226
Francesco De Pinp.do
Il dubbio mi agitava: da una parte la certezza di salvare l'apparecchio congiunta a quella di un forte ritardo; dall'altro la possibilità di perdersi, ma anche la speranza di riuscire a passare e di continuare rapidamente il viaggio.
Finalmente attraverso le nuvole e la pioggia potei vedere ad un tratto il contorno deciso della costa. Mi sembrò di toccare il cielo col dito.
Demmo allora fondo ad un avanzo di bottiglia di Porto per festeggiare l'avvenimento. A pochi chilometri dalla costa mi trovai sul mare calmo, con un tempo magnifico, sotto un cielo limpidissimo pieno di sole; in queste condizioni feci gli ultimi 200 chilometri di percorso. Giunsi a Tachim che annottava, e planai presso il motoscafo del Ministro d'Italia, che ci attendeva incrociando alla foce del fiume.
La principale caratteristica di Tachim (me ne accorsi subito, appena fermato il motore) era quella di essere il luogo di convegno delle peggiori zanzare, tafani e moscerini del mondo. L'apparecchio, mentre a rimorchio del motoscafo del Ministro andava verso il posto di ormeggio, ne era stato già completamente invaso.
A terra ebbe luogo una breve cerimonia di saluto da parte del R. Ministro d'Italia, della Colonia Italiana e del Governatore di Tachim, e poi, sempre sotto'l'orribile tortura dei morsi senza tregua di quegli insetti, ci imbarcammo sopra un trenino a scartamento, velocità e comfort ridotti, che ci condusse a Bangkok.
Avevo planato a Tachim, largo estuario distante circa 40 chilometri da Bangkok, perchè così mi era stato prescritto dalle Autorità Siamesi. Avevo inutilmente domandato di planare sul Me Nam, in Bangkok, dove sarebbe stato più agevole, per la vicina presenza della città, fare i rifornimenti e gli eventuali piccoli lavori e verifiche. Ma non ho mai capito perchè le autorità siamesi non abbiano voluto che il mio idrovolante planasse a Bangkok; probabilmente non lo sapevano neppure loro. Alle insistenze del nostro Ministro fu risposto solo che Tachim era il posto stabilito per l'idroscalo.
Probabilmente i Siamesi temevano che per il mio ammaraggio occorresse interrompere il traffico sul fiume o ne venissero altri di-