Umberto Adamoli

'La Festa Nazionale degli Alberi'
Silvi, 20 novembre 1934


     Mi è di particolare piacere di poter essere presente per la seconda volta qui in Silvi alla più bella e significativa festa italiana, quale è la Festa Nazionale degli alberi di non lontana istituzione. Piacere, intendiamo bene, per trovarmi ancora una volta in mezzo a voi, in mezzo a questa bella giovinezza per compiere un gentile rito; ma non certo piacere del risultato ottenuto da quella nostra fatica del decorso anno.
     In quella cerimonia, se mal non ricordo, chiamando a sostegno delle mie ipotesi, sulla storia della grande natura, le affermazioni dei dotti, ebbi a dire come gli alberi tenessero in antico anche in questa contrada il loro pieno dominio; che questa contrada non fosse stata, con tutto il mistero, che una fitta selva; che appunto da questa selva derivava al villaggio che, nel correre dei secoli, da essa usciva, il suo gentile nome di Silvi. Ne arguivo, per logica conseguenza che, come per legge atavica, nei suoi abitanti doveva essere più vivamente sentito il rispetto, il culto per gli alberi. Di quegli alberi che costituiscono pur sempre, con il verde, il simbolo della giovinezza, della speranza eterna; con i fiori, la grazia ed il profumo; con il canto, la poesia, la musica, la gioia della vita.
     Questo dal lato poetico. Dal lato pratico accennavo anche all'importanza grandissima che gli alberi, i boschi hanno nell'economia, nel patrimonio nazionale, per il legname di ogni specie e di ogni valore che forniscono all'uso domestico, al commercio, all'industria; l'importanza che gli alberi, che i boschi hanno nell'ordine geologico, impedendo sulle montagne, in terreni ovunque scoscesi i pericoli, i danni delle valanghe e delle frane; e di quelle frane che quest'anno qui in Silvi purtroppo, appunto per la mancanza degli alberi, ne abbiamo avuto un doloroso esperimento; l'importanza nell'ordine climatico regolando essi, come è ben noto, e come per una superiore legge, la caduta delle piogge, i rigori del freddo e del calco. Nessuno poi ignora come gli alberi nell'ordine estetico costituiscono ovunque il più bel ornamento, e come influiscono beneficamente sull'igiene e sulla formazione dello stesso carattere.
     Ma le mie parole purtroppo o non furono ascoltate o non furono comprese. Di quei tremila alberi, forniti con tanta generosità dalla benemerita Milizia forestale, e piantati ovunque con tanto amoroso zelo, ne sono rimasti ben pochi; e que' pochi rimasti, come conseguenza di una nobile lotta per la conservazione, presentano gravi ferite, gravi mutilazioni. Ed all'opera di distruzione, come un malefico accordo, quasi tutti vi ebbero a concorrere: piccoli e grandi, popolo e non popolo. Tutti con satanica compiacenza, ebbero ad allungare la mano per il brutale strappo.
     Ma non occorre scoraggiarsi, se oggi ripetiamo qui la prova di una seconda piantata, con la speranza di una migliore comprensione, di una migliore pubblica educazione. Non si pretende certo, come vidi nella gentile Firenze da semplici cittadini rincorrere clamorosamente e con i bastoni alzati gli incoscienti guastatori; ma si può, si deve pretendere maggior rispetto alle leggi, condizioni più civili di vita. Nel caso contrario si dovrebbero necessariamente adottare adeguati provvedimenti, mezzi di più efficace persuasione.
     Ma il popolo di Silvi, che in fondo è buono, che è intelligente, che è civile saprà ben uniformarsi alle nuove necessità, alle esigenze dei nuovi tempi; saprà nutrire ancora per gli alberi, rispetto ed amore. Anzi i giovani fascisti, con nuovo spirito, si offriranno militi volontari per la guardia, per la tutela degli alberi già piantati, che piantiamo oggi, che pianteremo in avvenire. Di quegli alberi che dovranno ricoprire, per la maggiore bellezza di Silvi, rigogliosamente i margini delle strade, i poggi scoperti, i terreni incolti.
     In tal modo, le care deità silvane della fantasia, con l'ira placata, torneranno con gli alberi a ripopolare questa contrada benedetta. E le dolci Nereidi del mare, sia pure in floride forme umane, bionde o brune non importa, cercheranno d'estate gli ombrosi valloncelli per inalzare inni alla santa vegetazione, alla feconda natura, all'amore. Per inalzare nella gioia gli inni alla vita, che è ancora bella, come cantava il poeta, e che anche noi, nella rinnovata Silvi, vogliamo vivere buona e bella.
     Ma oggi invito i giovani a compiere, fra i canti della patria, la gentile opera della piantagione.

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