PERSONAGGI
Francesco Possenti (S. Gabriele dell'Addolorata)
Sante - Suo padre
Maria Luisa - Sorella
Pacifica - Governante
Giovannetti, Parenzi - Amici di Sante
Mausilio, Evasio - Amici di Francesco
Chiara - Amica di Pacifica
Anna Maria - Bambina o adolescente
Costumi, usi, musica del tempo
L'azione si svolge in Spoleto, circa la metà del Diciannovesimo
secolo
ATTO PRIMO
SCENA PRIMA
Nella sala, presso un tavolo, Francesco Possenti, figlio di
Sante, è immerso nella lettura. Poco lontano, la sorella Maria
Luisa, è intenta a ricamare.
FRANCESCO
(seduto e leggendo a voce alta per suo conto)
O Febo, o Diana, signora delle selve, ornamento luminoso del
cielo, o voi che siete degni di venerazione e che sempre siete
stati venerati, concedeteci quel che vi chiediamo in questo sacro
tempo, durante il quale i libri sibillini prescrissero che
fanciulle elette e giovani puri cantassero un carme agli dei, cui
furono cari i Sette Colli.
(come commosso si alza e andando verso la sorella)
In uno di questi giorni, sorella, quando andremo ad ascoltare la
voce del bosco, ti reciterò qualcuna delle odi di Orazio, da me
tradotte, e il canto latino che canta la fede, la pace e l' almo
Sole, che mai vedra' cosa più bella di Roma.
Non potrai anche tu, con il tuo sensibile animo, non sentirne
tutta la bellezza.
Talune persone, per la delizia del genere umano, non dovrebbero
mai morire.
MARIA LUISA
(che di tanto in tanto sospende il lavoro)
Altre persone, per il bene dello stesso genere umano, non
dovrebbero mai nascere.
Ma il Signore, che è grande, anche sa queste alternative di bene
e di male, su quel che si fa.
Tutto nella vita, mio caro, è regolato dalla somma sapienza.
FRANCESCO
Sempre saggia la mia cara sorella.
(Si alza, si muove, si ferma dinanzi a un quadro, appeso a una
parete).
Era davvero bella la nostra mamma.
MARIA LUISA
Bella, graziosa, santa.
FRANCESCO
Beata te, sorella, che avesti la fortuna di vivere con lei la tua
adolescenza. La vivezza dcl ricordo ti allevia, senza dubbio, il
dolore della grande perdita.
MARIA LUISA
Certamente. Ma anche tu la dovresti ricordare. Avevi gia' quattro
anni quando, la mamma, fu richiamata in cielo.
A tutti voleva bene; a te, forse per il tuo carattere vivace e
insieme affettuoso, un poco di più.
FRANCESCO
Santa mamma! La ricordo come si può ricordare un angelo, avvolto
da nubi luminose.
(Rivolgendo di nuovo gli occhi al quadro)
Come bene si riflette la dolcezza dell' anima, nella dolcezza
degli occhi, nella soavità del sorriso.
MARIA LUISA
Dolce in tutto e mistica. Non viveva poi che per i figli. Aveva,
per tutti, una parola buona, una carezza, un bacio. Alla sera ci
raccoglieva, come la chioccia raccoglie i piccoli, per le ultime
cure della giornata. Dopo il rosario ci raccontava tante bello
novelle, che accendevano piacevolmente la nostra fantasia. Ci
accompagnava, in ultimo, a uno a uno, a letto.
FRANCESCO
Ricordo, ricordo quando. già a letto mi faceva congiungere le
mani e mi faceva fare, come ultimo atto, il segno della croce.
MARIA LUISA
Spesso, d'inverno, girava per le camerette, per assicurarsi se
tranquillo era il nostro sonno.
Se qualcuno s' ammalava, vegliava, in ansia, vicino al suo letto.
Pregava, pregava per la nostra salute e per il nostro avvenire. E
pregava per gli amici e per i nemici, per i vivi e per i morti.
Ricordo, con pena, il nefasto anno della più grande sventura che
possa colpire casa benedetta, marito felice, figli innocenti.
Non s' era ancora riavuta la mamma per la perdita della piccola
Rosa, quando le era rapita Adele, altra tenera violetta, coperta
ancora di rugiada.
Profondo era lo spirito religioso della mamma. Questa volta la
sua fede non la salvava dalla folgore che le schiantava il cuore.
Tredici giorni soltanto sopravvisse all'ultimo lutto. Giunse all'
estrema dimora quando i fiori erano ancora freschi sull' altra
tomba.
Io non avevo che tredici anni. Aiutata dalla buona governante
Pacifica, dovetti prendere, nella casa velata di nero, il posto
della mamma.
-
FRANCESCO
E fosti, nei primi anni e sempre, una madre sollecita, dolce,
affettuosa. Anche tu, d'inverno, in piena notte, hai vegliato sul
nostro riposo. Ci fai vivere nella poesia della santità.
Conosciamo, sorella cara, le tue rinunce, i tuoi sacrifici, le
tue ansie per noi, e le tue speranze. Ma noi mal rispondiamo alla
tua generosità. Veramente, non gli altri fratelli, ma io,
soltanto io sono il cattivo.
MARIA LUISA
No, Francesco, non sei cattivo. Soltanto in qualche momento non
sai conservare la calma. Facilmente ti lasci vincere dall' ira, e
rispondi spesso all' offesa con l' offesa. Nella vita, e il
Vangelo ce lo insegna, occorre sempre usare prudenza e bontà.
FRANCESCO
E' davvero evangelica la tua parola. Ma, dinanzi a certe
provocazioni, non si può rimanere fermi.
MARIA LUISA
E perché no?
FRANCESCO
Ascolta. L' altro giorno, dopo d' aver goduto la pace del bosco,
me ne tornavo, sereno, verso casa. A metà strada, dall'alto d'
un colle, da tre pastori, presso a poco della mia età, senza
alcun motivo fui preso a sassate.
Cosa avresti fatto tu?
MARIA LUISA
Oh Dio! Li avrei lasciati in pace.
FRANCESCO
E no, no, sorella. Leggo il nuovo, ma leggo pure il vecchio
testamento. Non bisogna incoraggiare, con atti di debolezza, l'
opera dei cattivi.
MARIA LUISA
E cosa facesti?
FRANCESCO
Girai un po' alla larga, e giunto, non visto, alle spalle di quei
tre, picchiai di santa ragione.
(Entra a questo punto la governante, che ha inteso l'ultima parte
del discorso).
PACIFICA
Ah monello, monello! Un giorno o l'altro di rimanderanno a casa
con la testa rotta. Raccontaci pure l'episodio accaduto lungo il
fiume, del quale sappiamo già qualche cosa.
FRANCESCO
Dico a voi, Pacifica, ciò che ho detto a Maria Luisa:
non bisogna esagerare nello spirito... pacifista. Anche un santo,
per spirito cavalleresco, si sarebbe comportato da... cavaliere.
Me ne andavo, appunto, l' altro giorno, lungo la Maroggia, con le
più pacifiche intenzioni. Vidi a un certo punto, seduta sotto un
albero, una fanciulla, che contemplava, sicura, il fluire morbido
delle acque. Giungeva, d'improvviso, a molestarla, un
giovinastro. Guardai per un poco, ma quando il villano si faceva
più villano, corsi e... feci il mio dovere.
PACIFICA
E si può sapere in che modo?
MARIA LUISA
Con la violenza?
FRANCESCO
Certamente.
PACIFICA
Volevo ben dire!
MARIA LUISA
Su ciò, appunto, non andiamo d' accordo. Più che con l'
asprezza, si educa con la buona parola.
FRANCESCO
Può darsi. I fatti, però, possono non confermare la regola.
Andiamo ai fatti. Tornavo, giorni addietro, verso il tramonto,
dai campi. A un certo punto, tre o quattro sfaccendati,
incominciarono a lanciare verso di me, forse pel modo come
vestivo, frizzi e sassi. L'ora mesta e il suono dell'Avemaria mi
spingevano, questa volta, a usare bontà. Ma quando volli far
comprendere a quei signori, con il più garbato dei modi, che
quanto facevano non era onesto, ai frizzi s' univano le beffe e
il clamore.
Più che tutte le buone parole, provvide a darmi ragione un
vicino mucchio di sassi.
MARIA LUISA
E se ti trovassi dinanzi a una forte reazione!
PACIFICA
Per l'amor del cielo, che paura!
FRANCESCO
Mai paura. Tempo fa, in uno dei rioni di Spoleto, incontrai un
gruppo di turbolenti. Vi riconobbi una vecchia non simpatica
figura. Proprio costui, sostenuto dagli altri, si fece avanti,
per rivolgermi brutte parole. Il caso si presentava, questa
volta, davvero serio. Se, secondo il mio costume, reagivo, mi
poteva andar male; se non reagivo, alle beffe si sarebbero unite
pure le busse.
Fatti più arditi dalla mia... longanimità, a un tratto, mi
circondarono...
(Pausa)
MARIA LUISA
(che seguiva il racconto con ansia)
E poi?
FRANCESCO
E poi, mi dovevo difendere, senza tremare.
PACIFICA
(pure lei scossa da ansia)
In che modo?
FRANCESCO
Nel modo più semplice ed efficace.
MARIA LUISA
Ma in che modo...
FRANCESCO
Ecco in che modo.
(Tira fuori un coltello a serramanico, lo apre e lo fa roteare in
aria).
MARIA LUISA
(tutto meravigliata)
Un coltello!...
FRANCESCO
Si', un coltello e l' effetto fu magico.
PACIFICA
Ah Checchino, Checchino! Siamo in tempi di banditi, è vero, ma
tu non dovresti dimenticare la famiglia alla quale appartieni, nè
la tua educazione, nè di essere nato nella mistica città del più
gran Santo italiano, di cui porti il nome. Non dico che tu debba
vivere da santo, chè di santi, in tempi così tristi, si è
perduto il seme, ma vivere guardando un po' di più il cielo.
Ascolta, ascolta la parola d' una donna che ti ha visto nascere,
che ti vuol bene, che ti tiene nel cuore con amore di madre.
FRANCESCO
Cercherò di seguire i vostri Perdonate se talvolta non riesco a
frenare, neppure in casa, il sangue che pulsa con forza nelle
vene dei miei diciassette anni. Forse, come San Francesco nella
sua giovinezza, troppo amo il lusso, le compagnie allegre, le
feste, i teatri, il ballo, la caccia.
