Umberto Adamoli

Memoria per procedura di epurazione (febbraio 1946)

Alla Commissione Prov. per le Sanzioni a carico di
fascisti politicamente pericolosi
Teramo

Si dovranno non poco meravigliare i miei buoni concittadini, che ebbero a seguire con ansia, con gratitudine ed affetto la mia opera di Podestà, in uno dei momenti più torbidi e pericolosi per Teramo, quando sapranno di essere stato qualificato pericoloso per l'ordine pubblico.
Questa qualifica pure a me ha meravigliato e non poco, giunta quando la mia condizione, anche dal punta di vista politico, era stata attentamente esaminata e definitiva molto favorevolmente dalla rigorosa polizia degli alleati. In tale occasione, il Comitato di Liberazione concordemente si pronunziava a mio favore; anzi chi mi ebbe per il primo a difendere, a viso aperto ed onestamente, fu proprio un comunista, e proprio il Signor Antonio Tosti.
Evidentemente la Commissione provinciale per le sanzioni a carico dei fascisti pericolosi ignora tutto ciò. Ritengo, di conseguenza, di esporre alla medesima brevemente i fatti.
Mi inscrissi al Partito fascista dopo il congedo dalla carriera militare, per poter fare ancora qualche cosa a favore della comunità, ma non ebbi mai a disimpegnare incarichi di carattere politico. Non mi ebbero ad essere affidati che incarichi amministrativi soltanto, da parte della Prefettura, quali quelli di Podestà del comune di Silvi prima, di quello di Teramo, poi. Dalla Federazione fascista non ebbi che fastidi, minacce, persecuzioni.
Rimasi Podestà di Teramo, anche dopo l'armistizio, per un profondo sentimento del dovere. Nel grave momento che la città attraversava, nessuno avrebbe preso il mio posto. Abbandonarlo, in quell'ora e quando tutti fuggivano, sarebbe stata una defezione, se non una vigliaccheria, indegna di un soldato, quale io ero.
Dall'altra parte, il riconoscimento della mia personale situazione, l'ebbi dallo stesso Maresciallo Badoglio, che mi mantenne in carica anche dopo la soppressione del P.N.F.. E' indubbio che se mi fossi reso soltanto sospetto di aver fatto, oltre che l'amministrazione, anche della politica, sarei stato rimosso dall'importante carica, che rivestivo.
Così va interpretata anche la mia adesione al Fascio repubblicano, data sempre per il bene della città. Adesione soltanto, notate bene. Se ancora esistono gli atti della Federazione fascista, risulterà che, con la repubblica, io non fui tesserato, non avendo mai ritirato la tessera.
Ed ora a qualcuno dei fatti connessi alla mia opera di Podestà, durante il periodo repubblicano.
Appena dopo l'armistizio giungevano a Teramo, come è noto, con feroci propositi di vendetta, truppe tedesche. Dopo le prime pericolose peripezie, sostenute da me fortemente, si presentavano nel mio ufficio ancora tre ufficiali, e m'imponevano di invitare le bande della montagna a sciogliersi entro settantadue ore. Scaduto tale termine, inutilmente, la città sarebbe stata bombardata da apparecchi già pronti nel campo di Pescara.
Inoltre avrei dovuto presentare la lista di cento cittadini, delle migliori famiglie, da fucilarsi senz'altro, per vendicare la morte di un loro ufficiale medico, ucciso dai ribelli del Bosco Martese.
Avrei dovuto, ancora, pubblicare un manifesto per avvertire la città che per ogni soldato tedesco ucciso nel territorio del comune, dovevano rispondere, con la vita, cento cittadini.
Dopo tre ore di angosciosa discussione, rifiutai di aderire ad ogni loro richiesta. Alla loro minacciosa insistenza, offrii risolutamente, all'ira del piombo nemico, il mio petto, la mia vita, che raccoglieva in sé, per la mia carica, tutta la città.
Con tale generosa offerta, che fortemente colpiva i Tedeschi, salvavo la città ed i suoi cittadini.
Il tre gennaio 1944, alle ore nove, ebbi visita dallo stesso Comandante della Piazza, e mi diceva che se per le ore undici non si fosse iniziato il lavoro di sgombero della neve, nella città e su le strade, Teramo sarebbe stata messa a fuoco.
Ancora una volta, aiutato dalla saggezza dei cittadini, riuscii a salvare, dalla feroce e perentoria minaccia, la mia città.
Nel processo contro l'avv. Nanni Nicola di Caramanico, chiamato a rispondere per ospitalità ad ufficiali inglesi e per averli accompagnati in una ricognizione, aggravato il fatto dalla sua qualità di Podestà, intervenni dinanzi al Tribunale tedesco, per perorarne la causa. Dopo opportuni argomenti, riuscii a far modificare la richiesta della pena di morte a quella di pochi anni di carcere, dopo anche graziati.
Io sapevo, come tutti, che nel territorio si aggiravano elementi inglesi ed americani, protetti ed assistiti dalla popolazione. Non ebbi mai a fare né permisi che si facesse opera di investigazione e di delazione a loro carico.
Rendemmo meno dura la vita agli internati politici, affidati, per l'amministrazione, quasi a mia richiesta, alle cure del comune. I generi alimentari messi a mia disposizione per essi erano scarsissimi. Di conseguenza, per poter far giungere ai medesimi cibo sano ed abbondante, con mio rischio personale, alteravo notevolmente le cifre, che ad essi si riferivano.
Spesso mi recavo a trovarli, per portare loro la mia parola di fede e di speranza.
Assistenza particolare ebbi a prodigare ai molti ebrei, giunti, anche dalla Francia, nel comune. Li ebbi a sottrarre a tutte le ricerche da parte dei tedeschi e delle altre autorità di polizia. Negavo sempre, quando mi si faceva richiesta, la loro presenza nel territorio del comune. Li confortai, in ogni momento, con la mia parola, con il mio consiglio, con una adeguata assistenza.
Dopo la liberazione, colmi di gratitudine, mi scrivevano una lettera, che qui copio:

