VI. LISANDRO. 23
che di tenere sotto il suo dominio tutte le città; fingendo di ciò fare a riguardo detrli Spartani. Imperciocché da per tutto scacciati coloro che erano stati del partito degli Ateniesi, avea in ciascuna citta elett: dieci, a cui fosse appoggiato il supremo governo, e l'autorità in ogni cosa. Nel costoro numero niuno veniva ammesso, che o non avesse seco lui ospitalità, e non giurasse d'esser suo.
II. Della cui crudeltà, e perfidia ci basterà addurre un fatto per esempio, acciocché col troppo raccontarne non rechiam noja a chi legge. Nel ritornarsene vittorioso dall'Asia, avendo divertito il suo cammino a Taso, perchè quella città era stata con ispezial fede attaccata agii Ateniesi (come se fosser soliti ad essere stabilissimi amici que'medesimi ch'erano stati nemici costanti), gli prese voglia di distruggerla. Ma prevedeva, che se non avesse tenuto occulto il suo disegno, i Tasi si sarebbero scansati, ed avrebbero provveduto a' casi loro....1
III. Per la qual cosa essi abrogarono quel decemviral magistrato posto da lui. Del che ebbe egli tal dolore e collera, che si dispose a voler levar via i re degli Spartani, ma conosceva di non poter ciò recare ad effetto, senza valersi del mezzo degli Dei, poiché gli Spartani usavano di ricorrere in ogni faccenda agli oracoli. Tentò in primo luogo di corrompere la sacerdotessa di Delfo; non essendogli ciò riuscito, rivolse il medesimo attentato ai sacerdoti di Dodona, dai quali pure ributtato, disse d'aver fatto voto di portarsi a Giove Ammone, avvisando
1 Esempio della perfidia e crudeltà di Lisandro contro i Tasi (mancante in Cornelio Nipote), tolto dal libro I Degli Stratagemmi di Polieno: .
« Lisandro, avendo fissato, come narra Cornelio Nipote, di distruggete Taso, a cagione di coloro che avevano favorito il partito degli Ateniesi, e temendo che nnn avessero a sfuggirgli quelli ch'ci desiderava spenti; pensò di coprire la propria perfidia col manto della clemenza e della religione Avevano i Tasi un tempio dedicato ad Ercole, il quale era da essi tenuto in somma venerazione. Ivi chiamati i cittadini, li trasse in inganno con un discorsi! tutto pieno di insidiosa cortesia. In esso diceva che egli perdonava a lutti il loro passato ; che all'agitazione ed alla circostanza potevasi facilmente condonare ciò che era avvenuto in quel mutarsi di cose; che per conseguenza era cosa affatto inutile ti temere od il tenersi celati ; che gii si accostassero pure. e confidassero in lui, deciso com' era di perdonare a tutti; ch'eali prometteva tali cose, chiamando in testimoni il loro patrio nume, ai cui tempio ed alla cui presenza li aveva chiamati. Asseverando tali cose colla più fina simulazione ottenne piena fede. Quelli che aven lo parteggialo per gli Ateniesi erano stali in timore, ben presto usciiono dai loro nascondigli; e i isan-dro , da 11 : puchi giorni, assalitili, ment e non istavan più in alcun sospetto e tenevansi al tutto salvi, li uccise. »