All'Eccellenza il Prefetto
Teramo
Appena dopo l'occupazione di Parigi, luogo di nostra residenza,
da parte delle truppe tedesche, si ebbe ad iniziare,
spietatamente, la caccia agli ebrei, per essere trasferiti, poi,
in qualità di internati, nei campi di concentramento della
Germania e della Polonia. Nessuno vi era escluso, neppure noi
che, pur dinanzi a molte difficoltà, avevano conservato
gelosamente la nostra nazionalità di italiani. Pensammo, di
conseguenza, di metterci in salvo, col rifugiarci nel territorio
della nostra patria.
A Teramo, ove ci dirigemmo e dove ci troviamo tuttavia, per
l'umanità dell'autorità comunale, avemmo larga assistenza
morale, ma per le leggi fasciste contro di noi, che allora vi
vigevano, nessuna assistenza finanziaria, di cui avevamo pure
tanto bisogno. A Parigi vivevamo agiatamente, in quanto vi
conducevamo una bene avviata azienda commerciale, ma non avevamo
riserve di danaro da poter portar via in misura tale, da essere
poi sufficiente per i nostri nuovi bisogni. Né era stato
possibile portare con noi una quantità di roba superiore a
quella contenuta dalle nostre poche valige. Nella fretta della
partenza non era stato, inoltre, possibile di regolare in modo
migliore i nostri affari.
A Teramo dovemmo sostenere molte spese per i rifornimenti di
oggetti personale di più urgente necessità, ed anche per
sottrarci, in continue fughe, alle nostre ricerche, pure qui
iniziate dall'odio e dalla violenza tedesca.
Esaurite quindi le nostre riserve, che erano state già
falcidiate dal cambio, da franchi francesi a lire italiane, ci
dibattevamo in grandi difficoltà, quando per fortuna giungeva la
liberazione, anche per Teramo, dall'occupazione dei Tedeschi.
Subito dopo furono estese anche a noi le provvidenze di guerra,
ma nella qualità di sfollati, anziché di quella di internati
politici, come avremmo dovuto essere considerati. Noi lasciammo
Parigi non per sfollamento, ma per sottrarci al campo di
concentramento, nel quale eravamo stati già destinati.
Si prega, quindi, per una revisione della nostra posizione,
affinché si possa dare a noi la nostra vera qualifica di
internati, e con decorrenza del 1 aprile 1943, giorno del nostro
arrivo a Teramo, con il relativo migliore trattamento economico.
Nel caso contrario, non avendo più propri mezzi, non sapremmo
come ulteriormente provvedere ai bisogni nostri e delle nostre
molte famiglie. Non ci è per ora possibile, per le ragioni della
guerra, tornare alla nostra attività a Parigi, né qui avere una
qualunque altra occupazione, da cui trarre i mezzi necessari al
nostro vivere.
Nella certezza che sarà resa a noi giustizia, nell'attribuirci,
con l'aumento del sussidio, la nostra vera qualifica, si
anticipano, con gli ossequi, i più vivi sentiti ringraziamenti.
Teramo, 20 ottobre 1944
(Vitalio Behar per sé e per molte famiglie di correligionari)
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