“Al Ten. Colonnello Adamoli Umberto già Podestà di Teramo
Noi sottoscritti desideriamo, con questa dichiarazione spontanea, esprimervi anche per iscritto la nostra profonda gratitudine per aver salvato noi le nostre famiglie e tanti altri correligionari che hanno lasciato nel frattempo Teramo, dalla ferocità tedesca. Difatti ai primi di dicembre scorso, le autorità tedesche avevano comandato I' arresto in massa di tutti gli Israeliti. Voi, Podestà di Teramo, eludendo la vigilanza teutonica e fascista, ci avete avvisati tempestivamente del pericolo che incombeva sulle nostre teste raccomandandoci paternamente di allontanarci da Teramo o di rifugiarci presso quelle famiglie, fortunatamente numerose, non contaminate dal virus della peste nazista e ci assicuravate ogni qualsiasi aiuto.
E' pure a nostra conoscenza che durante il terrorismo teutonico vi siete reso benemerito della popolazione teramana e sappiamo anche che di concerto col Comandante del Campo di Concentramento istituito dalle belve tedesche per sfogare il veleno che hanno sempre in corpo, somministravate tra I' altro agli internati, ricorrendo ad un abile stratagemma, doppia razione di cibo.
Così alla nostra benedizione si aggiungano quelle della popolazione e degli internati.
Con riconoscente devozione.
firmato Oscar Stein e famiglia e numerose altre famiglie”.

