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Vite degli Eccellenti Comandanti

Cornelio Nipote
Casa Editrice Sonzogno Milano, 1927, pagine 104

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   34 VITE DKGI,I ECCELLENTI COMANDANTI
   randosi a Sparta, per la strada, essendo sul punto d'essere afferrato, dairaspetto di uno degli efori che bramava di farlo avvertito, s' accorse che gli tendevano agguato Per questo, pochi passi prima di coloro che l'inseguivano, sì ricoverò nel tempio di Minerva, chiamato Calcieco. Gli efori, perchè non ne potesse più uscire, fecero subitamente murare le porte del tempio, e demolire il tetto, acciocché a cielo aperto più facilmente morisse. Si dice che in quel tempo viveva ancora la madre di Pausania, e che già molto attempata, poi ch'ebbe inteso la scelleraggine del figliuolo, fosse tra, primi a portar una pietra all'entrata del tempio per rinchiuderlo. In questa foggia oscurò Pausania con una vergognosa morte la gloria distinta che s'era acquistata in guerra. Essendo costui stato tirato fuori del tempio semivivo, incontanente spirò. Il cui cadavere, dicevano alcuni, là doversi porre, ove quelli si seppellivano, che erano morti di supplizio, ma i più vi s'opposero, sicché venne sotterrato lungi dal luogo della sua morte : ma poi per risposta delloracolo di Delfo fu di là cavato e posto nel luogo stesso dove era uscito di vita.
   V.
   CIMONE.
   1. Cimene erede dei ceppi paterni, è liberato da un^ sua sorella germana. — 11. Sue prerogative ed imprese. — 111. E condannato all'ostracismo; ma richiamato in patria, dopo che erasi fattala pace cogli Spartani, muore a Cizio mentre batte Cipro. — IV. Sua somma liberalità.
   I. Cimone, ateniese, figlio di Milziade, ebbe una adolescenza in sul principio assai travagliosa. Imperciocché non avendo suo padre potuto pagare al popolo la multa, cui era stato condannato, ed essendo perciò morto nelle pubbliche carceri, Cimone portava la medesima prigionia, e in vigore delle leggi non poteva uscirne, se non avesse pagato il danaro, in cui era stato tassato il padre. Avea egli una sorella germana, per nome Elpinice. Desideroso d'averla in isposa un certo Callia, non tanto nobile, quanto ricco, il quale sulle miniere avea fatto gran danari, trattò con Cimone, perchè gli concedesse Elpinice, offrendosi, se ciò avesse ottenuto, di pagar per lui quella multa. Rifiutando Cimone tal partito, Elpinice disse di non vole» sopportare, che un figliuolo di Milziade morisse nelle pubbliche carceri; e giacche stava in sua mano l'impedirlo,