Penso che alla giovinezza, primavera fiorita della vita, non
debbano rimproverarsi le manifestazioni delle sue esuberanze, dei
suoi diritti.
MARIA LUISA
Che il Signore ti guidi, fratello, con la sua misericordia, sulla
buona via.
SCENA SECONDA
(Una fantesca, a questo punto, annuncia la visita di giovani
amici di Francesco: Giovannetti e Parenzi).
PACIFICA
E allora, cara Maria Luisa, possiamo lasciare il nostro Checchino
in una più rumorosa, lieta compagnia.
FRANCESCO
Sono amici simpatici, pieni di brio, di vita, di festosità. Ma,
nonostante la mia spensieratezza, amo anche la compagnia di
persone buone, miti, gentili che portano, nei loro atti, quel
senso di moderazione, di religiosità che tocca il cuore e fa
rimanere pensosi. Cara mi è, sovra a tutte le altre, la vostra
compagnia.
PACIFICA
(mentre s'allontana con Maria Luisa dalla parte di sinistra)
E lo sappiamo, lo sappiamo, caro il nostro Checchino.
(Francesco va incontro, dalla parte di destra, agli amici. Poco
dopo rientra con i visitatori, che si mostrano spigliati,
allegri, scherzosi).
GIOVANNETTI
Anche noi ti magnifichiamo, compagno di giovinezza, quando ti
dovremmo bandire, senza pietà, dai nostri convegni. Troppo con
la tua luce offuschi le nostre persone.
FRANCESCO
Vi verrò forse a mancare davvero. I miei mi richiamano a una
vita meno tumultuosa.
GIOVANNETTI
Ah questo no! Scendano su di noi tutte le ombre, ma non ci manchi
la luce del nostro "princeps iuventutìs".
FRANCESCO
Siete buoni, amici, ma vi debbo confessare che, in questa
faccenda, io pure ho ormai i miei scrupoli. Mentre i miei
fratelli, da altro fuoco riscaldati, vivono in saggezza, io,
nella mia cecità, mi vado ancora azzuffando, nelle strade, come
un piazzaiuolo della peggiore specie.
Ma altro scrupolo mi tormenta. Ricordate la mia ultima malattia,
che m' aveva condotto sull' orlo del sepolcro? Elevai, come i
miei, la mia preghiera al cielo. Se guarivo la mia vita sarebbe
stata consacrata a Dio. Guarii, come per miracolo, ma la mia
promessa non fu mantenuta. Sono ancora, da spergiuro, in mezzo a
voi, nei mondani godimenti.
PARENZI
Via, via gli scrupoli. Le promesse fatte a diciassette anni non
hanno valore. A diciassette anni si deve saper godere la vita,
che è bella. I giovani anni sono, nella spensieratezza, freschi
e musicali, come fresca e musicale è l' acqua, che gorgoglia
alla sorgente; come fresca e musicale è l' aurora, sul nascere
del giorno. Godiamo, quindi, fin che ci è concesso di godere,
nella fuga del tempo.
FRANCESCO
HO fatto, poco prima, quasi lo stesso ragionamento a mia sorella
e a Pacifica, ma vi confesso che l' ho fatto con non troppa
convinzione. Mi sembra che da un momento all' altro, ben altra
fiamma debba accendersi a illuminare il mio buio spirito.
PARENZI
Non vorrai diventare eremita e santo anche tu.
FRANCESCO
Santo magari no. Non ne ho proprio la vocazione; ma vivere un po'
più... cristianamente, lo credo possibile.
PARENZI
Unitamente alla piccola fiamma, dagli occhi luminosi. Appunto,
come va il piccolo idillio...
FRANCESCO
Idillio di che?!...
PARENZI
Non fare l'indiano. L' idillio con la bella Pennacchietti...
FRANCESCO
Ma che idillio! Le nostre famiglie, strette da lunga amicizia,
s'incontrano. Noi, cosa naturalissima, parliamo, cantiamo, ci
scambiamo i poetici fiori della giovinezza.
GIOVANNETTI
Basta ora con questi discorsi. Non siam venuti per fare filosofia
o poesia. Questa sera, in omaggio alla vita, vi sarà a casa mia
una delle consuete festicciuole alla quale non dovrai mancare.
PARENZI
Non vi dovrai mancare. Ancora una volta canteremo col poeta
gaudente:
"Quant' è bella giovinezza
Che si fugge tuttavia!
Chi vuoi esser lieto sia
Di doman non c'è certezza"
GIOVANNETTI
Non vi è proprio certezza in questo mondo tormentato da
rivoluzioni, da guerre, da stragi.
Ne usciremo salvi?
Nel dubbio godiamo, fin che ci è concesso di godere.
Ed ora ti lasciamo Checchino. Andiamo ad invitare altri amici ed
amiche: lo più belle e simpatiche ci saranno tutte.
A questa sera
(tutti insieme, in tono di canto)
A questa sera...
(Gli amici se ne vanno).
FRANCESCO
(rimasto solo prende un sigaro, l' accende, fuma e seduto guarda,
con un certo godimento, il fumo che sale, che si disperde a spira
nell' aria. Parla).
Sono proprio allegri questi amici buontemponi. Non hanno tutti i
torti. Senza un qualche svago, la giovinezza sarebbe, nella fuga
degli anni, una primavera senza fiori, una giornata senza sole,
una vita senza canto. Non vi è poi nulla dl male a inebriarsi,
per un momento, nelle lente movenze d' un minuetto, o nella
musicale declamazione d' un inno, o nelle vibrazioni d' un
notturno melodioso.
(Resta un poco pensoso. Dopo, scuotendo le spalle e riaccendendo
il sigaro, che intanto s'era spento)
Debbo andare? Ma...
(e canticchia)
«Quant' è bella giovinezza...»
(In questo punto rientra Maria Luisa. Francesco cerca di
nascondere il sigaro, ma se ne sente l'odore).
MARIA LUISA
Hai fumato, non è vero, Francesco?
FRANCESCO
(che non puo' negare)
Sì, ho fumato.
MARIA LUISA
Perché fumi?
FRANCESCO
Che c'è di male? Il fumo piacevolmente divaga: accende la
fantasia, rasserena lo spirito.
Anche Michele fuma.
MARIA LUISA
Sì, ma Michele è più grande di te e fuma col permesso del
babbo.
FRANCESCO
Non sta bene? Non fumero' più.
(riprende il motivo interrotto)
"Quant' è bella giovinezza
Che si fugge tuttavia!...".
MARIA LUISA
(tutta buona)
Sempre allegro...
FRANCESCO
(che ha dimenticato gli scrupoli)
«Chi vuol esser lieto sia».
Ballo questa sera in casa del conte Giovannetti: sono venuti
apposta ad invitarmi. Io non potrò mancare. Vieni anche tu?
MARIA LUISA
(lo guarda intensamente)
Lascia questo tasto Checchino... quando ti convincerai che il
tempo dato ai divertimenti è sprecato?...
FRANCESCO
Non hai tutti i torti... ma il mondo è fatto così e bisogna
prenderlo come è... Piuttosto farò ancora bella figura?
MARIA LUISA
Sta tranquillo che la figura la farai sempre bella con qualche
poesia recitata, come sai far tu!...
FRANCESCO
Grazie! Mi hai messo sulla buona via. Ma che reciterò?
(Resta un po' raccolto. Dopo)
Ho trovato. Questa sera chiamerò in mio soccorso il dolce
cantore di Laura, grande non meno di Orazio.
I suoi canti, nelle celestiali amorose visioni, sono come una
pioggia musicale di fiori.
Ne vuoi ascoltare qualcuno? Siedi.
(Le porge una sedia e s'inchina con grazia dinanzi alla sorella,
la quale, chinando il capo, risponde con uguale grazia. Quindi)
"Qual fior cadeva sul lembo,
Qual su le treccie bionde,
ch' oro forbito e perle
Eran quel dì a vederle;
Qual si posava in terra, e qual su l'onde;
Qual con un vago errore
Girando, parea dir: Qui regna Amore".
Quanta deliziosa armonia! Basta il saggio; lungo è il
canto. Bella è, sorella, con la poesia, la giovinezza.
MARIA LUISA
Senza dubbio. Bella come un mattino sereno d' aprile, se però si
sa viverla in bellezza.
FRANCESCO
Non vivo forse io bene?
(Pausa)
No, non vivo bene e tu me l' hai detto, sorella. Ma la Madonnina
Addolorata, alla quale innalzo preghiere e offro fiori, mi aiuterà
a vincere le umane debolezze.
Cercherò, cercherò, sorella, per la tua pace e per la mia
salvezza, di divenire migliore.
MARIA LUISA
(andando verso il ritratto della mamma, seguita da Francesco).
Chi ha la religione nel cuore, come l' aveva la mamma e come
l'hai tu, non può, fratello, non essere buono nella vita
temporanea, per conquistare la vita eterna.
(Rimangono raccolti dinanzi al quadro della mamma).
CALA LA TELA
ATTO SECONDO
SCENA PRIMA
Nella sala del primo atto. Sante Possenti, padre di Francesco,
parla con un amico del primo tempo, giunto a visitarlo. Sono
seduti, presso un tavolo.
SANTE
(Come se continuasse, nell'alzare il sipario, in un discorso già
iniziato).
E si, sì, amico. A considerare bene la vita non si può non
giungere a conclusioni tutt' altro per essa favorevoli. Più che
il riso, lamenti, sospiri e pianto dominano ovunque, che ben
giustificano la parola del Saggio, con la quale afferma che ogni
cosa al mondo è vanita', tormento dello spirito.
Ma il tempo che provvede alla liberazione degli affanni, per
fortuna, cammina. Anche per noi, amico, ba camminato.
MAUSILIO
E come ha camminato! Ricordo quando a Terni, ragazzi, d' estate,
ci tuffavamo, beati, nelle fresche acque del Nera, e rincorrevamo
lungo il fiume le libellule. Ricordo quando salivamo i colli
coperti d' ulivi, in cerca di nidi e di cicale, e quando
penetravamo, quasi timidi, nei boschi colmi di ombre, di
silenzio, di mistero.
SANTE
Passava così la fanciullezza, passava la giovinezza. Sembra ieri
quel tempo, in cui, studentelli in vacanza, visitavamo, colmi di
gioia, i piccoli laghi e la cascata delle Marmore, che
spumeggiava, nel precipitare, con la bianchezza della neve.
Ed ora sono qui, amico dei lieti anni, fiaccato dalle sventure e
dal peso del tempo.
