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Un volo di 55.000 chilometri

Francesco De Pinedo
A. Mondadori Milano, 1927, pagine 287

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Un volo di 55.000 chilometri
   ' 245
   Delhi. Accanto a me Campanelli, con la testa appoggiata sul bordo della carlinga, placidamente dormiva.
   Quel sole in faccia e quel caldo e tutti quei riverberi d'argento che sprizzavano dall'acqua del fiume mettevano addosso una grande sonnolenza. Per combatterla cercai di mangiare qualche cosa. Le uova erano finite; non rimaneva che un tozzo di pane, che trovai assai saporito.
   Ora il sonno chiudeva anche a me irresistibilmente gli occhi, e di tanto in tanto mi sorprendevo con l'apparecchio sbandato da una parte o fuori rotta di 40 o 50 gradi. Mi riprendevo^ e lottavo con la stanchezza, cambiando alla meglio e per quel poco che si poteva, la posizione sul mio sediolino. Alle 17.15 ero su Sukkur, che appariva dall'alto una città graziosa e ridente sulla sponda sinistra dell'Indo.
   In quel momento Campanelli si svegliò stirandosi le membra. Gli passai i comandi e mi abbandonai per una mezz'ora ad un dolce sopore, pur avendo un occhio mezzo aperto sulla rotta.
   Alle 18.20 il rosso disco del sole ci inviò il suo ultimo raggio, e scomparve a ponente sotto l'orizzonte, lasciando un cielo di fuoco.
   Imbruniva rapidamente. Mancavano circa 300 chilometri ancora per Karachi; la sonnolenza era completamente svanita e mi sentivo lo spirito sveglio e lucido quanto mai, poiché la navigazione richiedeva ora la massima attenzione. Ero sempre a mille metri di quota.
   Dieci minuti dopo il tramonto del sole apparve la lima a levante, rossa e splendente nel cielo freddo e cristallino. L'atmosfera era ora più fresca.
   Di mano in mano che il sole andava giù sotto l'orizzonte, si vedeva profilarsi nel cielo, dalla parte di ponente, come uno smisurato cono d'ombra che si alzava lentamente: la notte non mi appariva soltanto come il sorgere dell'oscurità, ma avevo la sensazione quasi fisica della rotazione della terra nella direzione opposta del sole, e della sua enorme ombra proiettata nel cielo. La sensazione era resa ancora più reale dalle stelle, che cominciavano a risplendere, e dalla presenza della luna che, nella meravigliosa limpidità dell'aria, scopriva tutti i dettagli della sua super-