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i suoi amici che frammischiati di nuovo tra la folla, scortavano con un ultimo sguardo il re martire.
Quando il soldato salutò Carlo, il cuore d'Athos palpitò dalla gioia; e quando quel disgraziato ritornò in sè, trovò in tasca dieci ghinee che gli aveva messo il gentiluomo francese. Ma quando il vile insultatore sputò in faccia al re prigioniero, Athos portò la mano al pugnale.
Ma d'Artagnan fermò quella mano e con voce rauca gridò :
— Aspetta!
D'Artagnan non aveva mai frenato nè Athos nè il conte de La Fere.
Athos si fermò.
D'Artagnan s'appoggiò su di Athos, fece segno a Porthos e ad Aramis di non allontanarsi, e andò a porsi dietro l'ùomo dalle braccia nude che rideva ancora della sua infame beffa, mentre alcuni altri scalmanati gli facevano i loro complimenti.
Costui s'incamminò verso la città. D'Artagnan, sempre appoggiato su di Athos, lo seguì facendo segno a Porthos e ad Aramis di seguirlo essi pure.
L'uomo dalle braccia nude, che pareva un giovane macellaio, discese con due compagni per un viottolo rapido e isolato che dava sul fiume.
D'Artagnan aveva allentato le braccia d'Athos e camminava dietro l'insultatore. Giunti vicino al fiume, i tre uomini, s'accorsero di essere inseguiti, si fermarono, e guardando insolentemente i francesi, scambiarono qualche lazzo tra di loro.
— Io non comprendo l'inglese, — disse d'Artagnan, — ma voi lo sapete, e mi servirete da interprete.
Dette queste parole affrettarono il passo e passarono davanti ai tre uomini. Ma voltandosi di botto d'Artagnan andò dritto verso il garzone macellaio che si fermò, e toccandolo al petto coll'indice:
— Ripetetegli questo, Athos, — diss'egli al suo amico: — « Tu sei stato un vigliacco, tu hai insultato un uomo senza difesa, tu hai imbrattata la faccia del tuo re, e tu ora morrai !... »
Athos pallido come uno spettro, mentre d'Artagnan lo teneva per il polso, tradusse quelle strane parole all'uomo,
quale vedendo quei sinistri preparativi e l'occhio terribile di d'Artagnan, volle mettersi sulla difensiva. Aramis a quel momento portò la mano alla spada.
Dumas. Venti anni dopo. — III
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