I Finanzieri e la guerra - Una festa del valore al fronte
La mattina dell'8 febbraio, in un paese di Val Sugana, ebbe
luogo la solenne cerimonia della consegna della medaglia
d'argento al valor militare al tenente Adamoli signor Umberto; e
delle medaglie di bronzo al valor militare a cinque militari
della sua eroica sezione mitragliatrici.
Alla cerimonia intervennero il maggiore Porta cav. Felice, col
capitano Cecchetto del Circolo di Padova, il comandante del
Presidio; il capitano Sabatini col sottotenente Marengo, il
capitano Bove col sottotenente Piccione, il capitano Giuffrida
col sottotenente Orefice, il Comandante del Quartier Generale
della ... Divisione e un larghissimo stuolo di ufficiali di tutte
le altri armi. Intervennero pure le Autorità civili ed
ecclesiastiche del Paese; e molto popolo.
Gli onori erano resi da una compagni agli ordini del Sottotenente
Caccavale Paolo, composta di un plotone della 1° Compagnia Regia
Guardia di Finanza, di un plotone dell'eroica Brigata Sassari, e
di un plotone del 3° Artiglieria da Montagna.
Ultimata alle ore 2 la riunione, il Comandante del Presidio diede
la parola al capitano Meucci Amos, Comandante della suddetta
prima Compagnia, il quale, col seguente discorso illustrò i
fatti che dettero luogo alla concessione delle belle ricompense.
Verso la metà dello scorso maggio, il tenente Adamoli signor
Umberto, si trovava con la sua sezione mitragliatrici dirimpetto
al forte di Luserna, in vista dell'ubertosa Val Lagarina, tutta
risorridente per l'inoltrata primavera, coi suoi borghi deserti,
che da si lungo tempo attendono il riflusso della loro gente
italianissima e il nostro giusto dominio; si trovava là su
quelle posizioni che pochi mesi prima, ai 7 di gennaio, erano
state bagnate dal sangue sgorgante di una ferita aperta nelle sue
carni dal piombo austriaco.
Quand'ecco scatenarsi contro quelle montagne, contro quei
valichi, la terribile minaccia dell'avversario; ecco la furia
spaventosa dei grossi calibri, e delle altre infinite
artiglierie, ecco l'impeto insistente, accanito delle
innumerevoli orde che i nemici avevano ammassate in quella zona,
al fine di rompere, ad ogni costo, il nostro argine, e straripare
nella pianura veneta; portando con loro, insieme con la
devastazione, con la morte e con la desolazione, un danno enorme
ed irreparabile, un'onta senza nome per il nostro Paese.
Per ben otto giorni, e cioè dal 14 al 21 maggio, dinanzi ad un
bombardamento infernale che svelleva gli alberi, che frantumava
orribilmente gli uomini, che cambiava aspetto alla montagna,
dinanzi a reiterate e furiose ondate nemiche, decise a
impadronirsi di quelle posizioni a qualunque prezzo, per ben otto
giorni stettero salde le nostre linee, prima di cedere.
E mentre esse, ormai esauste e sopraffatte, si accingono a
ripiegare, il tenente Adamoli coi suoi degni cooperatori,
s'indugia ancora al suo posto, da cui ha largamente mietuto e
tuttora miete tra le file avversarie.
Ma il furore delle cannonate nemiche non si arresta un istante; e
già una delle sue mitragliatrici, colpita in pieno da un grosso
calibro, è sconquassata, già buona parte del suo materiale è
distrutto, già il suo eroico manipolo è decimato. Egli indugia
ancora al suo posto. Forse perché è uno strazio al suo cuore di
soldato il pensiero di indietreggiare dinanzi al nemico, forse
perché egli conserva ancora la nobile illusione di ributtare
definitivamente la bieca marea, che sempre ritorna, piena,
violenta, irresistibile.
