Manoscritto su carta intestata della Regia Guardia di Finanza redatto il 1 giugno 1916 dal Tenente Umberto Adamoli, Comandante del 1° Battaglione della Sezione Mitragliatrici, indirizzato al Comando del 1° Battaglione di Fanteria della R. Guardia di Finanza ed avente per oggetto: Parte presa dalla Sezione Mitragliatrici nei fatti d'arme dell'Altipiano di Asiago
Alle ore una del 19 del decorso maggio, la Sezione
mitragliatrici, dopo essersi trovata nei diversi fatti d'arme dal
5 in poi, per ordine verbale del tenente colonnello Signor Rossi,
si trasferì, con tutti gli uomini e il materiale, dalle Casare
Principe, presso la zona di Milegrobe, in cui era in postazione,
a Campo Rosà, a disposizione del Signor Comandante del 161°
Reggimento fanteria. In tutta la giornata un violento
bombardamento colpiva e sconvolgeva la zona. Poiché da ciò si
arguiva che un attacco nemico non potesse esser lontano, nel
pomeriggio provocavo gli ordini, di cui ero in attesa e che non
vedevo giungere. Ma col Comando del 161° in Val Morta erano già
interrotte le comunicazioni; allora, pur di trovare un punto ove
entrare in linea, mi rivolsi al Comando del 162° Fanteria al
Costesin, dal quale ebbi ordine di recarmi al blockaus n. 10, a
disposizione del tenente colonnello Signor Malvani. Nonostante
che continuasse il bombardamento, l'ordine fu eseguito senza
indugio; ed alla Sezione fu affidata da quel Comandante la
custodia della Val Sincella. Verso le ore 15 del giorno venti
successivo, però, la Sezione, per disposizione del maggiore
Signor Rozzetti del 161° Fanteria, si spostava verso nord, per
guardare la strada sbarrata di Val Morta, e dove ebbe a fare
diverse raffiche contro grosse pattuglie nemiche che tentavano di
avvicinarsi alle nostre posizioni. Più tardi, alle ore 17, altro
ordine del Comandante del 162°, colonnello Signor Basso, mi
destinava a quota 1528 del Costesin, a disposizione del tenente
colonnello Signor Rossi. Durante il tragitto, poiché il
bombardamento continuava violento e senza sosta, furono feriti
gravi la guardia Guerrera Pietro, meno gravi il brigadiere Papa
Giovanni e l'armaiolo De Santo Pasquale. Al Costesin presi
postazione a nord-ovest del blockaus n. 1.
Durante la notte, per molestare il nemico che si sentiva molto
vicino ebbi a fare, ad intervallo, diverse raffiche. Non appena
giorno il bombardamento fu ripreso con violenza inaudita: non
rimaneva quasi palmo di terreno senza essere colpito e sconvolto;
più volte fummo coperti, con le armi, di terra, di sassi, di
schegge, e furono feriti in questa prima fase, i brigadieri
Angius Francesco e Pinna Francesco. Verso le ore nove, nel mentre
un attacco nemico si pronunciava frontalmente, altro attacco si
tentava d'improvviso a poca distanza sul nostro fianco sinistro
con manovra avvolgente. La sorpresa produsse un vero panico. I
soldati in parte cominciarono a sbandarsi; altri, tra cui
dolorosamente anche graduati, gettando le armi, si toglievano le
giubbe per indicare, correndo verso il nemico, il segno della
resa; altri rimanevano come istupiditi e pietrificati ai loro
posti. Il momento era grave. Gridai per ristabilire l'ordine e
per trattenere i fuggenti; ordinai il fuoco dei fucili, ma invano.
