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Un volo di 55.000 chilometri

Francesco De Pinedo
A. Mondadori Milano, 1927, pagine 287

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Vn volo di 55.000 chilometri
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   Era una delle operazioni più penose del nostro viaggio, nei periodi in cui ai faceva una tappa o due al giorno, quella di estrarre, aprire, disfare, rifare, richiudere e rimettere le valigie a bordò. Dopo un po' di tempo le serrature, per l'acqua e la ruggine, non chiudevano più, le cerniere si sgangheravano, le maniglie si staccavano, e spesso qualcuno dei nostri indumenti andava a finire in acqua. Una volta, in Australia, una graziosa ragazza si presentò con un battello poco prima che noi salpassimo, consegnandomi nientemeno che una scarpa uscita da una delle valigie sventrate. Spesso, poi, qualche perdita o infiltrazione di olio dal serbatoio soprastante produceva dei disastri irreparabili nel nostro corredo personale.
   Quando l'ingrata cerimonia, diremo così, delle valigie fu quella mattina compiuta e quando ci fummo liberati del nostro vestiario di volo che, per quanto ridotto, data l'afa e l'umido, ci costringeva a traspirare enormemente,^ ci mettemmo attorno all'apparecchio per ormeggiarlo in maniera che fosse facile lavorare e che si potesse provare il motore da fermo. Fortunatamente si potè trovare una buona posizione atta allo scopo.
   Si smontarono i magneti e si trovarono umidi e pieni di ruggine. Probabilmente si erano ridotti in tali condizioni durante il viaggio in piroscafo fino a Tokio.
   Si cercò di asciugarli .sopra una stufa improvvisata, e furono poi rimessi a posto. Si provò e riprovò il motore senza che la situazione migliorasse. Così, tra vari tentativi, passò tutta la giornata. La mattina seguente portai io stesso i magneti a Bangkok per farli asciugare in una apposita stufa che esisteva presso le officine dei trams elettrici* e per verificare al galvanometro lo stato di isolamento dei contatti. Come avevo sospettato, potei controllare al galvanometro che due conduttori dei portacontatti del magnete destro erano in corto circuito fra di loro.
   L'inconveniente fu presto abilmente rimediato nella stessa officina, e la sera del giorno successivo il motore era nuovamente pronto; ma, per l'ora tarda e la stanchezza (non era veramente un piacere lavorare sotto quel sole ardente e spietato), non si potè fare la prova in moto.