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Venti anni dopo (volume 3)

Alessandro Dumas (padre)
Fratelli Treves Editori, 1929, pagine 272

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   LXIV.
   Salve, caduta Maestà.
   Di mano in mano eh© s'accostavano alla casetta i nostri fuggitivi vedevano la terra mossa e battuta come se un drappello considerevole di cavalieri li avesse preceduti ; dinnanzi alla porta le traccio riescivano ancor più visibili; quel drappello, qualunque fosse, erasi fermato colà.
   — Per Dio! — disse d'Artagnan, — la cosa è chiara. Il re e la sua scorta son passati per di qui.
   — Diavolo ! — disse Porthos, — in questo caso avranno divorato tutto.
   — Eh, via, — disse d'Artagnan, — qualche gallina oe l'avranno lasciata.
   Saltò giù dal cavallo e picchiò alla porta; ma nessuno rispose. Spinse l'uscio, non era chiuso, e vide che la camera era vuota e deserta.
   — Or bene? —domandò Porthos.
   — Non vedo alcuno, — disse d'Artagnan. — Ah ! ah !
   — Che c'è?
   — Del sangue.
   A quella parola i tre amici saltarono giù dal loro cavallo ed entrarono nella prima stanza; ma d'Artagnan aveva già spinto l'uscio della seconda, e alla espressione del suo volto era chiaro ch'ei vi notava qualche oggetto straordinario. I tre amici s'accostarono e scorsero un uomo ancor giovane stesoV terra e immerso in un lago di sangue.
   Veaeasi che avea voluto accostarsi al letto, ma, venutegli meno le forze, era caduto.
   Athos fu il primo ad avvicinarsi al disgraziato, credeva avergli veduto fare un movimento.
   — Or bene? — domandò d'Artagnan.
   — Or bene, se è morto, — disse Athos, — non è da molto, perchè è caldo ancora. Ma rio, il suo cuore batte. Ehi, amico !
   Il ferito emise un sospiro. D^Artagnan prese dell'acqua nel cavo della mano e gliela gittò in volto.