
   — Bah, — disse di Guiche, — l'assoluzione viene non da chi la dà, ma da Dio. Però volete che vi dica: ebbene! amerei meglio morire indipendente che aver a che fare con un simile confessore. Voi siete del mio avviso, non è vero, visconte? giacche vidi accarezzar l'impugnatura delle vostre pistole, come se aveste intenzione di rompergli la testa.
   — Sì, conte, è una cosa bizzarra, e che vi sorprende, io ho provato all'aspetto di quell'uomo, un orrore indefinibile. Avete mai scacciato qualche serpente dalla vostra strada ?
   — Mai, — disse di Guiche.
   —- Bene, a me questo è accaduto nelle foreste del Blai-sois, e mi ricordo che alla vista del primo che mi guardò cogli occhi foschi, piegato su se stesso, scuotendo la testa e agitando la lingua, rimasi fisso, pallido e incantato sino al momento in cui il conte di La Pere...
   — Vostro padre? — domandò di Guiche.
   — No, il mio tutore, — disse Raoul arrossendo.
   — Benissimo.
   — Sino al momento, — riprese Raoul, — in cui il conte de La Fere mi disse: Orsù, Bragelonne, sguainate la spada. Solo allora corsi sino al rettile e lo tagliai in due, nel momento in cui si rizzava sulla coda, fischiando per slanciarmisi addosso. Ebbene! vi giuro che ho provato pre-