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LXLVIII.
IN CUI È PROVATO CHE TALVOLTA È PIÙ DIFFICILE AI RE RIENTRARE NELLA CAPITALE DEL LORO REGNO CHE DI USCIRNE
( seguito ).
Como accado in tutti i movimenti della marmaglia, il cozzo di quella folla fu terribile; i moschettieri pochi e numerosi, male allineati, non potendo far circolare i loro cavalli in mezzo alla moltitudine, cominciavano ad essere soverchiati.
D'Artagnan aveva voluto far abbassare le tende della vettura, ma il giovane re aveva steso le braccia dicendo:
— No, signor d'Artagnan, voglio vedere.
— Se Vostra Maestà vuol vedere, — disse d'Artagnan, — va bene, guardi pure!
E voltandosi con quella furia che lo rendeva terribile, d'Artagnan balzò verso il capo degli ammutinati, che con la pistola in mano, tentava di aprirsi un passaggio fino alla portiera, lottando con dei moschettieri.
— Largo, perdio! — esclamò d'Artagnan, — largo!
A quella voce, l'uomo dalla pistola e dal sciabolone alzò la testa; ma era già troppo tardi: d'Artagnan aveva vibrato il colpo; la draghinassa gli aveva forato il petto.
— A ! sangue di Dio ! — esclamò d'Artagnan provandosi troppo tardi a fermare il colpo, — cosa diavolo venivate a fare qui, conte ?
— A compiere il mio destino, — disse Rochefort cadendo su un ginocchio. — Mi sono già alzato per tre volte dopo avermi ferito la vostra spada; ma non mi alzerò più la quarta volta.
— Conte, — disse d'Artagnan con una certa commozione, — ho colpito senza sapere che eravate voi. Se moriste, mi dispiacerebbe che nutriste dei sentimenti di odio verso di me.
Rochefort tese la mano a d'Artagnan. Questi gliela strinse. Il conte volle parlare, ma una boccata di sangue