La lettera che pubblichiamo tra le moltissime altre pervenute
sullo stesso argomento, è l'espressione di uno stato d'animo
mosso dal fervore di sentimenti nobilissimi, di pure idealità
cui va reso il tributo d'incondizionato omaggio. Se lo scritto
pubblicato su Le Forze Armate avesse lasciato il Corpo
indifferente dovrebbe essere in ciò più motivo di scontento che
di soddisfazione.
Che tale indifferenza non fosse possibile ce lo rivela questa
replica appassionata, mostrandoci tutta intera e schiettissima la
nobiltà dei suoi moventi e la natura fieramente soldatesca di
essi, la forza e la sanità di uno spirito di corpo che deve
essere considerato, sopra tutto, come un patrimonio prezioso da
conservare e non da disperdere.
Perciò pubblichiamo la lettera, bene augurandoci che il
significato di tale documento non sfugga all'alta considerazione
di chi può tenerne il meritato conto.
Ill.mo Sig. Direttore,
Nel vedere nel numero de "Le Forze Armate" il nome
della R. Guardia di Finanza, scritto a caratteri bene visibili ed
in prima pagina, un sospiro di sollievo emettevano i soldati
gagliardi e fedelissimi dalle fiamme gialle. Finalmente dalla
nuova stampa militare si parlava di loro, forza armata tutt'altro
che trascurabile o da trascurarsi. Ritenevano, però, che dopo
due secoli della più pura italianità e del più puro valore,
tanto da essere definiti dalla storia - "Uomini arditi dalla
risoluzione pronta e dall'impeto audace; truppa salda, dal cuore
fermo nel pericolo, forte nelle privazioni, sereno nel
sacrificio" - si parlasse di essi con altri propositi e con
altri intendimenti, in ben altro modo, per giungere a ben altre
conclusioni.
Non è che se ne sia parlato male, tutt'altro. L'articolista ha
talvolta avuto buone parole e lodi, ma le une e le altre sono
sembrate un po' il canto delle sirene. Dopo i fiori ad un tratto
si usano le spine, e, con le spine, tanto per seguire forse una
corrente di questi giorni, affermazioni molto superficiali e
giudizi completamente errati. Si è voluto fare il confronto con
l'ordinamento e con le attribuzioni in pace ed in guerra con
l'Arma dei RR.CC. - Non vi è altro di più errato! I
carabinieri, nei secoli fedeli e nelle loro secolari benemerenze,
sono carabinieri: i finanzieri, nei secoli purissimi italiani e
nelle loro non meno secolari benemerenze patrie, sono finanzieri.
Gli uni e gli altri quindi non sopportano confronti.
Non si comprende poi la distinzione che si tenta di fare del
servizio d'istituto dei due Corpi. I Reali Carabinieri avranno
una legge d'ordinamento, ma anche i finanzieri hanno la loro
legge d'ordinamento, che nel concetto istitutivo, nell'articolo
primo, dice:
"Il Corpo della R. Guardia di Finanza ... fa parte
integrante della forza pubblica e delle forze militari dello
Stato ed è deputata a:
a) impedire ecc.
b) concorrere alla difesa dell'ordine e della sicurezza pubblica
e, in caso di guerra alle operazioni militari".
Non è quindi da porre in dubbio, sino a quando le leggi hanno
ancora un significato e rappresentano ancora un valore, le
attribuzioni militari delle Guardie, in virtù appunto della loro
legge costituzionale, attribuzioni non volute, non strappate da
vuota ambizione e da inutile vanità, ma promosse, ma meritate
spargendo nei secoli e nei giorni del tormentoso lavorio per
l'indipendenza e per il riscatto nazionale, nelle sommosse e sui
campi della gloria, copioso e prezioso sangue.