MAUSILIO
Già, molti lustri son passati da quando, laureati, lasciammo R
Roma, con l' animo pieno di vigore, di sogni, di speranze. Ma
purtroppo le insurrezioni, le congiure, le guerre ci resero
faticoso i] cammino, e i negatori di Dio ebbero pure a rendere
difficile la civile e religiosa fedelta' al Santo Padre.
SANTE
E in verità, in tanto disordine, fui ben molestato nelle
funzioini di governatore. Nonostante ciò, nella bellezza della
famiglia, vedevo ancora bella la vita. Dopo le fatiche e le
angustie del giorno, la casa m' appariva, nel rientrarvi, un'
oasi fresca di riposo, un nido di pace. Per cinque anni, nell'
armoniosa unione, io e la cara compagna, camminammo festosi nel
giardino in fiore.
Dopo? Dopo anche nel nostro cielo apparvero nubi nere. Lo
sparviero, dai rapaci artigli, per ben due volte, in breve tempo,
piombava a sconquassare l'innocente nido. Due angioletti, sui tre
anni, ci eran rapiti. Il nostro cielo, dopo quei lutti, non
tornava più sereno. In ogni festa, in ogni lieta ricorrenza,
ricomparivano quegli angioletti, con la loro grazia, vivi nel
nostro cuore.
Passarono altri anni e altri innocenti, della folta schiera,
caddero e, vinta dal dolore, cadde su essi, a trentotto anni, la
più santa delle madri. E caddero pure, per sempre, le mie
illusioni. Le perdite di altri cari figli, resero, più tardi,
sempre più tristi i miei giorni.
MAUSILIO
Qualche cosa sapevo. E' sempre strana la vita, comunque la si
consideri. Tu, che costituisti la famiglia, piangi sulle
sventure, sulla felicità perduta; io, che non la costituii, con
il cader della giovinezza, piango sulla desolata vecchiaia, non
confortata da nessun caro ricordo, da nessun affetto.
Ma tu potrai ancora trovare consolazione negli altri figli.
SANTE
E' vero, e questi figli mi consolano con la loro bontà. Tutti
studiano, due stanno per consacrarsi sacerdoti. Il più vivace è
uno dei più piccoli, Franecsco, che conta ormai diciassette
anni. Sente la giovinezza e vuol godere la vita. Alle volte la
sua esuberanza mi impensierisce, ma son certo che col crescere
perfezionerà il suo carattere, tanto più che è dotato d'un
profondo senso di religione e di carità.
Non ti nascondo, poi, che su questo ragazzo sono riposte, per la
continuità dello famiglia, lo mie speranze.
MAUSILIO
La tua casa, quindi, resta sempre a riscaldare la tua tarda età;
io, forse, andrò a chiudere i miei occhi, desolatamente, in una
corsia di un qualche freddo ospedale.
(S'ode in questo momento, di là, un suono tenue di clavicembalo,
che tocca i cuori già commossi dei due amici. Rimangono, per un
po', in silenzio e in ascolto)
E' Francesco?
SANTE
Sì, è Francesco. E' bravo in tutto.
MAUSILIO
Beato lui!
(S' annuncia, intanto, la visita di altro amico, Evasio, tornato
da Roma. Il suono dopo un poco cessa).
SCENA SECONDA
SANTE
Ecco il più elegante, il più vivace e audace compagno di
scuola, d'avventure, di giovinezza.
Te lo ricordi, Ausilio?
MAUSILIO
Altro che! E ricordo quando sotto una certa finestra, nel
silenzio della notte bruna, come canterebbe il notturno
trovatore, riceveva non so che cosa su la bionda testa.
(tutti ridono)
EVASIO
Bei tempi, anche con qualche infortunio.
SANTE
Vi erano i venti anni. Ma dicci: che si fa nella città eterna?
EVASIO
Roma, in questo momento, è come una caldaia in ebollizione.
Aumentano l' orgasmo le penose notizie che giungono dal vicino
regno, qualificato, non a torto, «Negazione di Dio». Gli uomini
più illustri, quando si salvano a Napoli dal capestro, non si
salvano dalle carceri, orride sepolture, non di altro rei che di
amare la patria e di volerne l' unità. Io, che vi andai, ne
fuggii inorridito. La diffidenza ovunque; ovunque l' inganno, la
delazione prezzolata, il rinnegamento.
Anche a Roma, dopo le dolorose vicende degli ultimi anni, non si
vive più tranquilli. Il tradimento si annida dappertutto; le
spie dello straniero non si contano più e la polizia Pontificia
non può far nulla, per le interferenze delle Potenze Europee.
Dicono che il Santo Padre è preoccupatissimo per le sorti del
suo Governo Temporale.
MAUSILIO
Ne ha certo tutti i motivi. E un fatto che gli italiani guardano
verso il Piemonte con viva simpatia, e sognano l' unità politica
dell' Italia. A conforto delle speranze giungono le notizie
strabilianti, circa il valore dell' Esercito Piemontese che ha
osato sfidare la Russia, e si sta coprendo di gloria sui campi di
Crimea combattendo per la liberta' di quel popolo...
Francamente anch'io ammiro la politica del Piemonte e se domani
decidesse di unire l'Italia sotto lo scettro dei Savoia, darei
tutto il mio appoggio...
SANTE
Bel sogno l'unita' d Italia... Ma come realizzarla!... Con la
guerra, le congiure, le rivoluzioni.
EVASIO
Capisco. E' inevitabile la guerra e le conseguenze peggiori sono
sempre per il popolo; ma certi mali, apportatori di bene, bisogna
accettarli senza lamenti. Torna il sereno e chi vive raccoglierà
i frutti di chi non è più.
SANTE
Non divido, forse perchè magistrato e legato da giuramento alle
leggi dello Stato Pontificio, le vostre idee politiche. Congiure,
rivoluzioni, guerre sono calamità sempre da evitare. Penso,
quindi, che se l Unità nazionale si dovesse fare dal Piemonte,
con la violenza, il suo Re non rimarrebbe a lungo a capo del
nuovo Stato.
MAUSILIO
E io invece sono sicuro che i Savoia si affermeranno sul trono e
l' Italia ritornerà una grande potenza e l' Europa e il mondo
dovranno prendere lezioni di civiltà e di convivenza da noi
Italiani.
Ma sarà meglio che passiamo ad altro...
(Si alzano, si muovono e, tutti conversando, se ne escono
dalla parte sinistra).
SCENA TERZA
(Poco dopo, dalla destra, entrano pure chiacchierando, Francesco
con l' amico e compagno di scuola marchesino Pietro Parenzi.
Vanno a sedere).
FRANCESCO
Sì, amico, bella è la giovinezza, ma fugge, fugge, senza
arrestarsi un attimo.
PARENZI
Fugge davvero. E' di ieri la nostra fanciullezza. Abbiamo già
varcata l' adolescenza e stiamo per entrare, con le nostre
diciassette primavere, nella sospirata giovinezza. Non ci
possiamo, però, proprio lagnare della vita. A scuola si va bene;
in famiglia siamo vezzeggiati; le coetanee rivolgono già su di
noi i loro sguardi pensosi.
FRANCESCO
Sì, sì, ma tu hai qualche cosa che io non ho più.
PARENZI
Certo la mancanza della mamma è una grande sventura. Hai, però,
in sua vece, Maria Luisa, la più buona delle sorelle, e
Pacifica, la bontà vivente.
FRANCESCO
E' vero. Sono proprio queste che mi fanno vivere in letizia.
PARENZI
Appunto, ieri sera un altro tuo grande successo in casa
Giovannetti. Sempre elegante, sempre armonioso nella
declamazione. Il canto pareva che salisse come musica, da
un'anima musicale. E i piccoli cuori palpitavano.
FRANCESCO
Ognuno raccolse ieri sera la sua parte d' alloro. Tu fosti
superiore nel recitare il canto di quell' altro squisito poeta,
che esalta la freschezza, la bellezza d' ogni cosa creata:
«Monti valli antri e colli
Pien di fior frondi ed erbe».
Beati loro questi poeti, che sanno rendere, con tinte luminose, i
misteri delle anime, le meraviglie dell' universo, la divinità
del cielo.
PARENZI
Ieri sera mi parve, però, che la tua voce fosse velata di
melanconia.
FRANCESCO
Può darsi. Da qualche tempo sento nel mio spirito qualche cosa
di nuovo, di strano.
L' altro giorno, andando con Maria Luisa sulla montagna sacra, la
mia fantasia, più che alle boscherecce deità, andava questa
volta ai santi anacoreti, che, in tempi lontani, vi vissero in
penitenza e in preghiera. Anche il convento, lassù in alto,
avvolto da alberi e da silenzio, mi svegliava tanti pensieri.
Non vi erano a questo mondo soltanto città rumorose, e teatri, e
gaudenti; ma vi erano pure luoghi di raccoglimento e persone che
vivevano di altre idealità; di altra spirituale vita.
Non posso dimenticare, inoltre, le parole dell' eremita di Cesi,
che visitai nella sua grotta nascosta e nuda. Alla mia meraviglia
di quel suo primitivo vivere mi diceva e con molta serietà:
«In fondo ai vostri godimenti terreni, vi è il buio della
morte; sopra alle mie rinunce, vi è la luce della vita ».
Così mi diceva l' anacoreta di Cesi. Quale è la verità?
PARENZI
Vi sono per gli alienati anche i manicomi.
FRANCESCO
Per gli alienati, non per i savi.
PARENZI
Vivere nelle grotte! Senti, Checchino. Se nella vita comune e
operosa vi sono godimenti, vi sono pure privazioni,
preoccupazioni, sofferenze, che conducono ugualmente alla
conquista del cielo. La vita bisogna prenderla così, come ci è
stata data da Dio: con le gioie e con i dolori, con la giovinezza
e con la vecchiaia. Non si può impedire alla primavera di
tripudiare nella festa dei fiori, nè alla giovinezza di godere
la sua primavera.
FRANCESCO
E allora?
PARENZI
Allora domani, con la solita rumorosa brigata, andremo sui monti,
non per far penitenza, ma per cantare i canti del tuo poeta
gaudente:
« Ogni tristo pensier caschi:
Facciam festa tuttavia ».
Va bene? E con noi sarà, con altre
« Fanciulle vaghe e liete ».
la fanciulla dei tuoi sogni.
SCENA QUARTA
MARIA LUISA
(che entra)
Scusate. Giù nel giardino vi sono gli altri amici, in cerca di
voi.
