Stai consultando: 'Un volo di 55.000 chilometri ', Francesco De Pinedo

   

Pagina (245/300)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (245/300)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




Un volo di 55.000 chilometri

Francesco De Pinedo
A. Mondadori Milano, 1927, pagine 287

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Progetto OCR]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   Un volo di 55.000 chilometri ' 237
   Andai a visitare alcuni templi. Ne vidi uno dedicato non so bene a quale divinità, su cui e in cui liberamente vivevano torme di scimmie, ritenute sacre. Nell'interno del tempio gli stranieri — gli impuri — non possono entrare» ma è loro permesso di accedere nel- porticato che lo circonda e sulla terrazza di esso. Uno straccione vi fa da cicerone e, mediante un piccola moneta, procura ai visitatori l'importante divertimento del pasto alle scimmie.
   Sulla soglia del tempio sonnecchiano al sole vari santoni semi» nudi, dal lurido aspetto; e nell'interno stranamente occhieggiava la mostruosa statua d'una divinità, composta di un'accozzaglia di membra appartenenti a vari animali, poste sopra un torso umano. Non ricordo di quale bestia sacra fosse la testa.
   Visitai un'altra pagoda, anch'essa molto piccola, ma notevole per essere sormontata da ùna cupola in lamiera d'oro, che mi dissero valere circa 60 milioni di lire. L'interno del tempio era tappezzato di monete, non però d'oro, ma semplicemente d'argento: si vede che non c'era troppa fiducia sull'onestà dei fedeli. Anche qui non potei entrare. La divinità che vi si venerava, aveva il corpo umano e la testa di elefante ed era, come si può facilmente immaginare, il parto più goffo e, più antiestetico di una mostruosa fantasia.
   Ma se gli impuri non erano ammessi in questa pagoda» era però stato praticato in un piccolo andito un buco nel muro, dal quale era permesso, pagando, di vedere le cerimonie che si svolgevano dentro. Per questo buco io vidi lo spettacolo di una folla di fanatici luridi, sudati, i quali, pigiandosi gli uni sugli altri nel poco\spazio disponibile, alla luce di alcuni moccoli, rovesciavano da alcune ciotole di metallo .e rimescolavano la sacra acqua del Gange in ima grossa conchiglia d'argento che era a terra. Nello spazio così ristretto c'era posto anche per Una vacca, che è, per essi, un animale divino. Questa vacca era da tutti riverita ed accarezzata, allo scopo di ottenere grazie speciali e la benedizione degli idoli. Naturalmente, per quanto educata e venerata, essa aveva come tutte le vacche i suoi bisogni naturali. Si può quindi immaginare l'odorosa pulizia nell'interno di questa pagoda. Passando innanzi alla porta di essa, per poco non ebbi una sacra cornata