Ma le sue forze sono, purtroppo, di gran lunga inadeguate al
compito che egli si è assunto, perché la marea continua a
salire e già lo avvolge. Ora la lotta che egli combatte non ha
più lo scopo di ributtare il nemico, oramai soverchiante per
numero; sibbene ha lo scopo di trattenerlo, alquanto, di
impedirgli che l'inseguimento, di dar tempo alla nostra colonna
di fanteria di ripiegare in ordine; ed è in questo terribile
momento che rifulge di luce purissima il valore che ora viene
premiato.
I nemici già hanno attorniato la posizione da cui egli, calmo ed
alacre, manovra la sua mitragliatrice, arroventata per l'uso
prolungato, già gli stanno addosso; già un cadetto, sbucatogli
alle spalle, gl'intima di arrendersi, e gli si avvicina per
ghermirlo. Il tenente Adamoli, senza scomporsi, senza cessare
dalla sua funzione sterminatrice, senza neppure guardarlo, lo
respinge con una gomitata sul petto. Il cadetto ritorna, risoluto
a finirla col suo insolente avversario; ed allora la guardia
Cavagnolo, qui presente, lo afferra per la gola, e in un impeto
di sacra ferocia gli configge le unghie nella carne, lo atterra,
e non lo lascia se non quando l'ha visto esanime, strangolato.
Finalmente, il tenente Adamoli, avuta dai suoi superiori precisa
ingiunzione di ripiegare, ubbidisce, portando seco la sua
mitragliatrice superstite, tutto il materiale rimastogli, tutti i
suoi uomini (dei quali due sono qui presenti; e gli altri tre, e
cioè il maresciallo Malandra Silvano e le guardie Brunelli
Eugenio e Guerrera Pietro, che pure sono stati ricompensati per
la circostanza, il primo con medaglia d'argento, e gli altri due
con medaglia di bronzo, sono ora incorporati in altri reparti)
ubbidisce e rientra per ultimo nelle nostre nuove linee, quando
già tutti lo credevano morto o prigioniero.
Questi sono, in succinto, i fatti che hanno dato luogo alle
ambite ricompense concesse direttamente da S.E. Il Capo dello
Stato Maggiore dell'Esercito a questi valorosi; e cioè:
Al Tenente Adamoli sig. Umberto, la medaglia d'argento al valor
militare, con la seguente motivazione:
"Comandante di sezione mitragliatrici, distintosi più volte
per calma e coraggio, cooperava efficacemente a mantenere al
proprio posto gli uomini durante un violento e continuo tiro di
grossi calibri nemici, dando prova di grande spirito di
sacrificio e di elevato sentimento militare.
Durante il ripiegamento, avendo il nemico attaccato in coda la
colonna, portava prontamente in posizione l'arma che ancora
eragli rimasta intatta, ed apriva prontamente con essa il fuoco,
cooperando efficacemente ad arrestare l'inseguimento (Costesin,
20, 21 maggio 1916)".
Alla guardia Bovone Pio, la medaglia di bronzo al valor militare,
con la seguente motivazione:
"Colla propria sezione mitragliatrici si distinse per
attività, resistenza e coraggio e per l'elevato spirito militare
(Costesin 21 maggio 1916)".
Alla guardia Cavagnolo Giovanni, la medaglia di bronzo al valor
militare, con la seguente motivazione:
"Visto il proprio ufficiale preso di mira a breve distanza
da un tiratore nemico, con mossa fulminea fu addosso al tiratore
stesso atterrandolo. Coadiuvò efficacemente il proprio ufficiale
nel buon funzionamento della sezione mitragliatrici
distinguendosi per calma, attività e coraggio (Costesin, 21
maggio 1916)".
O voi della R. Guardia di Finanza che avete la fortuna, che avete
l'onore di assistere a questa bella cerimonia, io sono ben certo
che l'animo vostro è commosso di vivissima gratitudine per
questi nostri valorosi compagni d'arme, che ponendo a sicuro
pericolo la loro vita, hanno saputo rendersi così benemeriti
della Patria, hanno saputo aggiungere tanto decoro al Corpo a cui
apparteniamo.