PARENZI
(rivolgendo la parola a Maria Luisa)
Ecco la più buona delle sorelle. Questa casa è santificata dal
vostro sacrificio, colma della vostra grazia. Siamo giovani e
allegri, è vero, ma comprendiamo il significato di certi atti.
MARIA LUISA
Mi è facile essere buona perchè tutti sono buoni con me.
(e rivolgendosi a Pocifica che sta entrando)
Ecco un' altra donna dal cuore d' oro, che ha saputo elevare il
dovere a santità.
PACIFICA
Non farmi arrossire, Maria Luisa. Se mai è nella bellezza, nella
religiosità di questa casa, che io ho trovato la vera via della
bontà. Vi voglio bene perché lo meritate, perché vi considero
miei figli. Voglio bene un poco di più al mio Checchino, che ha
un grande cuore.
(gli s'avvicina e lo carezza teneramente)
Di tutto si commuove e, nella sua generosità, dona tutto quel
che ha, e piange sul pianto dei miseri.
(scherzando)
E' un po' monello... ma.... un monello buono e caro.
PARENZI
Bravo Checchino. Agli amici, con i quali si mostra sempre
allegro, sa nascondere questi nobili sensi.
Poco prima m' ha fatto, però, un discorso... un discorso... come
dire... nuovo. Un discorso avvolto dalla malinconia del tramonto,
non dalla festosità dell' aurora.
(S' ode a un tratto un suono allegro d organino e un canto in
coro della campagna. Rimangono in ascolto).
PARENZI
Ecco la giovinezza, nel suo vero vivere. Se il governo degli
uomini fosse nelle mani dei giovani, ve lo assicuro, non vi
sarebbero più guerre.
Ai giovani, quindi, per l' universale felicità, il governo degli
uomini.
(Cessa per poco il suono e il canto).
FRANCESCO
O giovani o vecchi, fin che il giorno s'alterna con la notte,
l'estate con l' inverno, la gioia con il dolore, la pace non può,
come una fatalità, non alternarsi con la guerra.
Tutto, poi, nel creato è lotta. Lottano le nubi contro il
sereno, le tenebre contro la luce; il rumore contro il silenzio;
lo spirito maligno contro la santità.
Le ragioni? Iddio solo lo sa.
PACIFICA
Lasciate che anch' io, povera donna, dica la mia parola. La pace
scenderà sulla terra quando gli uomini tutti, vinte, nel loro
libero arbitrio, le forze del male, avranno imparato a vivere
secondo le leggi divine.
PARENZI
Saggia la parola della buona pacifica. Ma intanto scendiamo nel
giardino a seguire, con le più liete speranze, il corso naturale
degli eventi. Dico bene?...
(Escono, mentre sotto è stato ripreso il suono e il canto).
PACIFICA
(che è rimasta sola, scuotendo il rapo)
Sempre strana la vita!
CALA LA TELA
ATTO TERZO
SCENA PRIMA
Ancora nella casa di Sante Possenti, nella stessa sala del primo
atto, dopo qualche mese. Sante, vestito a lutto, seduto vicino al
tavolo, sfoglia lentamente un albo. Di fronte è seduta Pacifica
come curva sotto il peso d' un dolore.
SANTE
(dopo aver sfogliato per un po' l'albo)
Ancora una tomba si è aperta per i nati di questa casa, ancora
una effigie si è aggiunta alle altre dei cari scomparsi. Eccoli
qui, l'uno vicino all'altro, con la loro epigrafe d' amore e di
dolore. In alto, nella freschezza ancora degli anni, l' immagine
dolce della santa madre: in basso, ultima in ordine di tempo,
Maria Luisa, fiore ancora di giardino.
Devi convenire, mia buona Pacifica, che perfido è stato con me
il destino. Dovrei maledire, come lo maledisse il grande biblico
paziente, il giorno della mia nascita? Il Signore, nella sua
misericordia, perdonerà le mie parole e le lagrime che scendono,
con sgomento, a unirsi al sangue che sgorga dal cuore, ferito a
morte.
Si ripete da coloro che vivono in rassegnazione con Dio, che le
anime angeliche appartengono al cielo. Chino il capo al richiamo
di questi angeli, dinanzi alla divin volontà: ma il cielo, forse
per provare la mia fede, di troppe anime angeliche volle riempire
la mia casa, di troppe sventure la mia vita. No, non posso per
ora strappare la fascia nera, che avvolge fortemente il mio animo
straziato.
PACIFICA
Non so come rispondere mio nobile Signore. Anch' io, che molto
amavo la dolce Maria Luisa, invano la vado chiamando per le
stanze, per i corridoi, per il giardino deserto. Venga, venga
lei, la santa, in nostro soccorso.
SANTE
E in soccorso di Francesco. Anche lui, per questa nuova perdita,
è rimasto profondamente sconvolto.
PACIFICA
E' vero. Non ho più visto sulle sue labbra quel sorriso, che
aveva la grazia dei mistici. Cerca di scansare gli amici e i
rumori. Passa molte ore chiuso nella sua cameretta. Forse studia;
forse prega. Era già religioso, pur con il vivace temperamento;
ma ora sembra che la venerazione verso Dio e verso la Madonna si
vada di molto accentuando.
Nella festa dì agosto, e voi eravate a Roma, io seguivo, con l'
immagine di Maria Luisa viva nel cuore, la santa processione. In
piazza, affollata di popolo, vidi a un tratto Francesco farsi
avanti, a capo scoperto, e lo vidi, nella generale commozione,
prostrarsi al passaggio della divina Madre. Pareva che un cerchio
luminoso avvolgesse, come un alone, il suo pallido viso.
Non so quale idea sorgesse a illuminare, dinanzi a quell' atto,
la mia mente. Che voglia pure lui, come Luigi e come Enrico,
farsi religioso?
SANTE
Questo no. Quantunque devoto, non ha mai dimostrato vocazione per
il sacerdozio. Ama troppo la vita e ha tenerezze per una cara
fanciulla.
PACIFICA
Per Elisa Pennacchietti?
SANTE
Per l' appunto. Essa potrebbe riportare, con la sua bontà, un
po' di luce in questa casa.
PACIFICA
Se così fosse! Io ne dubito. Spesso Francesco va a intrattenersi
con padre Bompiani; spesso sale sulla montagna, per conversare
con l' eremita di Cesi. Che significano queste visite?
SANTE
Se avesse davvero l' intenzione d' un eventuale ritiro dal mondo,
non gli darei il mio consenso. E che di questa casa vogliamo fare
proprio un convento?
SCENA SECONDA
(S'ode un passo. Poco dopo entra Francesco. Sante si ritira)
PACIFICA
Su su, mio caro figliuolo, risolleva lo spirito. Anch' io ho
pianto, ho gridato, ho inveito non so contro chi, ma una voce,
che ho sentito risuonare nel mio animo, m' ha richiamato a più
religiose considerazioni. Se il Signore ha voluto così, sia
fatta in volontà del Signore. Mi vado, quindi, nella necessaria
rassegnazione, asciugando le lagrime. Vuol dire che un altro dei
nostri angeli è in cielo a pregare per noi. E noi dobbiamo
tornare a pensare, come un dovere, alle cose di quaggiù.
Vi sono in questa casa, rimasta quasi vuota, tante memorie da
conservare, tanti fiori da coltivare, tanti affetti da tenere
accesi. Tu, nella pia sottomissione, dovrai rimanere in questo
santuario, per continuarvi il culto, pure sacro, della famiglia.
FRANCESCO
Buona è la vostra parola, e saggia, come sempre; ma molte cose
non confanno più, per le mutate condizioni, al mio spirito.
Dopo la perdita di Maria Luisa è caduta la benda, che si
ostinava, nonostante i molti avvertimenti, a tener coperti i miei
occhi. Per ben tre volte, nelle mie malattie, nel chiedere la
guarigione, avevo promesso a Dio la rinuncia al mondo; per ben
tre volte, continuando, insensatamente, in una vita vuota,
rinnegai le mie promesse.
Penso che anche per questo la casa tutta è stata punita. Ora
basta; vedo, nella vita senza pace, la via che mi dovrà condurre
alla redenzione.
A voi, tanto buona, posso fare qualche confidenza, non ad altri.
Lo spirito maligno, sempre in agguato, se qualche cosa trapelasse
prima d' aver tutto concluso, potrebbe mettere in atto i falsi
miraggi, per abbuiare la nuova via, splendida di luce.
(Pausa)
PACIFICA
Parla, parla, figliuolo...
FRANCESCO
Sono sempre le cose belle che operano, beneficamente. nell'umano
smarrimento. Ero sul monte sacro, tante volte visitato, nei
mistici pellegrinaggi, con la cara sorella. Il sole, che saliva,
velava, con luce morbida, il bosco, nel quale sedevo. In quella
solitudine, nella freschezza dell'ora, sentii penetrare vivo, nel
cuore che piangeva, il soffio immenso del creato, del Creatore.
Il cielo mi parlava, e in questa voce sentii pure forte il
desiderio di rivedere il savio di Cesi. Ora soltanto, ricordando
la sua parola, ne capivo la verità, il valore. Mi mossi. Salii.
Lo trovai dinanzi allo speco, genuflesso, con gli occhi rivolti
al cielo, in preghiera. Nessuna meraviglia, quando avvertì la
mia presenza. Sembrava che stesse ad attendermi. La vita
solitaria, tutta spiritualità, dà, a questi anacoreti, il dono
della divinazione.
«Vieni, povero figliuolo», mi disse. «Siedi qui e raccontami
le tue pene».
PACIFICA
E tu parlasti con lui come si parla con un confessore.
FRANCESCO
Sì, gli raccontai tutto: i peccati, i rimorsi, il ravvedimento,
i nuovi propositi. Mi ascoltò con serena bontà, e mi disse la
parola consolatrice della saggezza.
Sentii là, sull' ora del crepuscolo e nella notte, la grandezza
della divinità. Pareva, mentre il bosco sospirava e le ombre
infittivano, che cielo e terra piegassero all' adorazione.
Anche noi, senza più dire parola, ci inginocchiammo in
preghiera, come il cielo, come la terra.
PACIFICA
Prodigioso.
FRANCESCO
Ma non è tutto. Già qualche ora era trascorsa quando in un
assopimento, parve che il mio spirito salisse a immergersi in un
mare di luce, musicalmente mosso.
Perchè non vi restai?...
Certo, lasciai la montagna, tutto cambiato; una ineffabile
beatitudine mi ricantava nell'animo il proposito, diventato
irremovibile in quella specie d'estasi: sarò Religioso!...
