Alla Commissione Prov. per le Sanzioni a carico di
fascisti politicamente pericolosi
Teramo
Si dovranno non poco meravigliare i miei buoni concittadini, che
ebbero a seguire con ansia, con gratitudine ed affetto la mia
opera di Podestà, in uno dei momenti più torbidi e pericolosi
per Teramo, quando sapranno di essere stato qualificato
pericoloso per l'ordine pubblico.
Questa qualifica pure a me ha meravigliato e non poco, giunta
quando la mia condizione, anche dal punta di vista politico, era
stata attentamente esaminata e definitiva molto favorevolmente
dalla rigorosa polizia degli alleati. In tale occasione, il
Comitato di Liberazione concordemente si pronunziava a mio
favore; anzi chi mi ebbe per il primo a difendere, a viso aperto
ed onestamente, fu proprio un comunista, e proprio il Signor
Antonio Tosti.
Evidentemente la Commissione provinciale per le sanzioni a carico
dei fascisti pericolosi ignora tutto ciò. Ritengo, di
conseguenza, di esporre alla medesima brevemente i fatti.
Mi inscrissi al Partito fascista dopo il congedo dalla carriera
militare, per poter fare ancora qualche cosa a favore della
comunità, ma non ebbi mai a disimpegnare incarichi di carattere
politico. Non mi ebbero ad essere affidati che incarichi
amministrativi soltanto, da parte della Prefettura, quali quelli
di Podestà del comune di Silvi prima, di quello di Teramo, poi.
Dalla Federazione fascista non ebbi che fastidi, minacce,
persecuzioni.
Rimasi Podestà di Teramo, anche dopo l'armistizio, per un
profondo sentimento del dovere. Nel grave momento che la città
attraversava, nessuno avrebbe preso il mio posto. Abbandonarlo,
in quell'ora e quando tutti fuggivano, sarebbe stata una
defezione, se non una vigliaccheria, indegna di un soldato, quale
io ero.
Dall'altra parte, il riconoscimento della mia personale
situazione, l'ebbi dallo stesso Maresciallo Badoglio, che mi
mantenne in carica anche dopo la soppressione del P.N.F.. E'
indubbio che se mi fossi reso soltanto sospetto di aver fatto,
oltre che l'amministrazione, anche della politica, sarei stato
rimosso dall'importante carica, che rivestivo.
Così va interpretata anche la mia adesione al Fascio
repubblicano, data sempre per il bene della città. Adesione
soltanto, notate bene. Se ancora esistono gli atti della
Federazione fascista, risulterà che, con la repubblica, io non
fui tesserato, non avendo mai ritirato la tessera.
Ed ora a qualcuno dei fatti connessi alla mia opera di Podestà,
durante il periodo repubblicano.
Appena dopo l'armistizio giungevano a Teramo, come è noto, con
feroci propositi di vendetta, truppe tedesche. Dopo le prime
pericolose peripezie, sostenute da me fortemente, si presentavano
nel mio ufficio ancora tre ufficiali, e m'imponevano di invitare
le bande della montagna a sciogliersi entro settantadue ore.
Scaduto tale termine, inutilmente, la città sarebbe stata
bombardata da apparecchi già pronti nel campo di Pescara.
Inoltre avrei dovuto presentare la lista di cento cittadini,
delle migliori famiglie, da fucilarsi senz'altro, per vendicare
la morte di un loro ufficiale medico, ucciso dai ribelli del
Bosco Martese.
Avrei dovuto, ancora, pubblicare un manifesto per avvertire la
città che per ogni soldato tedesco ucciso nel territorio del
comune, dovevano rispondere, con la vita, cento cittadini.
Dopo tre ore di angosciosa discussione, rifiutai di aderire ad
ogni loro richiesta. Alla loro minacciosa insistenza, offrii
risolutamente, all'ira del piombo nemico, il mio petto, la mia
vita, che raccoglieva in sé, per la mia carica, tutta la città.
Con tale generosa offerta, che fortemente colpiva i Tedeschi,
salvavo la città ed i suoi cittadini.
