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rere alla cieca e come matti, sibbene di stabilire un piano. Che s'Ita da fare?
— Perdio ! — disse d'Artagnan, — recarci al porto più vicino, unire tutte le nostre sostanze, prendere un bastimento, passare in Francia. Per me ci porrò sin l'ultimo 6oldo. Il primo tesoro è la vita, e la nostra, bisogna dirlo, non pende che da un filo.
— Che ne dite, du Vallon ? — domandò Athos.
— Io? — disse Porthos; — io la penso in tutto e per tutto come d'Artagnan. L'Inghilterra è il gran brutto paese.
Il conte de La Fere scambiò un'occhiata col cavalier d'Herblay.
— Allora andate, amici miei, — disse il conte sospirando.
— Come! andate? — disse d'Artagnan. — Andiamo, dovreste dire.
— No, amico mio, — disse Athos, bisogna separarci.
— Abbandonarvi! — disse d'Artagnan tutto stordito a questa notizia inattesa.
— Ohibò! — fece Porthos, — perchè volete abbandonarci poiché siamo insieme?
— Perchè la vostra missione è terminata, e voi potete, anzi dovete tornarvene in Francia, ma la nostra non è finita.
— La vostra missione non è compiuta? — disse d'Artagnan, guardando Athos meravigliato.
— No, amico, — rispose Athos colla sua voce calma e carezzosa -al tempo* stesso. Noi siamo venuti qui per difendere re Carlo, e siccome l'abbiam difeso male, ci rimane da liberarlo.
— Liberare il re! — esclamò d'Artagnan, guardando Aramis, come questi avea guardato Athos.
Aramis s'accontentò di fare un cenno col capo.
Il viso di d'Artagnan assunse un'aria di profonda compassione; cominciò a credere d'avere a che fare con due insensati.
— Non è possibile che voi parliate seriamente, Athos, — disse d'Artagnan ; — il re è in mezzo ad un esercito che lo conduce a Londra. Quest'esercito è comandato da un macellaio, poco importa si chiami colonnello Harrison, giacche è figlio d'un beccaio.
— Il processo di Sua Maestà sarà fatto al suo arrivo a Londra, vi rispondo; ho sentito parlare abbastanza su