Stai consultando: 'Un volo di 55.000 chilometri ', Francesco De Pinedo

   

Pagina (263/300)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (263/300)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




Un volo di 55.000 chilometri

Francesco De Pinedo
A. Mondadori Milano, 1927, pagine 287

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Progetto OCR]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   Un volo di 55.000 chilometri
   ' 253
   Alle 14.40 ero all'altezza di Bassora, e passai sopra l'immensa distesa dei depositi di nafta, e in vista del porto fluviale, pieno di traffico e di animazione. Di qui la rotta seguiva il corso del Tigri. Ma ora, appunto per arrivare prima che annottasse, poiché anche pochi minuti guadagnati potevano essere decisivi, tagliai attraverso il deserto e le vaste paludi che si trovavano tra il Tigri e l'Eufrate, non lungi da Bassora. Su questa zona feci rotta sulla bussola, poiché non avevo nessun punto di riferimento.
   In principio si vedevano qua e là immense nubi di fumo nero che salivano al cielo: esse erario prodotte da incendi di nafta. La regione appariva ricchissima del prezioso combustibile, perchè vi si scorgevano acquitrini e laghi nerastri, dove la nafta galleggiava sull'acqua. In capo a due ore e mezzo di navigazione sulla squallida e paludosa pianura, agguantai di nuovo il corso del Tigri all'altezza circa di Kut-el-Amara, e presi a seguire il fiume, tagliando sempre dritto, in modo da fare la rotta più spedita possibile.
   Alle 17.30 il sole tramontò. Così quel giorno vidi in volo il doppio spettacolo dell'alba e del tramonto. Mancavano ancora 40 chilometri all'arrivo. Accrebbi i giri del motore aumentando la velocità dell'apparecchio, al quale mi sembrava di aver comunicata la mia impazienza.
   L'aria imbruniva rapidamente, mentre sotto di me il terreno scorreva veloce. Pochi minuti ancora e saremmo giunti. La luce diventava sempre più scarsa. Vedevo che il fiume era in magra e più che mai era necessario arrivare con sia pure un solo barlume di luce, ma sufficiente a riconoscere i bassifondi. Distinguevo già i lumi accesi di Bagdad.
   Alle 17.50 ero finalmente sulla verticale del posto, dove avevo l'ultima volta ormeggiato l'apparecchio. Da terra spararono alcuni fuochi Very verdi. Non persi tempo, feci un mezzo giro e l'apparecchio scivolava sull'acqua tra le due rive del Tigri. Era quasi notte,
   Se fossi giunto qualche minuto dopo, l'ammaraggio sarebbe stato assai difficile in quella zona del fiume, poiché, per la magra vi erano frequenti banchi di sabbia a fior d'acqua o emer-