Questo testo è un sunto delle più importanti notizie storiche che riguardano l'arrivo di Giuseppe Maria Adamoli in Abruzzo nel 1943. Le informazioni sono ricavate dal testo elaborato da Umberto Adamoli dal titolo: "Famiglie Strina Adamoli - Da Como ad Aquila"



Nella primavera del 1843 giungeva ad Aquila dai monti del comasco il 33enne Giuseppe Maria Adamoli, che aveva abbandonato la sua Narro, quale cospiratore e perseguitato politico, per sfuggire all'arresto da parte della polizia austriaca, lasciando per sempre la famiglia, in compagnia del fratello maggiore che si fermò in Toscana, dando vita ad altro ramo della famiglia.
Superati sospetti e diffidenze da parte della popolazione locale, vigile per il controllo che la polizia borbonica esercitava su di lui, si avvicinava progressivamente negli ambienti della cospirazione aquilana, guadagnandosi la fiducia della popolazione.
I cospiratori usavano riunirsi nei locali di una fonderia, di proprietà dell'industriale Domenico Strina, posta verso il piccolo villaggio di Tempera. Tra i convenuti figurava uno dei figli di questi, l'ingegnere Isidoro. Nel luglio del 1843 ci si riuniva per ascoltare un emissario del bolognese Luigi Zambeccari, allo scopo di determinare il concorso che la patriottica Aquila avrebbe dovuto dare all'insurrezione fissata sul territorio nazionale, per il successivo mese di agosto. I cospiratori agivano con circospezione per non essere scoperti dai realisti borbonici. La polizia tuttavia vigilava su coloro che erano già segnati nel libro nero dei ribelli, tra i quali figurava il giovane ingegnere Strina. Questi apparteneva a quella famiglia Strina che era giunta ad Aquila, qualche anno prima dalla provincia di Ascoli Piceno. Gli antenati erano di Capri, ed appartenevano alla nobiltà napoletana, con seggio a corte. Avevano ad Aquila, precisamente a Tempera, ove alloggiavano una parte dell'anno, una avviata attività industriale, con cartiere e fonderia di rame. Il giovane ingegnere, sposato ad Angelamaria Bizzoni, animato da un vivo sentimento patriottico, si legava a fraterna amicizia al lombardo Giuseppe, introducendolo nell'ambiente familiare, dove conosceva i di lui genitori, il fratello e le due sorelle: Giacinto (laureato e consacrato nell'ordine dei Francescani con il nome di Padre Emidio), Febronia e Doralice. A questi dava maggiori notizie della sua famiglia e degli Adamoli, d'origine normanna, che in quel tempo avevano il loro principale centro a Bellano, sul lago di Como. Il ramo degli Adamoli al quale apparteneva si trovava in Lombardia da tre secoli circa. Prima vivevano nello Stato Pontificio a Roma, dove resero servizi civili e militari alla Casa della romana Chiesa ed alla Casa Colonna e partecipando alle Crociate. Perseguitati per idee troppo liberali dal Sacro Ufficio, con la confisca dei loro beni erano stati costretti a ripiegare in Lombardia. Il ramo della famiglia rimasto a Roma si estinse nel 1810 nella persona di Maria Adamoli, Superiora delle Certosine.

Intanto l'insurrezione armata fissata per il 31 luglio nello Stato napoletano che avrebbe dovuto estendersi nei territori degli altri Stati non vide la luce, poiché gli austriaci scoprirono le file della congiura, impedendo con atti repressivi qualsiasi azione. Gli aquilani di Tempera, tra i quali i nostri, pur avendo perquisizioni in casa si erano salvati dai comuni provvedimenti di polizia.
Si trovava in quel tempo a Tempera la famiglia Vicentini, della quale faceva parte il giovane Ascanio, altro fervido patriota e cospiratore, capo del "Comitato per la morte" costituitosi a Paganica "per ditruggere" come si leggeva in un rapporto della polizia, "il governo, il Re, l'ordine". Questi era fidanzato con una delle sorelle Strina, Febronia. In autunno la famiglia Vicentini rientrava ad Aquila, mentre Giuseppe Maria si fermava a Tempera, essendo entrato a far parte, in qualità di socio, dell'industria degli Strina. Questo accordo provvidenziale lo toglieva dalle preoccupazioni econimiche e legittimava di fronte alla polizia borbonica la su dimora nel Regno di Napoli e gli agevolava la domanda di fidanzamento alla famiglia Strina con Doralice, con la quale si era legato in un sentimento d'amore.
