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Venti anni dopo (volume 3)

Alessandro Dumas (padre)
Fratelli Treves Editori, 1929, pagine 272

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   — 52 —'
   gentiluomini francesi che gli parevano già lontani cento leghe, favolosi, chimerici^ simili a delle apparizioni di sogno che spariscono allo svegliarsi.
   Difatti talvolta Carlo si domandava se tutto ciò che gli accadeva non fosse un sogno od almeno il delirio della febbre.
   A questo pensiero si alzava, faceva qualche passo per scuotersi dal torpore, andava sino alla finestra; ma subito sotto la finestra vedeva luccicare i moschetti delle guardie ; allora era costretto a confessare a se stesso che era sveglio veramente e che il suo sogno sanguinoso era realtà.
   Carlo ritornava silenzioso al suo seggiolone, s'appoggiava di nuovo coi gomiti sulla tavola, lasciava cader la testa tra le mani e pensava.
   — Ohimè! — diceva tra sè, — avessi almeno per confessore uno di quei lumicini della chiesa, la di cui anima ha scandagliato tutti i misteri della vita, tutte le piccolezze della grandezza ! forse la sua voce estinguerebbe la voce che si lamenta nell'anima mia ! Ma io avrò un prete di mente volgare, del quale io ho rotto per mia sfortuna la carriera e la fortuna. Mi parlerà di Dio e della morte, come ne ha parlato ad altri morenti, senza comprendere che questo morente reale lascia un trono all'usurpatore, mentre i suoi figli non hanno pane.
   Poi, avvicinandosi il ritratto alle labbra, egli mormorò un dopo l'altro il nome dei suoi figli.
   Era come ai disse, una notte cupa e nebbiosa. Le ore suonavano lente all'orologio della chiesa vicina. I pallidi bagliori di due candele diffondevano in quella camera ampia e alta dei fantasmi illuminati da strani riflessi. Quei fantasmi erano gli avi di re Carlo che si staccavano dai loro quadri d'oro; quei riflessi erano gli ultimi bagliori bluastri e lampeggianti d'un fuoco di carbone che si spegne.
   Un'immensa tristezza s'impadronì di Carlo. Si coperse la fronte con le -mani, pensò al mondo che appare tanto bello quando si 6ta per perderlo, o piuttosto quando esso lascia noi; alle carezze dei fanciulli così dolci e soavi, sopratutto quando si è separati da loro per non più rivederli; poi a sua moglie, nobile e coraggiosa creatura che l'aveva sorretto sino all'ultimo momento. Trasse dal petto la croce di diamanti e la croce della giarrettiera che 'ella gli aveva mandate per quei generosi francesi, e le baciò; poi pensando che ella non rivedrebbe quegli oggetti che quando 6arà cWsteso freddo e mutilato in una tomba, si sentì pas-