Tornai più volte lassù, per consigli. Come Ordine nel quale
servire Dio mi è stato indicato quello dei Passionisti del Beato
Paolo della Croce: con le sue rigorose regole, è più aderente
al mio spirito assetato di solitudine, di sofferenza, di
preghiera.
Posso ancora partecipare alle feste, per non svelarmi, ma come
Vanna di Jacopone da Todi, con il duro cilicio.
Il padre Bompiani, nella sua bontà, m' assiste nella
preparazione. Il babbo, sono certo, non mi contrasterà in questo
mio nuovo cammino.
PACIFICA
Hai parlato come un inspirato, con la bellezza, la chiaroveggenza
d' un apostolo. Molto in alto sempre ti eleva il dono
dell'intelligenza, della fede, della bontà. Ma se tuo padre
fosse contrario ai tuoi nuovi proponimenti, ti sarebbe lecito
disubbidire alla sua volontà? Pensaci bene, Checchino, prima di
rispondere. Il bene, quando si posseggono cristiane virtù, si può
fare ovunque; ovunque si può acquistare la santità.
FRANCESCO
Il babbo, per la mia pace, per la salvezza della mia anima, non
potrà non assecondare il mio desiderio.
PACIFICA
Anche su ciò dobbiamo dire: sia fatta la volontà di Dio.
SCENA TERZA
SANTE
(Il padre intanto rientra. Pacifica, come per intesa, si
allontana. Padre e figlio rimangono l'uno di fronte all' altro).
Resta, resta, figliuolo. Ti debbo parlare di cosa molto seria. Tu
non ignori i miei pochi giorni lieti, i miei molti giorni tristi.
Perdei tua madre quando la nostra vita fioriva ancora con i suoi
fiori belli. Perdei lungo il cammino molti dei tuoi fratelli:
ultima, la serafica Maria Luisa. Gli altri a mano a mano se ne
vanno, per seguire il loro destino. Resteremo in questa casa, in
disfacimento soltanto noi due. Ma questa casa, piccolo tempio dei
santi ricordi, non dovrà perire. Dovrà essere ripopolata con
uno di quegli atti, che sono pure benedetti dal cielo. Qualche
raggio di luce potrà così ancora risplendere sulla mia vita,
che va desolatamente verso il tramonto. A te spetta, mio buon
figliuolo, l' adempimento di questa nobile missione.
FRANCESCO
Mi sento, per gli affetti umani, che sono ancora forti in me,
straziare il cuore nel dover deludere le vostre speranze, caro
babbo. Prima della vostra, un' altra voce è giunta a me, da un
altro padre, che è molto in alto: la voce del Signore. Dinanzi
alla fragilità, alla caducità delle cose umane molto ho
riflettuto dopo la scomparsa della cara sorella. Tutto, di questa
misera esistenza, trovai vano: giovinezza, ricchezza, gloria. E
vidi illuminati di ben altra luce coloro che vivevano in Dio e
con Dio, nelle sofferenze delle grotte, nelle angustie delle
celle. Mi parve quella vita di rinuncie la vera vita, e feci la
mia promessa.
Non aspetto per partire, verso un convento di Passionisti, che il
vostro consenso.
SANTE
Non posso, figliuolo, non esprimere tutto il mio rammarico, per
quanto hai fatto, senza nulla dire a tuo padre. Avremmo esaminato
il caso con più calma, con maggiore ponderazione. Non sempre gli
atti affrettati giungono a conclusioni felici.
E poi, e poi. Sai come vivono i Passionisti? No, no. Non posso
aderire al tuo desiderio.
FRANCESCO
Grande è la mia devozione per voi, padre. Ma sento che non mi è
possibile recedere dal nuovo cammino. Nè posso rinunciare all'
ordine prescelto, il solo che possa dare pace alla mia anima
traviata e travagliata. Aspetto, quindi, con fiducia il vostro
assenso, la vostra benedizione.
(A questo punto Francesco, chiesto permesso, si allontana per un
momento).
SCENA QUARTA
SANTE
(Rimasto solo, torna a guardare l' albo, mestamente; ma poco
dopo, accompagnati da Pacifica, entrano Filippo, Giavannetti e
Pietro Parenzi. Sante si alza e va loro incontro con evidenti
segni di gradimento).
Giungete a buon punto, miei buoni ragazzi. Tra poco Francesco
tornerà. Appunto, affido questo mio figlio alla vostra
attenzione, alle vostre cure. Da quando ha perduta la sorella,
con la sua condotta, mi dà molto da pensare. E' sempre chiuso in
sè, spesso divaga, nei suoi discorsi. Tanto un tempo era amante
di chiasso, quanto oggi di silenzio.
GIOVANNETTI
E' vero. Anche con noi non è più quello di una volta. Ma
penseremo noi a rimettere nella festosità, nella gioia del
vivere il nostro Checchino.
(Francesca rientra. Gli amici, lieti, gli si avvicinano. Sante si
ritira).
PARENZI
Su, Checchino, è ora di riprendere il tuo posto nella festevole
primavera degli anni. Comprendiamo il tuo dolore, ma il soldato,
colpito nella battaglia, sente il bisogno, il dovere di
rialzarsi, per rientrare nella lotta. Come per il soldato, così
è per qualsiasi altra persona che vive nell' umana famiglia. Il
marinaio, gettato dalla furia della tempesta sullo scoglio, non
resta a lungo a disperarsi sui rottami, ma rimessa su la sua
barca, spiega di nuovo le sue vele e il suo canto al vento e alla
speranza.
La vita sarebbe finita se l' uomo si lasciasse vincere dagli
inevitabili attacchi dell' avversa fortuna.
Tempo fa assistetti a una scena pietosa, ma significativa e
istruttiva insieme. Andava su una strada assolata e polverosa,
con la bisaccia sulle spalle, uno dei tanti stanchi viandanti, il
quale, d' improvviso, era travolto da un cavallo infuriato.
Restava a terra per un poco, come tramortito. Dopo si rialzava,
si spolverava, riprendeva, con la bisaccia e il bastone,
rassegnato il cammino.
Ecco come va intesa e presa la vita, specialmente quando si è
giovani.
GIOVANNETTI
Domani sera, quindi, senza ricorrere ad altri esempi, verremo a
prenderti, e andremo insieme alla festa in casa del giudice
Pennacchietti. Ti aspettano.
(Ripete con lentezza e in modo significativo)
Hai inteso? Dai Pen..nac..chiet.. ti. Ed eleveremo ancora una
volta, nel brio delle danze, il canto del tuo poeta gaudente.
FRANCESCO
La barca si può riparare, il caduto può rialzarsi, i campi,
distrutti dalla grandine, possono tornare, con nuovo lavoro,
rigogliosi, ma la tomba, una volta chiusa, non si riapre più
alla luce del giorno.
GIOVANNETTI
E' vero, ma al superstite resta sempre il dovere di sopravvivere,
per le superiori leggi dell' esistenza.
FRANCESCO
Ciò che farò.
PARENZI
Benissimo. Allora a domani sera.
(Gli amici, salutato con allegria Francesco, se ne vanno).
FRANCESCO
A domani sera!
(Dopo essere stato per un poco raccolto in sè stesso, ripete)
A domani sera!
(Rientra Pacifica)
SCENA QUINTA
FRANCESCO
Sempre buona, questa cara Pacifica e sollecita per il suo povero
Checchino. Ma che povero! Povero è colui che non sa ribellarsi
in tempo alle umane vanità... Non è vero?
PACIFICA
Saggio è il tuo parlare. Vorrei però che considerassi con
uguale saggezza lo stato di tuo padre e il tuo dovere di figlio.
Sempre fermo nei tuoi propositi?
FRANCESCO
Fermo più che mai, come ho detto al babbo. Non è più possibile
uscire dalla fiamma che sempre più m' avvince, m' ilumina, mi
riscalda. Presto lascerò questa casa e questa cittadina, che
nella sua bellezza, nel suo fascino, m' ha visto e mi vedrà
ancora per poco folleggiare nelle giovanili follie. Ma a queste
follie seguirà, inesorabilmente, l' espiazione più severa, in
uno dei più severi Ordini Religiosi.
PACIFICA
Sempre quello dei Passionisti?
FRANCESCO
Sì.
PACIFICA
E dove andrai?
FRANCESCO
Dove, secondo la Regola, mi manderanno. Se mi fosse consentito,
sceglierei un Ritiro che è nella terra aprutina, verso la
montagna, lontano dalle passioni del mondo. Ritiro che ha, per
quanto mi è stato detto, da un lato, con la cima sempre bianca
di neve, il Gran Sasso d'Italia; dall' altro, più lontano, l'
azzurro mare. Tra i monti e il mare valli verdi e profonde; fiumi
freschi d' acqua, con il loro perpetuo canto; colline ricche di
vegetazioni; boschi fitti d' abeti, carichi di leggende, già
rifugio, come nei nostri boschi, di eremiti, di santi.
In una di quelle foreste ebbe a vivere la più giovane delle
anacorete, la più ascetica delle beate: Santa Colomba.
Là appunto, dopo il noviziato, vorrei andare, per vivere la mia
vita di penitente.
PACIFICA
E per diventarvi santo, è vero?
FRANCESCO
Per amor di Dio, non mi attribuite aspirazioni che il solo
pensarle costituiscono una profanazione. Io non sono che un
miserabile peccatore, bramoso dì redenzione. Se andassi all'
Isola, così si chiama il Ritiro, vi vorrei però vivere in modo
tale da far ricordare, dopo la mia scomparsa, e scomparirò
presto, la mia giovinezza angustiata.
PACIFICA
E giacché, per farti religioso, ci vuoi proprio lasciare,
per la mia gioia, per la tua grandezza, ti voglio immaginare
santo. Voglio immaginare quel Ritiro, dopo la tua scomparsa, meta
ansiosa di fedeli, per venerare la tua tomba, per implorare le
tue grazie.
FRANCESCO
Già, come si va, nella vicina Assisi, alla tomba di San
Francesco.
PACIFICA
Allora siamo d accordo.
FRANCESCO
Sì, siamo d' accordo, e per farvi contenta dirò di più: dirò
che vorrò essere: il Santo della giovinezza.
PACIFICA
Benissimo, e con quale nome?
FRANCESCO
Di Francesco, no. Vi sono già santi di tal nome e grandi.
PACIFICA
E allora?
FRANCESCO
Vediamo.
(dopo di essere rimasto un po' pensoso)
Ah! Ho trovato.
PACIFICA
Sentiamo.