Nella primavera del 1844 si celebravano ad Aquila le nozze Vicentini-Strina e in quella occasione Giuseppe chiedeva ufficialmente in sposa Doralice. Nel settembre gli Strina davano il consenso per il fidanzamento. Nel dicembre 1844 si celebravano le nozze Adamoli-Strina. Gli sposi, dopo una visita a Sulmona, rientravano a Tempera per iniziare la nuova vita.
Pure immersi nelle comuni vicende familiari e di lavoro, i tre cognati Giuseppe, Isidoro e Ascanio erano infiammati da intenso sentimento patriottico. Spesso si riunivano con altri fedeli amici per esaminare i messaggi segreti che giungevano da altri Comitati rivoluzionari nazionali. Non mancavano i contrasti con il partito realista borbonico. Le vicende politiche di quegli anni si intrecciavano con le vicende familiari, allietate dalla nascita di Gelasio (25-12-1845), Luigi (16-1-1847), Giovanni (28-10-1849). Il 1849 vede, nelle alterne vicende risorgimentali l'inasprimento della pressione della polizia borbonica che irrompeva a Tempera il 20 dicembre. Molti, avvertiti in tempo, tra questi il Vicentini e l'Adamoli, riuscivano a sottrarsi all'arresto con la fuga verso la montagna; non riusciva lo Strina a sottrarsi alla cattura. Dalla istruttoria svolta risultò dimostrata l'attività cospiratoria degli appartenenti al "Comitato segreto della morte", di cui era capo il Vicentini. Le famiglie per sottrarsi ad altre violenze lasciavano Tempera occupata militarmente, e si ritiravano ad Aquila. Una stessa compagnia di soldati si collocava nella casa degli Strina. Di conseguenza l'attività degli stabilimenti fu sospesa per l'allontanamento dei dirigenti e degli operai compromessi. Il Tribunale speciale condannava l'ingegnere Isidoro Strina, padre di cinque figli, a sette anni di relegazione, da espiarsi nell'isola di Ponza.
In conseguenza di tali accadimenti Giuseppe Maria Adamoli, distaccandosi dai suoceri e dai cognati nella primavera del 1850 si rifugiava con tutta la famiglia nelle montagne del teramano, precisamente a Tossicia, aprendo successivamente sul vicino fiume Mavone, con gli operai profughi anch'essi da Tempera, altra fonderia di rame, che presto si affermò.
Dall'isolamento della montagna teramana quando poteva rimettersi in comunicazione con l'Aquila apprendeva il destino degli altri cospiratori condannati alla relegazione, così come apprendeva della morte del suocero Domenico Strina avvenuta prematuramente nell'agosto del 1851, che procurava alla famiglia Strina, ora vivente ad Aquila, forti preoccupazioni anche di carattere economico, avendo la proprietà non libera, gli stabilimenti chiusi, il capo relegato nell'isola di Ponza. Intanto a Tossicia nasceva Aldobrando (23-11-1851), il quarto dei figli di Giuseppe Maria Adamoli. Il 2 agosto 1852 dopo tre anni di carcere, faceva ritorno a casa Isidoro Strina, per effetto della grazia ottenuta per intercessione della regina alla quale si era rivolta la di lui moglie Angelamaria. La scarcerazione purtroppo era accompagnata da una rigorosa sorveglianza di polizia e dall'interdizione dell'esercizio professionale, durata sino alla liberazione d'Italia.
Dopo la nascita di Maria Cristina (22-9-1853) Giuseppe determinava, per uscire dall'isolamento e per un avvenire migliore, l'avvicinamento a Teramo. Nella primavera del 1854 si recava a Teramo per esaminare sul posto la possibilità di aprirvi altra fonderia, incontrandosi con un tal Giandomenico Spinozzi e stabilendo di comune accordo che essa fonderia sarebbe sorta su un suo terreno, nel territorio di Rocciano, sul fiume Tordino, dove già esisteva un mulino. La costruzione sotto la direzione tecnica del lombardo durava due anni e finiva nel 1856, anno in cui nasceva Marta, che però non sopravvive a lungo alla nascita. Gli Adamoli abbandonavano Tossicia prima dell'inverno e nella primavera del 1857 iniziava l'attività della Ramiera. Ad un anno dall'inizio di quella attività si apriva in città, per agevolare i clienti, un deposito di quei prodotti che uscivano dalla fonderia. S'istituiva un laboratorio per l'ulteriore lavorazione del rame, venduto direttamente al pubblico di Teramo.
