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Il carnefice mandò il primo grido, quel grido terribile udito dapprima.
— Oh, perdonatemi, perdonatemi! — mormorò egli, — se non in nome di Dio, almeno in nome vostro, se non come sacerdote, almeno come figlio!
— Perdonarti? — gridò il falso monaco, — perdonarti? Dio forse ti perdonerà, ma io giammai!
— Per pietà ! — disse il carnefice, stendendo le braccia verso di lui.
— Non v'è pietà per chi non ebbe pietà; muori impenitente, muori disperato, muori e sii dannato!
E cavando di sotto la tunica un pugnale, e conficcandoglielo nel petto, esclamò:
— Prendi, ecco la mia assoluzione!
Si fu allora che s'intese quel secondo grido più debole del primo e che fu seguito da un lungo gemito.
Il carnefice, che si era sollevato, ricadde rovesciato sul letto. Il monaco, senza ritirare il pugnale dalla piaga, corse alla finestra, l'aprì, saltò fuori d'un giardinetto, corse alla scuderia, prese la sua mula, uscì da una porta di dietro, corse 6Ìno ad un gruppo d'alberi vicino, vi gettò la sua veste da, monaco, cavò dalla sua valigia un abito completo da cavaliere, se ne rivestì, andò a piedi alla prima posta, prese un cavallo e continuò a spron battuto la strada verso Parigi.
XXXVI.
Grimaud parla.
Grimaud era rimasto solo presso il carnefice; l'oste era andato a cercare soccorso; la donna pregava.
Da lì ad un momento il ferito riaprì gli occhi, e mormorò :
— Soccorso! soccorso!
E con uno sforzo portò la mano al petto ; la mano incontrò il manico del pugnale.
— Ah! — diss'egli come ridestandosi. E lasciò ricadere il braccio al suo fianco.
- Fatevi coraggio, — disse Grimaud, — sono andati a cercare soccorso.
— Chi siete? — chiese il ferito, fissando Grimaud con occhi smisuratamente aperti.