E questa gratitudine ancora oggi non è spenta. Ed invero, nel mentre codesta Commissione mi dichiarava elemento pericoloso, ricevevo da Parigi, da parte di altro Ebreo, con la data dell'otto gennaio corrente anno, la lettera che qui pure copio:

"Signor Podestà,
Teramo
Vogliamo profittare dell'anno nuovo per augurarvi tante buone cose per quest'anno e quelli avvenire.
Non potremo mai scordare la vostra bontà per noi in un momento particolarmente grave per me e la mia famiglia. Il nome di Teramo città così gentile sarà sempre attaccato al nome vostro nel nostro ricordo per la sua ospitalità e il suo silenzio al nostro riguardo durante l'occupazione tedesca.
Con l'aiuto di Dio ci siamo sistemati alla meglio e siamo contentissimi della nostra sorte attuale.
Ringraziandovi di nuovo, Signor Podestà, gradite i nostri saluti.
Oscar, Alberto ed Henriette Roditi
Paris, 8 gennaio 1946"

Per disposizione del comando tedesco, tutti gli sfollati che giungevano a Teramo dovevano proseguire per l'Alta Italia. Ma molti di questi nostri fratelli, sottratti al teutonico controllo, con il mio assenso, si ebbero a rifugiare nel territorio del comune, ove ricevevano, per vivere, la più larga affettuosa assistenza in danaro, in genere, in indumenti. Conservo di essi lettere commoventissime, con espressioni come questa:
"Al Podestà di Teramo, valoroso protettore dell'umanità smarrita."
Per Teramo ottenni ancora da parte del Comando Tedesco un'ordinanza, da collocarsi, come fu collocata, alle porte della città, con la quale si regolava, si disciplinava la condotta delle truppe di stanza o di passaggio per Teramo. Ordinanza che molto giovava alla tranquillità, all'incolumità dei miei concittadini.
Quando seppi che erano stati arrestati, per ragioni politiche e per collaborazione a favore dei partigiani della montagna, venti cittadini, tra cui Antonio Tosti ed Amilcare De Marco, corsi in Prefettura a presentare le mie lagnanze, chiedendo, nel medesimo tempo, la loro liberazione. Dopo molte discussioni, riuscivo a far restituire loro la libertà, sottraendoli così dal campo di concentramento, dove sicuramente sarebbero stati inviati.
Ottenevo anche, da parte della polizia tedesca, la scarcerazione del veterinario dott. Gatti, deputato anche lui per il reato di collaborazione con gli Anglo-Americani.
Anche le famiglie dei partigiani del comune trovavano presso di me, quando venivano, la più premurosa larga assistenza.
Potrei continuare nella narrazione di quella vita colma di fatiche, di travaglio, di pericoli, che nell'unico e forte desiderio di salvare la mia città ed i miei concittadini, mi ponevano fuori e al di sopra di ogni partito.
Come la storia, nella sua serena giustizia e nella sua verità dirà a suo tempo, se Teramo ebbe ad essere risparmiata alle distruzioni ed ai lutti delle altre città, occupate dai Tedeschi, fu appunto, come tutti i cittadini sanno, esclusivamente per la mia accorta, attiva, ferma, coraggiosa opera. E la storia saprà collocarmi, nel tempo, nel posto che a me spetta.
Non conosco le ragioni, per cui oggi sono stato qui chiamato. Qualunque esse siano, prego la Commissione, per non cadere in qualche errore, di esaminare attentamente il mio caso. Io non desidero il pubblico plauso, promesso da numerosi cittadini, al momento del pericolo; ma non vorrei neppure che quel plauso si mutasse oggi in una ingiusta sanzione.
Domando, quindi, di essere liberato da ogni eventuale accusa e di essere conservato integralmente in tutti i miei diritti divili e politici, per le ragioni suesposte, e principalmente:
1. di aver salvato duecento famiglie di Ebrei, rifugiate nel comune di Teramo, e ricercate dai Tedeschi;
2. di aver largamente assistito gli sfollati e gli internati, e di aver fatto metter in libertà numerosi cittadini, arrestati per ragioni politiche;
3. di non essere stato tesserato del Fascio repubblicano;
4. di aver salvato Teramo e cento suoi cittadini, destinati alla fucilazione, offrendo all'ira tedesca la mia vita.

Teramo, 6 febbraio 1946

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