Inopinatamente, all'inizio del 1859 una polmonite conduceva alla morte il lombardo Giuseppe Maria, all'età di 49 anni. Venne sepolto nella chiesa di Rocciano. In conseguenza del grave lutto la piccola Maria Cristina veniva collocata da padre Emidio in un istituto di suore ad Aquila, da dove invece rientrava Gelasio che vi studiava in un istituto di educazione. In breve tempo la gestione della fonderia veniva ceduta agli Spinozzi, che l'avevano richiesta con insistenza. Doralice Strina conservava per sé, nella contrada della Cona, ove si trasferiva, il laboratorio di ramiera ed il magazzino di vendita. Nello stesso anno 1860 il primo dei figli, Gelasio, di 15 ani, irrequieto, tentava una fuga con altri ragazzi per raggiungere Garibaldi, ma nelle vicinanze di Napoli, per la giovane età, era fermato e ricondotto a casa.
All'età di 20 anni, nel 1865, lo stesso Gelasio si arruolava nelle milizie che contrastavano il brigantaggio meridionale, giungendo sino a Giffoni Vallepiana dove incontrava altro lombardo, cugino del padre, Antonio Adamoli, che esercitava una complessa e ricca industria, per il quale, congedatosi dal servizio, cominciò a lavorare. A Giffoni, nell'aprile del 1868, nella chiesa di San Lorenzo, avviene l'incontro con la ragazza che diventerà la sua sposa, Maria Carolina Marotta, la storia del cui casato risaliva nei secoli, con l'autorità ed il censo, conservando il titolo di duca di Castelnuovo del quale era stato insignito don Pasquale Maria Marotta. Molti i possedimenti che erano stati del casato, ma nulla rimaneva oltre il nome. Tra i fondi perduti, il monte Partenio, ricevuto in eredità dal consanguineo barone Scarpa, per il quale era in atto una vertenza giudiziaria per il recupero. La perdita dei beni di famiglia era avvenuta non molto tempo prima, a causa del gioco d'azzardo di don Donato Marotta, nonno di Maria Carolina.
Il matrimonio di Gelasio, accolto con una certa freddezza dalla madre Doralice Strina, veniva celebrato nell'estate del 1869, nella chiesa di San Lorenzo. Dopo un anno, il 14 maggio 1870, giungeva il primo figlio, Giuseppe, e ben presto si fece largo in Gelasio la determinazione del ritorno a Teramo, per riprendere la attività nella fonderia di Rocciano, ricordando certe condizioni poste dalla madre agli Spinozzi, al momento della cessione della ramiera. Gelasio, ora che aveva mezzi e capacità, contava di far valere a suo vantaggio quelle condizioni, e gestire per suo conto quella fonderia. Le pratiche furono condotte a termine dopo circa due anni, quando finalmente Gelasio e Carolina, con i due bambini Giuseppe e Antonio (nato nel 1872) lasciarono Giffoni Vallepiana per giungere a Teramo. L'incontro con i familiari non era molto festoso e la mamma di Gelasio, Doralice, conservava un contegno riservato, se non freddo. La famigliola, da Teramo, proseguì verso la fonderia di Rocciano, per vivervi soli. Rientravano nell'attività della casa, oltre l'importante fonderia, ove lavoravano molti operai, anche un mulino ed un podere. A carico della casa vivevano inoltre molte altre persone addette ai diversi servizi.
Degli altri figli di Doralice Strina, Giovanni era sposato con Annunziata De Marco, Aldobrando da poco era tornato dal servizio militare, Luigi era sposato in campagna a Maria Grazia Falconi, mentre Maria Cristina dal collegio di Aquila era passata, come monaca di clausura, in un convento.
Nella casa di Gelasio e Carolina Marotta giungevano intanto altri figli: Ciriaco (26-10-1874), Maria Concetta (25-4-1876) e Umberto (10-5-1878).



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