E' molto arbitraria l'affermazione della maggiore o minore
capacità ed idoneità militare degli Ufficiali degli uni su gli
Ufficiali degli altri. L'articolista, evidentemente, ignora o
dimostra di ignorare non tanto la scuola per gli Allievi
Ufficiali, quanto il programma vasto e severo che in essa scuola
si svolge e gli studi che si compiono sulle materie e sulle
dottrine militari; ignora o finge d'ignorare la partecipazione,
almeno sino ad oggi, di questi Ufficiali con risultati ottimi, in
quasi tutte le scuole militari, quella di guerra non esclusa;
ignora o finge d'ignorare i reparti d'istruzione, con preminente
insegnamento militare, ove questi Ufficiali, con opportuno
avvicendamento si tengono bene al corrente e bene addestrati,
anche nelle innovazioni nella nobile arte delle armi. Molte cose
vuole ignorare, non ultima la partecipazione, dei finanzieri nel
modo più perfetto organicamente costituiti in battaglioni, al
Comando di propri Ufficiali, in quasi tutte le esercitazioni di
una certa importanza ed in tutte le manovre. E che dire delle
manovre coi quadri?
Non si sa se si possa dire altrettanto per gli Ufficiali dei
RR.CC. né si sa se il programma militare, da ritenersi completo,
non per una buna ma per un'ottima preparazione alla guerra,
potesse subire, nel caso dell'incorporazione della Guardia
nell'Esercito, variazioni.
La R. Guardia di Finanza non ha forza in congedo? Non esiste per
essa mobilitazione? Non si spiega dove l'articolista abbia potuto
raccogliere tali notizie. Se egli si compiacesse di esaminare,
oltre il regolamento organico, la legge d'ordinamento del 14
Giugno 1923, e propriamente l'art. 8, ne sarebbe ben
disingannato.
E' vero che i carabinieri non mobilitano reparti organici, e che
il solo reggimento inviato nell'ultima guerra, per esigenze del
loro speciale servizio, dopo la sanguinosa azione sul Podgora, fu
scelto; ma non altrettanto può dirsi ed affermarsi per la R.
Guardia di Finanza.
Entrava essa in guerra con ben 18 Battaglioni e con ben altri
risultati. Sarebbe troppo lungo, anche a voler giudiziosamente
riassumere, farne qui la storia, e rammentare i gloriosi episodi
e le gloriose pagine di ardimento e di valore. Non è fuor di
posto, però, tanto per non fare soltanto chiacchiere, la
citazione di tre giudizi, emessi da tre autorità diverse, in tre
punti diversi e lontanissimi del campo di battaglia, nell'ultimo
anno di guerra.
Il Generale Cangemi nelle Alpi del Trentino, rivolgendosi ai
militari della Guardia in un ordine scritto diceva:
"Nell'accomiatarmi da voi sono fiero di accompagnare alla
parola di saluto la espressione del mio compiacimento e della mia
gratitudine per l'intelligente cooperazione.
Forti e vigili scolte di questi passi alpini, così oggi al IV.
anno di guerra, come al primo giorno, che non domi dai lunghi
disagi delle trincee deste volontari ad ogni impresa nella quale
si chiedesse di osare".
Nel medesimo tempo, nel basso Piave, il magnifico principe
guerriero, S.A.R. il Duca d'Aosta, nel concedere sul campo la
medaglia al Comandante del 7. Battaglione, tra l'altro scriveva
al Comando Generale:
"L'alta ricompensa è degno riconoscimento del valore dei
reparti della R. Guardia di Finanza, che sempre nelle giornate più
aspre furono degni compagni dell'eroismo e dei sacrifici delle
migliori truppe della III. Armata".
Non delle truppe, si noti, ma delle migliori truppe! E' l'altro
giorno lo stesso Augusto Principe scrivendo ancora al Comando
Generale diceva "Ho sempre presente il tributo di sangue da
esse dato alla Patria e la devozione onde sul Carso e sul Piave
militarono nella mia III. Armata".