Il tre gennaio 1944, alle ore nove, ebbi visita dallo stesso
Comandante della Piazza, e mi diceva che se per le ore undici non
si fosse iniziato il lavoro di sgombero della neve, nella città
e su le strade, Teramo sarebbe stata messa a fuoco.
Ancora una volta, aiutato dalla saggezza dei cittadini, riuscii a
salvare, dalla feroce e perentoria minaccia, la mia città.
Nel processo contro l'avv. Nanni Nicola di Caramanico, chiamato a
rispondere per ospitalità ad ufficiali inglesi e per averli
accompagnati in una ricognizione, aggravato il fatto dalla sua
qualità di Podestà, intervenni dinanzi al Tribunale tedesco,
per perorarne la causa. Dopo opportuni argomenti, riuscii a far
modificare la richiesta della pena di morte a quella di pochi
anni di carcere, dopo anche graziati.
Io sapevo, come tutti, che nel territorio si aggiravano elementi
inglesi ed americani, protetti ed assistiti dalla popolazione.
Non ebbi mai a fare né permisi che si facesse opera di
investigazione e di delazione a loro carico.
Rendemmo meno dura la vita agli internati politici, affidati, per
l'amministrazione, quasi a mia richiesta, alle cure del comune. I
generi alimentari messi a mia disposizione per essi erano
scarsissimi. Di conseguenza, per poter far giungere ai medesimi
cibo sano ed abbondante, con mio rischio personale, alteravo
notevolmente le cifre, che ad essi si riferivano.
Spesso mi recavo a trovarli, per portare loro la mia parola di
fede e di speranza.
Assistenza particolare ebbi a prodigare ai molti ebrei, giunti,
anche dalla Francia, nel comune. Li ebbi a sottrarre a tutte le
ricerche da parte dei tedeschi e delle altre autorità di
polizia. Negavo sempre, quando mi si faceva richiesta, la loro
presenza nel territorio del comune. Li confortai, in ogni
momento, con la mia parola, con il mio consiglio, con una
adeguata assistenza.
Dopo la liberazione, colmi di gratitudine, mi scrivevano una
lettera, che qui copio:
Al Ten. Colonnello Adamoli Umberto già Podestà di Teramo
Noi sottoscritti desideriamo, con questa dichiarazione spontanea,
esprimervi anche per iscritto la nostra profonda gratitudine per
aver salvato noi le nostre famiglie e tanti altri correligionari
che hanno lasciato nel frattempo Teramo, dalla ferocità tedesca.
Difatti ai primi di dicembre scorso, le autorità tedesche
avevano comandato I' arresto in massa di tutti gli Israeliti.
Voi, Podestà di Teramo, eludendo la vigilanza teutonica e
fascista, ci avete avvisati tempestivamente del pericolo che
incombeva sulle nostre teste raccomandandoci paternamente di
allontanarci da Teramo o di rifugiarci presso quelle famiglie,
fortunatamente numerose, non contaminate dal virus della peste
nazista e ci assicuravate ogni qualsiasi aiuto.
E' pure a nostra conoscenza che durante il terrorismo teutonico
vi siete reso benemerito della popolazione teramana e sappiamo
anche che di concerto col Comandante del Campo di Concentramento
istituito dalle belve tedesche per sfogare il veleno che hanno
sempre in corpo, somministravate tra I' altro agli internati,
ricorrendo ad un abile stratagemma, doppia razione di cibo.
Così alla nostra benedizione si aggiungano quelle della
popolazione e degli internati.
Con riconoscente devozione.
firmato Oscar Stein e famiglia e numerose altre famiglie.
E questa gratitudine ancora oggi non è spenta. Ed invero, nel
mentre codesta Commissione mi dichiarava elemento pericoloso,
ricevevo da Parigi, da parte di altro Ebreo, con la data
dell'otto gennaio corrente anno, la lettera che qui pure copio:
"Signor Podestà,
Teramo
Vogliamo profittare dell'anno nuovo per augurarvi tante buone
cose per quest'anno e quelli avvenire.
