Un volo di 55.000 chilometri
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fresche, poiché nulla durava più di poche ore, data la feroce canicola. Partendo, però, avevamo commesso solo un piccolo errore : quello di imbarcare le provviste più vecchie, credendole le più fresche. Non ridico la nostra disillusione al poco piacevole profumo che si sparse all'interno dell'apparecchio quando aprimmo il pacco!
Giunsi a Rangoon alle 14.35 scendendo presso l'idroscalo di Monkey Point, dove rividi le vecchie conoscenze, tra cui il comandante Camp e il Console Onorario d'Italia: era stato anche questi Vittima dei nostri incidenti di Bangkok, che lo avevano costretto a recarsi ripetute Volte all'idroscalo, credendo sempre di vederci arrivare da un momento all'altro.
Poiché prevedevo che il telegramma della mia partenza da Bangkok potesse arrivare dopo di me, prima di ammarare feci un giro sulla città, passando sopra la casa del Console, in modo che egli fosse avvisato del mio arrivo. Ed infatti egli era a casa e corse subito all'idroscalo. Ebbe grande piacere di rivedermi dopo tanto tempo, anche perchè, come ebbe a confessarmi, non era perfettamente convinto che io potessi ripassare per Rangoon in piena efficienza.
Quella sera, a pranzo in casa sua, mentre io narravo il mio viaggio e facevo le lodi del mio apparecchio che aveva volato per tanto tempo senza alcun ricambio importante, egli mi interruppe dicendo :
— Eh!... lo so bene! L'altra volta avevo messo la mia firma sulle ali.
— ... l'avete dunque ritrovata?
— Sì, e chiedo scusa della mia incredulità di allora.
— Non c'è di che: non me ne ero neppure accorto!
A Rangoon mi fornii di un buon copricapo a fungo, perchè faceva molto caldo, e i raggi del sole hanno colà un potere malefico sul cervello: sono frequentissimi i casi di insolazione.
Per poter partire presto la mattina seguente, passai la notte all'idroscalo, gentilmente ospitato dal comandante Camp.
Cominciammo con piacere a rispedire in Italia il materiale di rispetto che avevo sparso qua e là e che non mi era servito. Fino