Il Generale Ferrero, in Albania, dopo di avere emanato a tutto il
16. Corpo di occupazione, un entusiastico ordine del giorno per
l'opera eroica compiuta in difficili contingenze dalla R. Guardia
di Finanza ai suoi ordini, telegrafava al Comando Generale:
"Nella relazione che invierò al Comando Supremo risulterà
contegno ammirevole tenuto durante recenti operazioni guerra dal
16. e dal 18. Battaglione Finanza.
Sono lieto intanto segnalare alla S.V. mia viva soddisfazione
opera compiuta da suddetti Battaglioni".
Nessuno mai ha posto in dubbio l'opera energica e fedele dei
Carabinieri Reali, prestata nella recente guerra nell'interno del
territorio nazionale, e, nell'ampia fronte, nell'intrico dei
camminamenti, nelle vie a tergo degli operanti, negli
alloggiamenti di riposo, presso i magazzini, la medaglia d'oro
concessa alla loro Bandiera consacra questi indiscussi meriti.
Nessuno, mai, però, potrà attenuare l'opera fervida e gloriosa
compiuta ovunque sempre, non nelle retrovie, ma sulla linea del
fuoco e dell'onore, in difficile cimenti ed in difficili
contingenze, dai Finanzieri d'Italia. I documenti e la storia
dovranno pure ancora avere un valore, dovranno pur servire ancora
a qualche cosa!
E' vero, entro la struttura dell'Esercito mobilitato ed operante,
come un po' stranamente afferma l'articolista, non sono
contrabbandi da impedire né contribuenti imboscati da scoprire;
ma di fronte a questo Esercito vi è un nemico minaccioso contro
il quale, non gli uomini, miseri atomi in continua
trasformazione, ma le cose belle eterne superiore, ma la Nazione,
l'Italia, la Patria in pena ed in pericolo invoca in sua difesa e
per la sua salvezza, i suoi figli migliori, tra i quali i
gagliardi soldati delle sue frontiere.
Ma nella rapida risposta, che non spera pubblicazione, ma spera
seria ponderazione da parte di coloro che troppo affrettatamente
giungono a giudizi non esatti, è ora di concludere, non senza
rivolgere però a questi Signori una viva raccomandazione. Prima
di accingersi nuovamente a trattare un argomento così delicato
ed importante cerchino di conoscere un po' di più e un po'
meglio la storia di questo Corpo davvero magnifico. Essi molto
potrebbero apprendere da questa storia, e vi troverebbero pagine
di così devota abnegazione, di così puri e santi sacrifici, di
tale e tanta elevatezza e nobiltà da scuotere, da commuovere i
cuori più duri, da far modificare i più ostinati ed assurdi
pregiudizi. Essi potrebbero finanche indursi nell'entusiastico
commovimento, ad abbracciare il primo Finanziere che si incontri
per via.
Sembrerà strano davvero che mentre molti compirebbero riti di
ogni maniera e porterebbero ceri a tutti i santi per ottenere, in
caso di guerra, la sicurezza delle retrovie, i Finanzieri, ai
quali si offre la posizione dei vigliacchi, se ne offendono, se
ne disdegnano, fieramente insorgono. Non si contrastino, via,
questi sani e robusti soldati, i quali, alla fine dei conti non
desiderano, non domandano, nella santità delle loro aspirazioni,
nella santità delle loro superiori idealità, che di accorrere,
con la propria bella e nobile divisa, nel giorno del pericolo, e
con essa morire, in difesa della loro Patria.
La R. Guardia di Finanza non si accontenta, no, dei segni
esteriori, come non si appaga, senza il suo reale, intero,
profondo contenuto e significato, della sciarpa azzurra e delle
stellette. E la Bandiera perché è stata dimenticata? Eppure la
R. Guardia ha una Bandiera, consegnata ad essa 12 anni or sono,
nella forma più solenne, da S.M. il Re. Si vede che tale
ricordo, connesso alla magnifica relazione di proposta del
Ministro della Guerra del tempo, Generale Spingardi, e delle 2
medaglie al valore militare di cui è fregiata, avrebbe
sconcertato, e non poco, nelle deduzioni e nelle conclusioni
l'articolista!