Non potremo mai scordare la vostra bontà per noi in un momento
particolarmente grave per me e la mia famiglia. Il nome di Teramo
città così gentile sarà sempre attaccato al nome vostro nel
nostro ricordo per la sua ospitalità e il suo silenzio al nostro
riguardo durante l'occupazione tedesca.
Con l'aiuto di Dio ci siamo sistemati alla meglio e siamo
contentissimi della nostra sorte attuale.
Ringraziandovi di nuovo, Signor Podestà, gradite i nostri
saluti.
Oscar, Alberto ed Henriette Roditi
Paris, 8 gennaio 1946"
Per disposizione del comando tedesco, tutti gli sfollati che
giungevano a Teramo dovevano proseguire per l'Alta Italia. Ma
molti di questi nostri fratelli, sottratti al teutonico
controllo, con il mio assenso, si ebbero a rifugiare nel
territorio del comune, ove ricevevano, per vivere, la più larga
affettuosa assistenza in danaro, in genere, in indumenti.
Conservo di essi lettere commoventissime, con espressioni come
questa:
"Al Podestà di Teramo, valoroso protettore dell'umanità
smarrita."
Per Teramo ottenni ancora da parte del Comando Tedesco
un'ordinanza, da collocarsi, come fu collocata, alle porte della
città, con la quale si regolava, si disciplinava la condotta
delle truppe di stanza o di passaggio per Teramo. Ordinanza che
molto giovava alla tranquillità, all'incolumità dei miei
concittadini.
Quando seppi che erano stati arrestati, per ragioni politiche e
per collaborazione a favore dei partigiani della montagna, venti
cittadini, tra cui Antonio Tosti ed Amilcare De Marco, corsi in
Prefettura a presentare le mie lagnanze, chiedendo, nel medesimo
tempo, la loro liberazione. Dopo molte discussioni, riuscivo a
far restituire loro la libertà, sottraendoli così dal campo di
concentramento, dove sicuramente sarebbero stati inviati.
Ottenevo anche, da parte della polizia tedesca, la scarcerazione
del veterinario dott. Gatti, deputato anche lui per il reato di
collaborazione con gli Anglo-Americani.
Anche le famiglie dei partigiani del comune trovavano presso di
me, quando venivano, la più premurosa larga assistenza.
Potrei continuare nella narrazione di quella vita colma di
fatiche, di travaglio, di pericoli, che nell'unico e forte
desiderio di salvare la mia città ed i miei concittadini, mi
ponevano fuori e al di sopra di ogni partito.
Come la storia, nella sua serena giustizia e nella sua verità
dirà a suo tempo, se Teramo ebbe ad essere risparmiata alle
distruzioni ed ai lutti delle altre città, occupate dai
Tedeschi, fu appunto, come tutti i cittadini sanno,
esclusivamente per la mia accorta, attiva, ferma, coraggiosa
opera. E la storia saprà collocarmi, nel tempo, nel posto che a
me spetta.
Non conosco le ragioni, per cui oggi sono stato qui chiamato.
Qualunque esse siano, prego la Commissione, per non cadere in
qualche errore, di esaminare attentamente il mio caso. Io non
desidero il pubblico plauso, promesso da numerosi cittadini, al
momento del pericolo; ma non vorrei neppure che quel plauso si
mutasse oggi in una ingiusta sanzione.
Domando, quindi, di essere liberato da ogni eventuale accusa e di
essere conservato integralmente in tutti i miei diritti divili e
politici, per le ragioni suesposte, e principalmente:
1. di aver salvato duecento famiglie di Ebrei, rifugiate nel
comune di Teramo, e ricercate dai Tedeschi;
2. di aver largamente assistito gli sfollati e gli internati, e
di aver fatto metter in libertà numerosi cittadini, arrestati
per ragioni politiche;
3. di non essere stato tesserato del Fascio repubblicano;
4. di aver salvato Teramo e cento suoi cittadini, destinati alla
fucilazione, offrendo all'ira tedesca la mia vita.
Teramo, 6 febbraio 1946
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