Allora nella disperazione, mentre qualcuno dei miei apriva il
fuoco con i moschetti, io mi lanciai su d'una delle
mitragliatrici, trasportandola da solo di sopra un cocuzzolo,
allo scoperto, da dove aprii senz'altro il fuoco contro gli
assalitori. Mi fu risposto col fuoco di una mitragliatrice
appostata nei pressi del blockaus n. 2, e di fucileria; ma io
avevo ben altro nell'animo per badarvi. Il maresciallo Malandra
Silvano era nell'altra mitragliatrice. In questo frattempo, non
si sa come, approfittando forse di un incamminamento, mi sorse ad
un tratto da un lato un giovane ufficiale austriaco, per impormi,
col fucile alla mano, la resa. Per difendere me stesso avrei
dovuto lasciare, sia pur per poco, la mitragliatrice, ciò che
non giudicavo né conveniente né prudente, ma a togliermi dalla
difficile condizione sorse la brava guardia Cavagnolo Giovanni,
la quale, giudicando in un attimo la situazione, si slanciò come
belva al collo del temerario nemico, atterrandolo. Aggiungo che
insieme agli austriaci falciai pure i vigliacchi che gli si
volevano arrendere. Però, dopo incominciato il fuoco della
mitragliatrice tornò la calma, ed i soldati, in qualche modo,
ripresero i loro posti. Sventato felicemente l'attacco, in un
momento di giusta gioia e di esaltazione potei gridare a
squarciagola, verso il nemico in fuga: Viva l'Italia. In
questo momento dietro a me osservai un maggiore, forse del 205
fanteria, con un fucile in mano; lo vidi ancora correre, dopo il
nostro fuoco, con pochi soldati, verso la valletta da cui era
stato pronunciato l'attacco di fianco; ma non lo vidi più
tornare. Sopraggiungeva ancora, poco dopo il tenente colonnello
Signor Rossi, il quale commosso mi abbracciava e mi baciava.
Dopo questo fatto un'altra tempesta di proiettili, per lo più di
grosso calibro, si rovesciò sulla nostra posizione. Nessuno più
dei soldati si mosse; tutti morivano ora serenamente ai propri
posti, ma le cose si facevano sempre più serie. Per coadiuvare
nel miglior modo possibile il prode tenente colonnello Signor
Rossi, e per meglio coordinare l'azione, di mia iniziativa, presi
ai miei ordini due plotoni del 205 comandati da due giovani
sottotenenti; feci pure stare ai miei comandi una squadra diretta
con molta bravura dal caporal maggiore Massola Vincenzo della 5.
Compagnia del 161°, e tutti gli sbandati di altri reparti che
per colà passavano. In questa seconda fase perdevo le guardie
Leonetti Giacomo, Cavaglia Giuseppe, Curto Domenico, Mongiu
Giovanni, Rossi Domenico e Vendemmia Secondo, sicché alle
mitragliatrici non restavano che io, il maresciallo Malandra
Silvano e le guardie Bovone Pio, Cavagnolo Giovanni e Brunelli
Eugenio.
Verso le ore tredici un altro attacco si pronunciava
frontalmente, e qui, portandosi in terreno scoperto, per colpire
efficacemente con falciata il nemico, poté distinguersi e destar
l'ammirazione di tutti il maresciallo Malandra Silvano.
Nonostante la pioggia di proiettili restò fermo e sereno
concorrendo in modo efficacissimo ad arrestare e distruggere il
nemico; restò al suo posto fino a quando una scheggia di 305 non
colpisce a morte la bella mitragliatrice.
I bombardamento e gli attacchi si susseguono senza sosta, con
sempre maggior rabbia, con sempre maggior violenza, ma nulla più
valeva a scuotere da quella posizione esposta ad avanzata, le
truppe comandate dal tenente colonnello Signor Rossi. Tutto qui
era rovina e desolazione; non rimaneva quasi più riparo;
gl'incamminamenti, le trincee, i blockaus si vedevano
sconquassati; i pochi alberi, da cui penzolavano brani di carne
umana, erano schiantati, il terreno stesso sconvolto e coperto di
carne e di cadaveri. Il tenente colonnello Signor Rossi per nulla
se ne turbava; correva per la linea del fuoco sereno e
sorridente, per dare disposizioni, per incuorare i combattenti.
Già si faceva sera, già si sapeva, che come cerchio, gli
austriaci ci avvolgevano, si stringevano sempre più; da qualche
punto gridavano già alla resa, ma pareva che in tutti noi,
sostenuti dalla fede e da un alto ideale, fosse un tacito
consenso: Morire ma non cadere, ma non arrendersi.
Il ripiegamento fu eseguito verso notte, soltanto in obbedienza
ad un ordine superiore, che per puro caso poté giungere sino a
noi.
Il fatto d'arme di quota 1528 del Costesin, al quale si ebbe la
fortuna di partecipare, pel modo come si svolse e come si
condusse a termine, ha del meraviglioso, e la Sezione
mitragliatrici, che vi perdette i suoi migliori uomini, segnò in
quel giorno, per la sua operosità, per la sua fermezza, per il
suo coraggio, la pagina più bella della sua storia. Accompagnato
al ripiegamento, la mattina del 22 a Campovecchio, la Sezione
ebbe ordine dal Signor Generale Murari Brà di rientrare, con i
pochi militari che rimanevano, nel proprio Battaglione.