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Un volo di 55.000 chilometri

Francesco De Pinedo
A. Mondadori Milano, 1927, pagine 287

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Francesco De Pinp.do
   macchia sulla fronte, tendente più al grigio sporco, molto sporco, che non al bianco. Per quanto reali e delle reali scuderie, i detti elefanti erano stati specialmente addomesticati a prendere l'obolo dei visitatori con la tromba della proboscide, e a farlo graziosamente cadere nelle tasche del proprio famiglio.
   Da quanto vidi potei argomentare che il Siam faceva visibili sforzi per assimilare la civiltà occidentale ed organizzare la vita secondo le leggi e le consuetudini più moderne del progresso umano. Avveniva così un brusco salto, in alcuni cainpi, da uno stato di barbarie e di abbandono quasi selvaggio, alla vita più moderna ed attiva, con l'adozione dei più progrediti sistemi e ritrovati della scienza e dell'industria: non c'era trapasso per stadi intermedi. Per es'empio, alcuni paesi erano riimiti da linee ferroviarie, sorte prima ancora che si pensasse a costruire una strada*.
   L'aviazione era già notevolemente sviluppata, e tre linee aeree postali funzionavano in pieno, fra paesi che- non avevano altre comunicazioni tra di loro che zattere fluviali o sentieri quasi impraticabili attraverso le fittissime foreste tropicali.
   Esistevano già scuole di pilotaggio con istruttori siamesi e una officina di costruzione e riparazione di apparecchi. L'aerodromo di Don Muang, presso Bangkok, era il principale centro aereo dove avevano sede la direzione, la scuola e l'officina; ma non potei visitarlo, causa il poco tempo disponibile.
   D 24 mattina, accompagnato dal Ministro e da quasi tutta la .olonia Italiana, mi recai molto per tempo a Tachim sul solito tremo e con la solita tortura delle zanzare.
   C'imbarcammo subito a bordo del nostro idrovolante.
   Molti saluti ed auguri e grande sventolìo di fazzoletti da terra. >ue tentativi di decollaggio non riescono. Dopo ogni tentativo, gran perdita di tempo per raffreddare il motore. Al terzo tentativo decollo. Ma sono obbligato a scendere immediatamente a causa di un magnete che non va. Naturalmente non si parla più di partire: dolore e delusione dei buoni amici, che ci avevano accompagnati fin là, sfidando il caldo e, peggio ancora, le zanzare. Malinconicamente riportammo le valigie a terra.