Ma sono anche ben certo che un altro sentimento, forse ancor più
gagliardo, fa fremere i vostri cuori nel momento presente: è
questo il sentimento dell'emulazione che, suscitato in voi dal
fulgido esempio di valore che avete dinanzi agli occhi, vi fa
promettere solennemente a voi stessi di affrontare risolutamente
ogni pericolo, ogni sacrificio, pur di compiere intiero, in
qualsivoglia circostanza, il vostro dovere di soldati.
E ricordate il motto che d'ora innanzi dev'essere della Guardia
di Finanza, ed esso siavi sempre ed inderogabilmente, di norma:
"Nemini impares!". A nessuno secondi, nello spirito
militare, nel sentimento del dovere; a nessuno secondi, per
devozione e per abnegazione verso il Re e verso la Patria; a
nessuno secondi, nel sentimento di onore per la nostra divisa!
Valstagna, 8 febbraio 1917
Dopo di ciò, tra vivi applausi, furono appuntate le medaglie al
petto dei valorosi; e quindi la truppa sfilò dinanzi ad essi.
Terminata la cerimonia, fu offerto un vermouth d'onore, cui
parteciparono, oltre i decorati, le rappresentanze intervenute
alla cerimonia stessa.
Gli ufficiali della I. Compagnia, offersero quindi un banchetto
agli ospiti, preparato con molta signorilità dal sottotenente
triestino Schott cav. Alberto, aggregato a detta Compagnia.
Durante il lieto simposio regnò la massima, lieta cordialità; e
prima che si levassero le mense, il sottotenente Caccavale salutò
i decorati col seguente brindisi:
Signori, ho l'onore di rendere omaggio al valore premiato
dell'egregio collega Adamoli e delle brave nostre guardie Bovone
e Cavagnolo alla presenza del Sig. Maggiore Porta - un ferito del
Podgora - già comandante del 3. Battaglione alla Trincea delle
Frasche e del 3. Battaglione a S. Giovanni; alla presenza di
illustri Ufficiali, nostri graditissimi ospiti, altamente
benemeriti della Patria, che col loro intervento rendono più
solenne la festa che celebriamo; alla presenza di Superiori e
colleghi del Corpo, che degnamente hanno operato e sono ancora, a
malgrado della non più giovane età e dei disagi sofferti sin
dall'inizio della campagna, pronti e fiduciosi di compiere il
loro dovere sino alla fine...
Nell'esultanza ch'io vedo brillare negli occhi vostri, o Signori,
v'invito ad alzare i bicchieri in onore dei valorosi presenti,
dei valorosi assenti della brava Sezione mitragliatrice, che ci
insegnarono come sia bello, in un sogno di gloria, strenuamente
pugnare e vincere, v'invito a salutarli con giubilo questi
valorosi, sicché la luce purissima delle loro anime illumini e
scaldi le nostre nella primavera imminente; v'invito a salutare
con orgoglio di figli la potenza d'Italia che sale come sole nel
cielo di porpora, mentre nel cuore sorge veemente un augurio:
Dall'ibrido oscuro caos che è l'impero obbrobrioso degli
Absburgo, s'alzino a brillare sul capo della Madre che tutti ci
tiene, le più belle stelle mancanti al suo diadema, Trieste e
Trento, belle della bellezza delle vergini nella doglia infinita;
e non invano sia il sangue sparso, tanto fiore di giovinezza
invano reciso, tanto eroismo sciupato. Dal sangue vermiglio dei
figli d'Italia nasca un'aurora di prosperità e di grandezza, e
ovunque s'apra un germe, o s'inizi un'opera, il nome vostro suoni
come uno squillo, scenda come un raggio di sole, o Prodi!
Le guardie decorate furono invitate a pranzo dai sottufficiali
della Compagnia.
La bellissima festa si chiuse con l'audizione di finissima
musica, eseguita al pianoforte dal sottotenente Verzè, (un
diplomato del Conservatorio di Milano) e in tutti lasciò un
graditissimo ricordo.