IIn volo di 55.000 chilometri
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Mi sentivo un poco il papà di quella stazione, che sotto il mio comando si era a mano- a mano accresciuta e sviluppata. Ogni pietra mi era familiare ed aveva una storia o rappresentava una mia dura fatica.
Andai a rivedere alcuni pini che avevo piantato prima di lasciare l'idroscalo. Erano allora dei semplici arbusti, ed oggi, alla distanza di circa 6 anni, son già degli alberelli, che formano quasi un boschetto. Questi alberi erano stati una mia cura particolare e mi pareva quasi, guardandoli, di sentire un'intima comunione fra me ed essi, che pure eravamo due così diverse espressioni della natura vivente.
Il 23 aprile i bollettini dell'Egeo indicavano buon tempo. A Brindisi il tempo era invece sempre cattivo, ma il vento aveva girato a NW. Decisi di partire.
Il decollaggio non fu semplice, poiché la direzione del vento non mi dava sufficiente spazio. D'altra parte per potermelo formare dovevo allontanarmi molto da terra, e quindi rinunziare al ridosso.
Forti incappellate di prua ci fecero subire una vera doccia; ma alla fine mi riuscì di mettere l'apparecchio sul « redan » e, manovrando tra le imbarcazioni che ingombravano il porto, di tirarlo dall'acqua.
Seguii dapprima la costa, obbligato a scendere talvolta fino a pochi metri sul mare, per passare sotto le nuvole e gli acquazzoni.
Alle 3 lasciai la costa. Un velo di nubi presto me la nascose alla vista.
— Ora a noi! — dissi fra me.
L'Italia, la nostra bella terra natia, era pur sempre vicina, ma ne eravamo ormai staccati! L'avremmo più riveduta?
Sentivo che il mio compito non era leggero. Ed era un dovere di onore riuscire in una impresa, pensata e voluta da me, e sulla quale il Governo aveva generosamente fidato, dandomi la possibilità di partire. Sentivo che, oltre al resto, avevo la responsabilità del buon nome della nostra Aeronautica.
Sarebbe stata l'impresa, superiore alle forze umane?
Io avevo valutato e previsto tutte le difficoltà, e nessuna mi era