Voci vaghe che in questo momento, giungono da lontano
profondamente turbano gli animi dei Finanzieri. che si stia per
davvero preparando, nel silenzio, alla chetichella, un qualche
provvedimento contrario alla stessa istituzione, allo spirito, al
prestigio, alle aspirazioni, alle idealità dei soldati Gialli?
Non può essere, non è da crederlo, non essendo negli usi e
nelle finalità del Governo Nazionale di oggi e del saggio
magnifico Duce contrastare le cose belle ed utili, offendere gli
interessi ed i benemeriti della Patria. Se malauguratamente,
nonostante l'assurdità, ciò avvenisse, quella sacra Bandiera
"illuminata dalla luce di gloria che su di essa proietta
l'eroico sacrificio di quanti in guerra o nelle contingenze del
servizio caddero in nome di essa" dovrebbe essere abbrunata,
e nella accorata attesa dell'opera del tempo galantuomo e della
opera di giustizia, già una volta resa dal senno dei governanti,
i settecento decorati al valore militari, i 500 mutilati, i 3000
feriti, le tombe dei 2000 caduti combattendo per una santa
idealità e per la Patria, tutti i Finanzieri, raccolti in
ispirito attorno alla tomba del Milite Ignoto, che potrebbe anche
essere un milite delle Fiamme Gialle, dovrebbero vestire a lutto!
Non si cancellano, con un tratto di penna, due secoli di gloriosa
storia, né si spengono le più belle e sante idealità!
Con ossequi
Cap. UMBERTO ADAMOLI
Chieti, 20 luglio 1926.
Editoriale de 'Il Finanziere' alla stessa data, alla cui
questione fa riferimento l'articolo di Umberto
Questione fondamentale
Il giornale militare Le forze armate ha pubblicato nel suo numero
26 del 16 luglio u.s. un articolo dal titolo: La Regia Guardia di
Finanza, dal quale, per l'importanza dell'argomento e della
trattazione, dobbiamo occuparci. L'articolo esamina l'antico
"e lodevole nel sentimento che lo ispira" desiderio
della R. G. di Finanza di vedere "riconosciuta e proclamata
la sua appartenenza all'Esercito" discutendo le ragioni
sostenute in appoggio di questa tendenza con argomentazioni che
vanno esaminate.
Lo scrittore osserva anzitutto che il confronto tra Corpo e
Carabinieri circa la doppia dipendenza non può reggersi
completamente perché il Servizio d'istituto pel Corpo ha
esigenze ben diverse di particolare preparazione specifica,
rispetto al servizio d'istituto dei Carabinieri. Infatti, per i
Carabinieri il reclutamento degli ufficiali viene fatto
principalmente col trasferimento nell'Arma di ufficiali
combattenti dell'Esercito, mentre per la Guardia si deve
provvedere al relativo reclutamento con una apposita scuola.
Questa differenza, afferma lo scrittore, è sostanziale e dice
che essa significa "che gli ufficiali della R. Guardia sono
più apparecchiati alle funzioni d'instituto che alla funzione
militare, laddove gli ufficiali dei Carabinieri sono più
apparecchiati alla funzione militare che a quella
d'instituto".
In secondo luogo la R. Guardia non ha "forza di
congedo", è una forza prettamente permanente per la quale
il fatto della mobilitazione non esiste nel senso generale che
vale per tutti gli altri corpi militari. Quindi i servizi
d'istituto nelle mobilitazioni future troveranno uno sviluppo
assai maggiore che per il passato, non soltanto alle frontiere,
ma anche all'interno, cosicché, la mobilitazione lascierà
disponibile poca gente la quale non abbia da fare nei compiti
particolari del servizio stesso. Con questa poca gente - ammette
lo scrittore - "potranno essere formate piccole unità da
mandare alla guerra, così appagando il legittimo desiderio che
la R. Guardia ha di apparire, quale veramente è, forza armata
della nazione". Ammessa invece come effettuata
l'appartenenza del Corpo all'Esercito, con la conseguente
creazione dei propri centri di mobilitazione, salta fuori subito
un'altra differenza - "la massima" - dice
l'articolista, tra R. Guardia e Carabinieri reali. Questi infatti
per ciò che riguarda la guerra impiegano la propria forza in
congedo nelle accresciute necessità del servizio d'istituto
inerenti alla zona di guerra ed a quella stessa delle operazioni,
mentre il servizio d'istituto della R. Guardia non ha nulla a che
vedere, né può averlo mai, con tali compiti.
