Stai consultando: 'Un volo di 55.000 chilometri ', Francesco De Pinedo

   

Pagina (30/300)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (30/300)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




Un volo di 55.000 chilometri

Francesco De Pinedo
A. Mondadori Milano, 1927, pagine 287

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Progetto OCR]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   34-
   Francesco De Pinedo
   recchio venne sul posto in ritardo. Per poter riscaldare il motore prima di partire, avevo girato l'apparecchio con la coda a terra, dóve alcuni soldati dovevano tenerlo fino a un mio cenno.
   Avevo pensato di farmi mollare non appena il motore fosse ben caldo, ma per un cenno del motorista, male interpretato, l'apparecchio fu mollato prematuramente. Aumentai il gas per poter governare meglio ed allontanarmi dalla riva; ma il motore si fermò.
   Mi trovai così in balìa della corrente e corsi serio pericolo di perdere l'apparecchio, perchè era trascinato velocemente contro la nave stazionaria, una cannoniera ormeggiata circa 50 metri a valle dell'apparecchio.
   Mandai il motorista sull'ala, ed egli riuscì a non farla picchiare contro gli ormeggi della cannoniera. Io, a mia vplta, disteso sulla coperta, riuscii con i piedi ad evitare che la prua di quella sventrasse il mio fragile scafo, e pur strisciando lungo la cannoniera, ed urtando un po' di qua un po' di là, scongiurai il disastro.
   Le mie tribolazioni non erano però finite, perchè dietro quella cannoniera era ormeggiato un altro piccolo bastimento, contro 11 quale si ripetè il pericolo d'una tragedia.
   Finalmente, libero dagli ostacoli allarmanti, sempre portato dalla corrente, andai di nuovo a finire contro terra.
   Il personale di manovra, intanto, correva lungo il fiume per venirmi ad aiutare. L'ufficiale inglese temette forte, come seppi poi, che il mio viaggio finisse a Bagdad; ma fortunatamente non avemmo altro danno che la incrinatura del « parahrise ». Ma il vetro, un cristallo triplex, nonostante il danno subito continuò a rendere buon servizio durante tutto il viaggio.
   Finalmente, come Dio volle, alle 7 potei ripetere la manovra, e decollai.
   Alle 10 passai in vista di Bassora, dove il Tigri si congiunge con l'Eufrate in un unico estuario percorso da bastimenti e battelli di ogni dimensione. 11 ero sul Golfo Persico e diressi alla bussola per Suscir, dove giunsi a mezzodì dopo una pacifica navigazione.
   Feci un giro sulla città, specialmente per dare notizia del mio arrivo agli agenti incaricati del rifornimento, studiai dall'alto un