— 238 —.
mia tenda a quest'ora m'annuncia che siete latori di qualche nuova importante.
_ Sì, milord, — disse il conte de La Fere, — vorrei
parlare al re.
_ Al re? ma il re dorme.
_ Ho da comunicargli delle cose d'una certa gravità.
— Queste comunicazioni non le potete rimandare a domani ?
— Bisogna che le sappia subito, e forse è già troppo tardi.
— Entriamo, signori, — disse de Winter.
La tenda di de Winter era accosto alla tenda reale: una specie di corridoio comunicava l'una con l'altra. Questo corridoio era custodito non da una sentinella, ma da un cameriere di fiducia di Carlo I, perchè ad ogni caso urgente il re potesse in quell'istante medesimo parlare col suo fedel servitore.
— Questi signori sono con me, — disse de Winter.
Il servo s'inchinò e lasciò passare. Infatti sur un letto da campo, vestito del suo giustacuore nero, co' stivali lunghi, cintola allentata, e il cappello vicino, re Carlo, cedendo ad un irresistibile bisogno di sonno, s'era addormentato.
Gli uomini si avanzarono, ed Athos, che camminava in testa, considerò un momento in silenzio quella nobile pallida fisionomia incorniciata dai 6uoi lunghi capelli neri che gli colavano sulle tempie il sudore d'un cattivo sonno, e dalle grosse vene azzurre, che sembravano gonfie di lagrime, sotto i suoi occhi affaticati.
Athos mandò un profondo sospiro; quel sospiro svegliò il re, tanto il suo sonno era leggero. Aprì gli occhi.
— Ah! — diss'egli puntellandosi sul gomito, — siete voi, conte de La Fère?
— Sì, o sire.
— Vegliate mentre dormo, e venite a recarmi qualche notizia.
— Ah! sire, — rispose il conte de La Fere, — Vostra Maestà non s'è ingannata.
— Allora la notizia è cattiva, — disse il re, sorridendo tristemente.
— Sì, sire.
— Non importa, il messaggero è il benvenuto, e voi non potete entrare nella mia tenda senza farmi piacere. Voi la di cui affezione non conosce nè Patria, nè avversità,