E poi, seguitando, lo scrittore si domanda: "Come sarebbero
inquadrate le molte migliaia di gregari della R. Guardia
richiamate alle armi dal congedo?... Come sarebbe concepibile la
formazione di grandi unità di guerra della R. Guardia?" Lo
scrittore ripete ancora, prima di conchiudere che "la
fervida aspirazione della R. Guardia è ad essa molto onorevole:
dimostra che è salda in essa la coscienza di meritar l'onore di
appartenere all'Esercito per buona disciplina e per l'efficace
zelo con cui assolve i doveri del suo importantissimo ufficio di
instituto". Ed inoltre trova che chi "guardi alla
sostanza delle cose, deve riconoscere che la R. Guardia già
appartiene all'Esercito; ciò che la R. Guardia ancora si duole
di non ottenere è assai poca cosa in confronto di ciò che ha
ottenuto per averlo meritato".
Infine, nella conclusione, lo scrittore torna al punto di
partenza per ribadire il concetto che tra i due servizi
d'istituto della Guardia e dei Carabinieri c'è una diversità
profonda, perché "il servizio d'instituto dei carabinieri
è necessario - è vitale - per entro l'organismo dell'Esercito
mobilitato, laddove il servizio di instituto della R. Guardia è
assolutamente estraneo ad ogni necessità dell'Esercito
mobilitato".
Queste, nel loro complesso, le considerazioni dello scrittore
dell'articolo e che, dobbiamo ritenere, riassumono autorevolmente
il pensiero delle alte sfere militari sulla questione,
considerazioni le quali nel campo di confronto dove sono state
prevalentemente mantenute, sembrano essere inoppugnabili. Ma noi
ci chiediamo come mai lo scrittore non abbia creduto di toccare
il dato di fatto della parte avuta in guerra dalla R. G. di
Finanza, dove gli stessi interrogativi lasciati in sospeso
nell'articolo avrebbero trovato la loro esauriente risposta.
Nella guerra, infatti, la R. Guardia ha adoperato la propria
forza in congedo, sia pel servizio territoriale che per quello
mobilitato e, salvo l'episodio di un contrordine presto
eliminato, la misura ha corrisposto alle esigenze del servizio
tanto d'istituto come di guerra, provvedendo ai bisogni
dell'inquadramento senza uscire dalle file del Corpo.
Diremo di più: nel servizio mobilitato la R. Guardia di Finanza
ha concorso largamente a sussidiare i R. Carabinieri proprio nel
loro servizio d'istituto, essendo questi insufficienti
numericamente al bisogno, e compiendo ottimamente il compito
affidatole. Il che sta a dimostrare come, anche per questo verso,
di fatto non ci sia "l'assoluta" incompatibilità, come
la vuole lo scrittore, tra i due diversi servizi d'istituto; o
meglio il Corpo possa concorrere, quando occorra, in guerra, nei
servizi affidati all'Arma.
E, se si pensa all'impiego fatto dei battaglioni, sempre nella
guerra, non è necessario un grande sforzo per immaginare la
costituzione di una grande unità - non diciamo di più -
comandata dagli stessi organi preposti alla testa del Corpo che
sono essenzialmente organi di comando militare.
