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«_ Ci difenderemo. Se il defunto cardinale di Richelieu
vivesse ancora, vi racconterebbe una certa storia d'un bastione San Gervasio, che noi abbiamo tenuto da noi quattro, coi nostri quattro staffieri e dodici morti, resistendo contro un'armata intera.
_ Quelle prodezze si fanno una volta sola, signore, e
non si ripetono.
_ Però, oggi, noi non abbiamo bisogno di essere tanto
eroici; domani l'armata parigina sarà avvertita, dopo domani sarà qui. La battaglia, invece di aver luogo a San Dionigi o a Charenton, si effettuerà verso Compiègne o Villers Cotterets.
— Il signor principe vi sconfiggerà, come vi ha sempre sconfitto.
— È possibile, monsignore; ma prima della battaglia noi faremo filare Vostra Eminenza verso un altro castello del nostro amico du Vallon, e ne ha tre come questo. Noi non vogliamo esporre Vostra Eminenza ai pericoli della guerra.
— Suvvia, — disse Mazarino, — io prevedo che dovrete capitolare.
— Prima dell'assedio?
— Sì, le condizioni saranno forse migliori.
— Oh ! monsignore, in quanto concerne le condizioni, vedrete che saremo ragionevoli.
— Sentiamo, quali sono le vostre condizioni?
— Riposatevi ora, monsignore e noi rifletteremo.
— Non ho bisogno di riposo, signori, ha bisogno di sapere se sono tra mani amiche o nemiche.
— Amiche, monsignore, amiche!
— Ebbene, allora ditemi subito cosa volete, affinchè possa vedere se è possibile un accomodamento tra di noi. Parlate signor conte de La Fère.
— Monsignore, — disse Athos, — io non ho niente da chiedere per me, ed avrei troppo da chiedere per la Francia. Io perciò mi rifiuto e lascio la parola al signor cavaliere d'Herblay.
Athos inchinandosi fece un passo indietro e rimase ritto, appoggiato contro il camino, come un semplice spettatore della conferenza.
— Parlate dunque, signor cavaliere d'Herblay, — disse il cardinale. — Cosa desiderate? Niente ambagi, niente ambiguità. Siate chiaro, breve e preciso.
— Io, monsignore, giocherei a carte scoperte.
— Fate conoscere il vostro gioco.