— Il tenente Giraud mi manda a salutarvi... —
La notizia ha rattristato profondamente tutti i bersaglieri che amano molto il loro ufficiale e addolora me, in particolar modo. È sera. Ci stendiamo accanto agli alberi sulla nuda terra. Razzi luminosi e pioggia di bombe.
22 Settembre.
Calma. Qualche cannonata, qualche fucilata delle vedette. Giornata meravigliosa di sole. Il capitano Mozzoni mi chiama alla sua tenda. Trovo con lui il sottotenente Fava, del 27° battaglione. Lunga, amichevole conversazione.
23 Settembre.
Siamo a 1897 metri d'altezza. Il pendio della montagna è del 75-80 %. Una vera parete. Guai a rotolare un sasso! Per salire e scendere ci gioviamo di una corda che, legata agli alberi, va dal Comando della compagnia al posto estremo di collegamento, in fondo valle. Ieri sera, pioggia eccezionale di bombe. Sono bombe che si annunciano con un sibilo curiosissimo. Quasi umano. Sono lanciate col fucile. Se trovano il terreno molle, non scoppiano. Ma ieri sera sono scoppiate quasi tutte. Nessuno di noi ha potuto chiudere occhio. Un morto e un ferito. Il morto è tal Bertelli, richiamato dell'84, contadino di Migliarino (Ferrara). La bomba gli è scoppiata sopra e gli ha squarciato il petto. Il ferito non è grave. Si distribuisce la posta.
Il mio compagno di trincea, l'abruzzese Giacobbe Petrella, di Pescasseroli (Aquila), lavora furiosamente di vanghetta e piccozzino per rendere un pochino più solido il nostro riparo. Accanto a me alcuni bersaglieri giocano tranquillamente a sette e mezzo. È quell'indemoniato di Marcamo che tiene banco.
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