La esperienza della guerra, diciamo insomma, vale qui come la
dimostrazione del filosofo che provava l'esistenza del moto,
camminando. Gli errori e le deficienze che si sono verificati
allora non hanno impedito che il Corpo tenesse il suo posto
d'onore in piena coesione con le altre truppe e spesso
primeggiasse per impeto bellico e valore soldatesco. Né vi sono
state difficoltà d'inquadramento che non potessero essere
superate; né il servizio generale d'istituto ha dovuto subire
qualsiasi inconveniente per il fatto dei reparti operanti in
guerra.
In ogni caso, la conservazione dei richiamati nel Corpo
rappresenterà sempre un tornaconto per i servizi di vigilanza
interna nei quali, durante la guerra, s'impiegano forze militari
poco preparate a tali servizi e che possono essere rese
disponibili invece pei compiti della zona di guerra.
Così, le obiezioni opposte dallo scrittore in quanto tocca
l'impiego di guerra del Corpo sono eliminate dallo stesso dato di
fatto dell'esperienza passata, che pure era servita a concretare
un progetto di completa organizzazione militare studiato da
un'alta autorità tecnica, S. E. il generale Ferrari, quando egli
teneva la carica di Ispettore generale del Corpo. Tale progetto,
evidentemente, superava tutte le difficoltà ora affacciate
armonizzando interamente gli scopi del servizio con quelli
militari.
Ma poi, la R. Guardia di Finanza nel tenere gelosamente alla sua
caratteristica di corpo militare - a parte la questione della
dipendenza - esprime il senso di una necessità profonda della
sua costituzione, del suo funzionamento, delle esigenze del suo
prestigio nei riguardi stessi del servizio d'istituto. La storia
della legislazione organica del Corpo è il documento vivo di
questa verità. "Io vi propongo di estendere alle guardie di
finanza militarmente organizzate - diceva l'on. Minghetti nella
relazione ministeriale al disegno di legge 3 febbraio 1875 - la
disciplina e la giurisdizione penale militare, sembrandomi questo
uno dei mezzi più potenti per dare la necessaria energia ad un
Corpo chiamato a far parte della forza pubblica e per infondergli
un elevato sentimento del dovere e lo spirito d'abnegazione per
il pubblico servizio".
Senza l'inquadratura, l'ordine, la disciplina dell'assestamento
militare che il Corpo è venuto prendendo, senza la coscienza di
possedere un prestigio militare vero e proprio, la sistemazione
del servizio d'istituto, la vitalità del Corpo, l'efficacia del
suo rendimento sarebbero rimasti problematici. E' un fatto che lo
sviluppo del servizio, la larghezza dei suoi risultati sono
andati di pari passo con l'affermarsi dell'organizzazione
militare. Lo scrittore de "Le forze armate" dice che,
quando si guardi alla sostanza delle cose "la R. Guardia già
appartiene all'Esercito". Ora, è proprio il possesso di
questa sostanza al quale la R. G. di Finanza ha sempre rivolto
tutte le sue aspirazioni, ed ha offerto ogni prova per
meritarselo pienamente. E nei compiti della guerra, senza che
essi debbano identificarsi con quelli dei Carabinieri reali, vi
è posto, come lo stesso scrittore accenna, per impieghi nei
quali la R. G. di Finanza può portare il frutto della sua dura
preparazione soldatesca di guerra guerreggiata anche in tempo di
pace.
Dopo vent'anni dacché l'ordinamento del Corpo ha assunto
struttura decisamente militare dovrebbe almeno essere eliminata
ogni ambiguità nel suo impiego. Il dubbio espresso dallo
scrittore che vi possa essere contraddizione tra le esigenze del
servizio d'istituto ed i compiti militari del Corpo è eliminato
dalla prova dei fatti. Se mai questa prova dimostra precisamente
l'opposto e consiglia di non disperdere un capitale morale il cui
valore non è mai trascurabile, specie quando vi si può fare
sicuro assegnamento per l'ora della prova suprema.
"Le tradizioni militari della R. Guardia sono vere - afferma
lo scrittore da noi commentato - ma anche sono naturali".
Ragione di più perché esse non debbano andare disperse.
IL FINANZIERE
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