JI TEMISTOCLE. 13
ia superava. Ed esso pure rifece le mura d'Atene a grandissimo rischio della sua persona. Imperciocché avendo gli Spartani, a cagione delle scorrerie de' barbari, trovata plausibile cagione di pretendere, che fuor del Peloponneso, non vi fosse città veruna, per tórre ogni comodo a'nemici di avervi luogo forte, tentarono d'impedire agli Ateniesi il fabbricare. In questa avevano altra mira da quella che volevano far credere, essendo che gli Ateniesi nelle du
VII. Temistocle poi giunto in Isparta, non si presentò a'magistrati, e s'ingegnò di' tirar in lungo più che poteva, sotto il pretesto di aspettare i colleghi. Mentre che gli Spartani si querelavano che alle mura si lavorava tuttavia, e che egli così studiava d'ingannarli, sopraggiunsero gli altri ambasciatori; da'quali avendo egli inteso, che il riparo era presso al suo termine , si presentò agli efori degli Spartani, in mano de' quali era il suprema governo: innanzi a'quali sostenne, essere loro stati recati falsi rapporti, e che però ragion voleva che eglino mandassero ad esaminare il fatto uomini nobili, e di probità , sulla cui fede si potesse riposare, e frattanto ritenessero lui in ostaggio. Gli si accondiscese, e fu spedita ad Atene una legazione di tre già passati per le prime cariche. Con questi Temistocle fece partire i suoi colleghi, dicendo loro, che non dessero liberta di ritornarsene agli ambasciatori Spartani, prima che egli non fosse stato rilasciato. Quando gli parve che costoro dovessero essere arrivati in Atene, si portò dal magistrato e senato spartano , e con tutta franchezza confessò loro , che per suo consiglio s'erano gli Ateniesi cinti di mura, come loro permetteva di fare il diritto delle genti, per poter più agevolmente difendere dal nemico gli dei comuni, e l