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DALLA SIRIA ALL'INDIA
Il 25 aprile non fui pronto a partire prima delle 10, causa il lavoro di riparazione al serbatoio dell'olio, e questo ritardo mi dispiacque non poco, perchè sapevo che, per attraversare i deserti della Siria e della Mesopotamia, le ore migliori sono quelle dell'alba o del tramonto, e le peggiori quelle del pomeriggio.
Sulla spiaggia — dov'era già riunita molta gente, incuriosita dalla mia partenza — vennero a darmi il loro cortese saluto il governatore francese, il console italiano e il mutassarif.
Ebbi in quel giorno occasione di capire gli inconvenienti delle partenze con molti spettatori. Per salutare le gentili persone che si affollavano sulla spiaggia, avevo posato provvisoriamente, sopra una barca tirata a secco, la mia muta di volo, la mia cuffia e i miei occhiali affumicati. A convenevoli compiuti, cerco la mia roba. Ma sulla barca non c'era più nulla: certo qualche collezionista di cimeli (supponiamo) le aveva fatto prendere il volo prima di me e per via di terra.
— Siamo costernati — mi dissero gli astanti.
— Non fa niente. Meno male che non si sono portati via l'apparecchio. Al resto c'è rimedio.
-— E come fa ora?
— Faccio senza. Si vede che mi vogliono mandare n
alla mèta.