FRANCESCO
Gabriele! Il nome che ricorda, come uno sprazzo di luce, il
messagger divino.
(dopo altra pausa, con voce umile)
Non continuiamo oltre, Pacifica, su questo scherzo, che sa di
peccato.
Io non aspiro che d' osservare, d' ora innanzi, per la mia
salvezza, con scrupolo, i cristiani insegnamenti, di celebrare in
raccoglimento il nome dell'Altissimo. di venerare in purezza
l'Addolorata, mia celeste patrona, che riempie di luce e di
dolcezza la mia vita.
PACIFICA
Sei già sulla buona via...
FRANCESCO
...della salvazione. Non ti nascondo, però, che da qualche tempo
strane visioni, come sogni, si succedono nel mio spirito, acceso
di cielo. Avvengono fatti nella vita che gettano luci, nel
mistero che la circonda.
PACIFICA
Raccontami qualche cosa di queste visioni.
FRANCESCO
L' altro giorno, nel bosco dalle innumerevoli voci, un delizioso
assopimento avvolse l' animo mio commosso. In quell'assopimento
mi parve di vedere un carro infiorato, con una sacra urna, che
muoveva dal chiostro fatidico, seguito, come in processione, da
Passionisti e da gente numerosa. Lungo il cammino altra gente
accorreva a far ala al carro, a venerare l' urna. E andava il
sacro carro; andava lento, solenne tra le valli, i poggi, la
campagna fiorita della primavera in festa. Andava il carro, colmo
di fiori, sorvolato da angeli in festa, dalla montagna al mare.
Il sole scendeva, splendido, in un fuoco di gloria. Calava la
notte. Giovani e fanciulle apparivano, come d' incanto, con
fiaccole accese, a folte schiere, dietro, ai fianchi, avanti al
carro, nella marcia gloriosa. E musica s'udiva nella notte e
canti. E cantavano: presso il carro il clero; nelle siepi gli
usignuoli; sulla strada le fanciulle; nell' aria gli angioli
melodiosi.
Un Passionista in mitra, dall' aspetto serafico, accompagnava il
carro, della sacra urna, nel cammino luminoso.
In quell' apoteosi si sentiva vibrare l' anima di popolazioni
sterminate in tutta la sua meravigliosa, profonda fede.
PACIFICA
Mi hai toccato, con la tua visione, il cuore.
Le visioni sono accese dal cielo, nella mente, nell' anima di
coloro che vivono in santità.
Ma chi c'era in quell' urna?
FRANCESCO
(come inspirato)
L'Angelo del Gran Sasso.
(S' ode una musica dolcissima, che sale dalla strada. Rimangono i
due in ascolto).
PACIFICA
(come in un risveglio)
L'Angelo del Gran Sasso!
(La musica continua, mentre)
CALA LA TELA
ATTO QUARTO
SCENA PRIMA QUADRO PRIMO
Nella stessa sala degli atti precedenti. Francesco e Pacifica
sono in conversazione.
FRANCESCO
Ecco, giunto l' ultimo giorno di schiavitù alle terrene
debolezze. Questa sera il sole tramonterà sulla mia vita, già
avida di piaceri, per risorgere domattina a illuminare la via d'
un penitente, avido di tormenti, in cammino verso il luogo della
sua espiazione.
Io non so se i pochi anni che dovrò ancora vivere siano
sufficienti alla mia redenzione. Molto questo dubbio m'affligge.
Ma voglio chiudere, a maggiore mortificazione, la mia vita del
secolo come la vissi. Tra poco, come sapete, vi sarà accademia
nel collegio dei padri Gesuiti. Io ne sarò, come al solito,
protagonista. Come mi sono vestito, con il vostro amorevole
aiuto, con particolare cura, così, in una particolare festosità,
vorrò essere perfetto in ogni atto, in ogni movenza, in ogni
manifestazione. L' addio al mondo dovrà essere degno della vanità,
alla quale questa sera darò degna sepoltura.
PACIFICA
Non so che dirti, figliuolo. E' sempre il Signore padrone delle
nostre azioni. Domani, però, il cuore d' un padre sventurato sarà
inondato di nuove lagrime, questa casa avvolta di nuove ombre. Ne
sarà partito per sempre colui che, con la gioiosa giovinezza, ne
teneva accesa la luce, aperto il cuore alla speranza.
Anche il cuore d' una fanciulla, che si pasceva di sogni,
sanguinerà dinanzi al duro risveglio.
FRANCESCO
Pregherò pure per lei. Ognuno deve camminare, nei tanti doveri
umani, sulla via che Iddio, di volta in volta, assegna a
ciascuno.
(Arrivano e entrano, senza preavviso, i soliti amici. Pacifica
s'allontana).
SCENA SECONDA
PARENZI
"Quant' è bella giovinezza"...
Oh! Oh! Non hai perduto tempo e ti sei vestito come s'andassi a
nozze. Sempre sorprese ci prepara il nostro «arbiter elegantiàrum».
Vieni qui alla luce; vediamo: abito nuovo di zecca, ultima moda;
candido camicino con ricche pieghe; farsetto attillato a vita;
con borchietta dorata al petto, guanti bianchi, finissimi,
scarpe, una meraviglia, discriminatura dei capelli, perfetta.
Aggiungiamo a tutto ciò la naturale avvenenza, dobbiamo dire:
poveri noi!
Troppo con il tuo splendore ci offuschi.
FRANCESCO
Avete ragione. Questa sera ho un po' esagerato e vi chiedo venia.
D' ora innanzi, e ve lo prometto, altri saranno i miei abiti,
altra la mia condotta, altre le mie ambizioni.
GIOVANNETTI
Noi scherziamo. La nostra ammirazione per te è sempre viva,
senza ombra d' invidia. Questa sera applaudiremo, con tutto
l'entusiasmo, il magnifico, musicale dicitore
FRANCESCO
Farò il mio meglio.
GIOVANNETTI
Ne siamo sicuri. Conosciamo la tua bravura. Ancora una volta, tua
sarà la gloria; a noi... le bricciole.
FRANCESCO
Vi sarà gloria per tutti, se si dovrà parlar di gloria.
PARENZI
Speriamo. Ma è ormai tempo d' andare. L'ora della grande prova
si avvicina.
Ci raccomandiamo, Checchino, amico nostro e dei più begli anni:
abbi pietà di noi!
(Escono canticchiando qualche motivo di romanza. Poco dopo
entrano Sante e Pacifica).
SCENA TERZA
SANTE
Nonostante i miei molti anni e la lunga esperienza, non sono
ancora riuscito a comprendere questo benedetto figliuolo. Muta a
ogni momento come muta il tempo, come muta la fortuna. Ora buono,
remissivo, affettuoso; ora irascibile, impetuoso, ribelle. Ora,
nella pace dei boschi, amante di solitudine e di silenzio; ora,
nel tumulto della città, desideroso di ballo, di teatro, di
chiasso.
In questo momento offre ancora una volta la prova del suo
bizzarro carattere. Nel mentre sta per partire, per la più dura
clausura, povero come San Francesco, partecipa, lussuosamente
vestito, a una festa di mondana giocondità.
PACIFICA
Con la sensibilità di donna, credo di indovinare ciò che arde
nello spirito di questo prodigioso ragazzo. Ho il presentimento
che il più amante delle terrene gioie, debba, col tempo, far
parlare di sè, come i grandi santi, usciti vittoriosi dal fuoco
delle umane passioni.
SANTE
Se il cielo vuole così, mi rassegno al mio destino non benigno.
Ora vado, mia buona Pacifica; vado ad assistere, con un non so
che di turbato nell' animo, a questa ultima rappresentazione.
(Esce).
SCENA QUARTA
PACIFICA
(Rimasta sola, si mette a sfogliare anche lei, melanconicamente,
l' albo di famiglia. S' ode dopo poco bussare alla porta ed
entra, in visita, un' amica, Chiara, un po' ciarliera; tipo di
vedova briosa).
CHIARA
Grande festa oggi a Spoleto. Da giorni molto si parla di questa
rappresentazione che sta per avere inizio nel teatro dei Padri
Gesuiti, e certo il vostro Francesco sarà, come sempre, l' anima
della festa, l' oggetto degli applausi. E' davvero bravo e bello
e non a torto le ragazze se ne innamorano, come se ne è
innamorata la graziosa Pennacchietti. Si parla d' un prossimo
fidanzamento.
PACIFICA
Chiacchiere. Vi è sì tra i due, una certa simpatia, ma niente
altro. Sono tanto giovani! Domani, poi, Francesco, accompagnato
dal fratello Domenicano, che verrà a prenderlo, partirà per un
lungo viaggio.
CHIARA
Domenicano! Che voglia farsi pure lui religioso... No, no. Non ne
ha proprio l' aria. Frequenta le chiese, è vero, con molta
devozione, ma ama, nella studiata eleganza, le festose compagnie.
Che ne dite voi?
PACIFICA
Che volete che ne dica! Spesso avvengono fatti tra noi esseri
terreni, che, a giudicarli superficialmente, possono sembrare
strani, ma che in effetto non lo sono.
Non si scende mai, mia cara, a scrutare in profondità nel
mistero del cuore dell' uomo, come non s' arriva mai a capire
quali siano le leggi che regolano gli eventi umani.
L'osservazione di questo albo produce in me le più melanconiche
considerazioni. Esso raccoglie, come in un santo campo, le
sembianze e le epigrafi dei caduti di questa famiglia, lungo il
cammino della vita.
«Beati quelli che se ne vanno!», si ripete ovunque, ma
mestamente. La verità è che le partenze, senza ritorno,
straziano sempre il nostro povero cuore.
CHIARA
E' proprio così e io lo so per dolorosa esperienza. Dopo certe
sventure si può ancora ridere, ma con le labbra, non più col
cuore. Povero Pippo!
E' bene, quindi, che i giovani godano, fin che è concesso a essi
di godere.
PACIFICA
E' giusto quel che dite, ma è pure inevitabile che i giovani,
nella loro sete dì godimento, sentano il bisogno di comprendere
la vita nel suo giusto valore.
CHIARA
E Francesco la vita la sa comprendere. E' così bello, così
buono, così bravo, così ammirato.
Beata Assisi che produsse nel suo giardino, quest'altro fiore di
delicata bellezza. E beata pure Spoleto che da molti anni lo ha
tra i giovani più simpatici e cari. Questo giovane, e facile è
il pronostico, molto, nel corso del tempo, farà parlare di sé.
Appartiene, senza dubbio, all'ordine dei predestinati. Da domani,
poiché se ne va, s'inizia per lui una nuova vita. Ma questo
viaggio col fratello lo fa per ragioni di studio: vero?
PACIFICA
Forse si.
CHIARA
Tornerà?
PACIFICA
Tornerà, ma non si sa quando.
CHIARA
O come mi dispiace... Ma tornerà, tornerà.
Non si possono cancellare dal cuore tanti gentili ricordi.
PACIFICA
Sarà quel che vorrà il Signore.
CHIARA
Mi dispiace, ma ora vi lascio poichè temo d'arrivare tardi alla
recita e non voglio davvero perdere l'occasione di passare la
serata in beatitudine.
(Esce un po' chiassosa. Esce pure Pacifica).
FINE DEL PRIMO QUADRO
INTERMEZZO
PROLOGO
(da recitarsi da bambina o da adolescente).
ANNA MARIA
(che entra sola, vestita di bianco, avvolta di luce).
Silenzio. Ascoltate. E' festa oggi a Spoleto. Non turbate, vi
prego, il mistico dicitore. Non un respiro s'ode, nella eletta
schiera degli ascoltatori, là, nel vicino teatro, ma s'ode la
voce musicale che con l' alata poesia, scuote, esalta, eleva ad
alti pensieri, a dolci sogni, a tenere speranze.
Non un respiro s'ode e nella fiamma dell' esaltazione declama, il
mistico. Declama sulle anime in ansia, sui palpiti del cuore.
Declama e mentre le ombre scendono, la voce s'attenua, si vela,
si spegne.
Si spegne la voce, cala il sipario sulla scena meravigliosa. Cala
il sipario su quella vita che, nel fior degli anni, nella
pienezza del sentire, lascia le miserie della terra, gli inganni
del mondo, per innalzarsi alle gioie serene, alle dovizie del
cielo.
Silenzio. Ascoltate. E' festa oggi a Spoleto. Non udite gli
applausi? Tra poco il Serafico sarà qui di ritorno per l' ultima
volta, per l' ultima lotta. Aspra lotta con le forze del male,
con il nemico tenebroso. E il Serafico, scosso da musica maliosa,
tentenna, si accascia, si rincuora, vede il baratro, l'inganno,
urla, si dispera. Si riprende, si rianima, reagisce, vince. Vince
il forte, contro le forze del male, l' ultima lotta. Vince per
divenire, dopo la briosa vita mondana, dopo l' ultima fiammata,
il santo dei giovani, l'Angelo del Gransasso, San Gabriele
dell'Addolorata.
Ed ora parlate. Preparatevi, intanto, anime gentili, a versare
qualche lagrima, su l'ultima scena, del mistico dramma.
(Si ritira. Rientra Pacifica con candelieri).
QUADRO SECONDO
SCENA QUINTA
CHIARA
(che tornando porta le prime notizie della recita, con enfasi).
Che spettacolo mia cara Pacifica. Ho assistito a un avvenimento
d' arte veramente eccezionale. Ha recitato quasi sempre il vostro
Francesco e ha recitato come un angelo. Sembrava nel declamare
che si sollevasse e con se sollevasse tutto l'uditorio. A ogni
fine di recita gli applausi scrosciavano con la forza d' un
uragano. L'Arcivescovo non si stancava di esprimere al signor
Sante, che gli sedeva vicino, la sua ammirazione.
Io sono uscita dal teatro, mentre il pubblico applaudiva ancora
con grande entusiasmo, per correre a darvi la notizia di un tanto
trionfo.
Che bravo, che bravo! Se ne farà certo un gran parlare. Peccato
che ci lascia... Ma tornerà... Vero che tornerà presto?
PACIFICA
Speriamo. Sia fatta la volontà del Signore.
CHIARA
(uscendo)
Ma tornerà... tornerà...
SANTE
(che entra poco dopo)
Vi era più del fantastico, in questa recita, che del reale. Non
era mai avvenuto a Spoleto, a memoria d'uomo, un simile
avvenimento d' arte. Il nostro Checchino, nel recitare, pareva in
possesso di facoltà celestiali. Lo stesso Arcivescovo, che
continuamente m' esprimeva la sua ammirazione, ne era commosso.
Il teatro affollato come mai, delirava.
Prima che il sipario scendesse, quando pareva tutto concluso,
all' invito fragoroso degli ascoltatori, ancora una volta, questo
figliuolo, appariva sulla scena, bello come un angelo. Aveva
riservato, per ultimo, uno dei canti più alti, uscito da mente
umana: la sublime visione del poeta altissimo. Divino il canto,
divino pareva, nella fiamma dell' estasi, il musicale dicitore.
L' uditorio, in estasi anch' esso, era elevato alle stesse sfere
della visione luminosa.
Ben ho compreso che cosa, con quel canto, il nostro Francesco,
abbia voluto dire.
PACIFICA
Senza dubbio, domani all' alba il nostro Checchino se ne andrà,
per non più tornare. Tutto è pronto per la partenza. Ombre
mistiche scenderanno tra poco, inesorabilmente, ad avvolgere la
fiammata che ha illuminato il tramonto delle sue vanità terrene.
Ma dove è rimasto?
SANTE
Con gli amici, che non cessano d' applaudirlo. Ma tra poco sarà
qui.
(Si avvia verso uno finestra per vedere se torna Francesco, il
quale rientra accompagnato dall' amico Parenzi.
SCENA SESTA
PACIFICA
(andandogli incontro)
Bravo, bravo il nostro artista. Gli applausi, alla tua valentia,
sono giunti sin qui. I Possenti, Assisi e Spoleto, possono essere
di te orgogliosi.
PARENZI
Trionfo senza precedenti, che ha offuscato sempre più le nostre
modeste persone.
FRANCESCO
Ciò che non più avverrà. Non scenderò più dall' altezza in
cui, la benignità del caso, questa sera, mi ha collocato. Un
nuovo tentativo se fallisse mortificherebbe me, deluderebbe i
benevoli ascoltatori.
PARENZI
Nùn fallirebbe, no. Ormai, per la vigoria raggiunta, per il
genio in fiamma, per il cuore in palpitazione, la tua marcia è
sicura sulla via dei trionfi. Tu agevolmente salirai nell' olimpo
di coloro che lasciarono, sul loro passaggio, fasci di duratura
luce. A noi non rimarrà che il vanto di essere stati tuoi
compagni di sogni e di giovinezza, senz' altra speranza che di
ricevere un poco della tua luce, come la luce che gli opachi
pianeti ricevono dalle stelle luminose.
FRANCESCO
Luce di meteora, non è vero, padre? La mia non è stata questa
sera che una fiammata, nel mondo delle illusioni.
SANTE
Vorrei che, per la mia e l' altrui gioia, non fosse così. Ma
rimettiamoci al destino, se vi è destino.
Vado, miei ragazzi. Vado, per lasciarvi liberi, nelle vostre
discussioni.
(Sante si alza e se ne va, seguito da Pacifica).
PARENZI
Trovo questa sera un poco curiosa la tua condotta, strana la tua
reticenza, oscure le tue parole. Mentre in apparenza il tuo viso
ride, si sente come una tempesta rumoreggiare in fondo al tuo
animo. Parla, parla con franchezza al tuo amico di tutti i
segreti, di tutte le ore.
FRANCESCO
Qualche cosa di nuovo, in verità, si agita in me, che m'induce a
riflettere sul passato. Però, e ciò mi è di conforto, se sin
dall'infanzia mi sono lasciato vincere dall'ira; se ho sempre
rintuzzata la violenza con la violenza; se troppo ho amato i
godimenti, ho d'altra parte avuto pietà per i miseri, pane per i
poveri, lagrime per gli sventurati, preghiere per il Creatore.
Se i poeti della festosa giovinezza riempivano, con i loro canti,
di sogni, di tenerezze, di sospiri il mio adolescente animo, ho
pure ascoltato, con raccoglimento, i cantori della fede, delle
sventure, del dolore. E ho bene inteso, dopo la scomparsa di
Maria Luisa, che:
"Umana cosa piccol tempo dura"
e sono rimasto pensoso, smarrito su
"L' infinita vanità del tutto".
E oggi piango sul tempo consumato a correre, in affanno, dietro
alle ingannevoli chimere.
PARENZI
Questo tuo improvviso mutamento turba non poco il mio spirito,
che si inebria ancora di festosità.
Che cosa intendi ora di fare?
FRANCESCO
Partire, andare lontano, cambiar vita.
PARENZI
Partire? Ma tu scherzi.
FRANCESCO
Parto, parto, amico. Giunta l' ora, non vi è forza terrena che
possa arrestare sull' uscio la morte; che possa impedire al sole
di sorgere, alla luna di tramontare.
L' alba di domani, in forza della mia volontà, mi coglierà in
cammino verso mia nuova meta. Andrò con il mio sacco in ispalla,
come vanno le anime afflitte, in cerca di pace.
PARENZI
Sembra una favola. Partire così, quasi di nascosto, come un reo,
senza parlarne agli amici.
E alla Elisa hai detto niente?
FRANCESCO
No. Nel salutarla poco prima, mosso da tenerezza, le ho
sospirato: - Ci rivedremo domani. -
Della bugia pietosa ho già chiesto perdono a Dio.
PARENZI
E quando tornerai?
FRANCESCO
Non so. Il Signore, d' ora innanzi, guiderà i miei passi,
regolerà i miei atti.
PARENZI
Allora non più: "Quant' è bella giovinezza".
FRANCESCO
Addio giovinezza. Giovinezza che va, che passa come meteora nel
cielo degli inganni, delle fallaci promesse.
Cosa resta, amico, dei nostri anni vissuti alla ricerca ansiosa
dei godimenti? Dimmi, potevo io prendermi più divertimenti e più
spassi di quelli che mi son preso nel secolo? Orbene, cosa ne
trovo? A te lo confesso, non altro che amarezze, timori e
affanni.
PARENZI
Le molte letture ti hanno confusa la mente. Perdona la mia
franchezza. A diciotto anni, e lo ha detto un grande filosofo, si
deve pensare, non alle elucubrazioni riservate alla matura età,
ma a godere in pienezza la vita.
FRANCESCO
Ecco il grande errore, che conduce alla perdizione. Anch'io, sino
a poco tempo fa, ho ragionato così, senza considerare che l'
uomo è come l' acqua che passa, come un' ombra che si dilegua,
come l' immagine d' un sogno notturno. Son pochi giorni che una
sorella era tutto fiore di beltà, tutto vigore di sanità, ed
ora?
Per sentire meglio la povertà della vita e la grandezza del
cielo occorre salire, amico, in una notte calda di stelle, in
alta montagna, ad ascoltare, nel silenzio, la voce, il canto
divino dell' universo.
PARENZI
Non ripeto quanto su questo argomento ebbi a dire. Non comprendo,
a ogni modo, perché non si debba più credere alla vita, che è
l' opera più viva, meravigliosa, perfetta del Creatore. Vi sono
le sventure, i dolori, la cattiveria, è vero, ma ciò rientra
nell' ordine universale dei contrasti inevitabili.
La bellezza, inoltre, che tu credi di scoprire nell' infinito,
fuori di noi; la musica che a te sembra che discenda con le sue
melodie dalle stelle, sono invece in noi, nel nostro cuore, nella
luce della nostra anima.
Può darsi che corrisponda a un qualche alto fine l'astinenza dei
religiosi che vivono chiusi nei conventi, o degli anacoreti che
soffrono nelle solitarie nude caverne, ma a me sfugge il
significato di questi fini, il valore di questi sacrifici.
La religione, nostro sacro patrimonio, non deve indurre alla
diserzione dal grande campo dell' umana operosità.
Questo io comprendo, a questi principi io ubbidisco.
FRANCESCO
No, non è così.
PARENZI
Si, è così. Tu amico, nel visitare i boschi, i conventi, i
romitaggi, ti sei un po' ammalato. Hai bisogno di cambiar aria.
Va pure. Va, come in una cura, a vedere nuove contrade, nuova
gente, nuove bellezze e torna guarito. Torna ai sogni, ai canti
della giovinezza.
Verranno, verranno pure per noi i giorni tetri dell'inverno.
FRANCESCO
Tu non vedi che con gli occhi offuscati del corpo; io invece con
gli occhi sereni dello spirito. Ecco la differenza. Non ci
possiamo, quindi, più capire.
Tu, mio buon Pietro, parli di diserzione. Sì, possono essere
considerati disertori coloro che, in un penoso smarrimento,
passano al nemico, ossia alle forze del male: ma non coloro, i
quali, in una superiore visione, entrano a far parte diretta dei
servi di Dio.
Non tutti, non vivendo nella grazia del Signore, vedono la luce
che sorge e si diffonde, per la conquista del bene eterno, dai
templi, dai conventi, dagli stessi spechi degli anacoreti.
Verrà forse giorno in cui, anche nel tuo animo, sfolgorerà,
piena, la luce della verità.
PARENZI
Ben venga questa luce, quantunque, e tu lo sai, è tutt'altro che
debole in me il sentimento religioso. Però, e questo è certo,
domani Spoleto farà le sue meraviglie, quando saprà la tua
partenza, appena dopo un trionfo artistico, e le ragioni da me
chiaramente intuite.
Checchino in convento...
FRANCESCO
E' la forza degli eventi. Ma non ti nascondo, mio buon Pietro,
compagno sempre caro degli anni di spensieratezza, che nel
lasciare tanti amici, i monti, i boschi, i luoghi gentili e
sacri, dai quali giunsero al mio spirito voci nuove, mi sento
pungere il cuore da un' infinita malinconia.
(Dal di fuori sale d' improvviso le insidiose melodie d' un
notturno. I due si guardano meravigliati e commossi. Dopo una
pausa, tentennando il capo)
La voce del mondo viene a tentarmi ancora, Pietro, con uno dei
suoi più pericolosi linguaggi.
PARENZI
Ascolta, ascolta, Checchino, la voce che invita ad amare la vita.
La vita è bella.
FRANCESCO
Sì, è bella...
PARENZI
Su coraggio.
FRANCESCO
(molto agitato).
Bella nel sacrificio. Ed ora amico...
PARENZI
Me ne debbo andare?
FRANCESCO
Altri doveri m'aspettano.
PARENZI
E agli altri amici che debbo dire?
FRANCESCO
Che ci rivedremo, ci rivedremo...
(I due s' avvicinano verso l' uscita. Sulla soglia, nel
separarsi, s' abbracciano, si baciano, commossi).
Addio! Addio!...
(Si riode il notturno, sospeso per un momento. Francesco, rimasto
solo, torna dinanzi al ritratto della mamma, molto turbato,
quindi si avvicina alla finestra, con le braccia incrociate.
Resta in ascolto. Si asciuga qualche lagrima. S'abbandona poi su
una poltrona e piange. Rientra Pacifica. Il notturno tace per
poco).
PACIFICA
(andandogli vicino e scuotendolo dolcemente).
Tu piangi, Checchino.
FRANCESCO
Debolezza della carne. D'altra parte è umana la mestizia,
determinata dalla partenza, non confortata dalla speranza del
ritorno.
PACIFICA
Come, non più tornerai?
FRANCESCO
Chi sa. Ma.... Ma voi mi ricorderete, mia buona aja? Ricorderete
chi con la sua irrequietezza, la sua vivacità, i suoi capricci,
teneva a rumore la casa? Mi ricorderete, certo, e anche
pregherete per me. Ho tanto bisogno, per la mia salvezza, della
preghiera delle anime buone.
La vostra immagine, come quella della mamma, come quella di Maria
Luisa, m' accompagnerà lungo il cammino della penitenza.
Confortate il genitore...
(Pacifica ascolta in raccoglimento. Vinta poi dalla commozione,
piangendo s' allontana. Si riode, intanto, il suono dell'
insidioso notturno; suono che sembra scuotere sempre più l'
animo turbato di Francesco. Va ancora su e giù per la scena; si
ferma ancora, come per invocarne l' aiuto, dinanzi al ritratto
della madre. S' ode pure, come voce di Dio, i rintocchi d'una
campana. A questi rintocchi, come riacquistando la padronanza di
sè, con voce vibrata, conclude)
No... no... forze oscure del male non più mi vincerete!
(Alzando, poi, le mani e gli occhi al cielo)
Signore sono con te.
(Si riode ancora il notturno e il suono della campana, come in
lontananza. Una luce, come d' aurora, avvolge Francesco e il
palcoscenico).
F I N E
EPILOGO
La mattina del 6 settembre del 1856 partiva da Spoleto una
diligenza, diretta verso l'Adriatico. La campagna, ricca di
frutta, imbiancata appena dall' alba, irrorata di rugiada,
giaceva ancora nel silenzio. Si vedeva soltanto, qua e là,
qualche contadino, che vigilava sul prodotto del suo lavoro,
prossimo al raccolto.
I passeggieri, che riempivano la vettura, assonnati, erano
raccolti in sè, nei loro pensieri, nella mestizia che infonde
ogni partenza.
Proprio in quella vettura aveva preso posto, con il fratello
domenicano Luigi, Francesco Possenti, il più gaio dei giovani,
l' arbitro della eleganza, colui che sembrò aver trascorsa la
fervida adolescenza nella gentile Spoleto, in feste, in chiasso,
in terreni godimenti. Ma quel giovane la sera avanti, sul
palcoscenico del teatro dei Gesuiti, sul quale era comparso
lussuoso nell'abito, bello nella persona ed era stato magnifico
nella recitazione, dopo una crisi spirituale, aveva dato un addio
agli inganni del mondo, alle vanità mondane. E su quella strada
silenziosa, mentre la vettura correva e i ricordi si affollavano
nel suo spirito commosso, altre luci, di ben altro valore,
s'accendevano a illuminare la vita, verso la quale andava pieno
di fede e di speranze. Vita che doveva essere per lui, nel rigido
Ordine dei Passionisti, prescelto a Bitiro, aspra di penitenza,
dura di sacrifici, dolce di preghiera. E sin dai primi giorni,
fedele a questi proponimenti, nel convento di Morrovalle,
assegnato per il suo noviziato, colpiva i confratelli e superiori
per lo zelo, la scrupolosità, la rigidezza con cui osservava le
Regole, già in sè dure, del severo Ordine. E superava la prova
tormentosa della iniziazione, vestito di ruvidi panni, con tale
serena giocondità da gettare fasci di calda luce sulla via che
lo conduceva alla santità. E santo si dimostrava, dopo la
fastosa vita mondana, nei pensieri, nei sentimenti, negli atti di
pietà, di umiltà.
Dopo i primi voti, che già lo trasfiguravano celestialmente da
Morrovalle, era mandato a Pievetorina, per completarvi, nelle
diverse discipline, la cultura, poiché, secondo quanto egli
stesso affermava: «Non si può lavorare nella vigna del Signore,
senza avere conquistato un buon corredo di santità e di dottrina».
E studiava, studiava non soltanto per sapere, ma anche per
rendersi idoneo a insegnare agli altri la sicura via della
salvezza.
Ma i digiuni, le penitenze, le notturne veglie, il fervore nelle
preghiere, lo studio non potevano non logorarne la salute. Non si
può, col tempo, non rimanere consumato dal fuoco che arde,
nell'anima, con troppa vivida fiamma. E Francesco Possenti,
uscito vittorioso dalla lotta con le maligne forze delle tenebre,
correva davvero, fresco ancora di anni, verso la vita luminosa
dell'eterno godimento.
In seguito i Superiori, per allontanarlo dai rumori e dai
pericoli di gravi eventi politici, e per la sua scossa salute,
ritennero di trasferirlo, da Pievetorina, al solitario convento
dell'Isola del Gran Sasso.
Quando vi giunse, con il nome di Gabriele dell'Addolorata, il 10
luglio del 1859, in una splendida giornata di sole, sentì e se
ne commosse, che in quel piccolo mistico mondo, adatto al suo
spirito assetato di poesia, cantavano, in una divina armonia, e
monti, e valli, e alberi, e acque. E in quella pace, nelle sere
tenere di ombre, in un soave rapimento, saliva, con lo spirito, a
godere, a cantare, la grandezza del Creatore, lo splendore della
divina Madre.
E in quel cielo, in quell'aria purissima, in quei boschi sacri,
lavando, con le dure macerazioni della carne, le colpe, di cui si
riteneva macchiato, rappresentate in questo dramma dell'anima,
conquistava la santità.
E si spegneva, consunto dalla propria esaltazione, il nato di
Assisi, il «princeps iuventntis» di Spoleto.
Si spegneva, ma per accendere all'Isola un faro luminoso di
conforto e di guida alla smarrita, tormentata umanità.
Si spegneva l'Asceta a ventiquattro anni, ma per risorgere Santo
della giovinezza, e, secondo la sua visione, Angelo del Gran
Sasso d'Italia.
UMBERTO ADAMOLI
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