Benito Mussolini
Diario di guerra (1915-1917)


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     C'è un solo morto: un caporal maggiore degli zappatori del 27° battaglione. Un milanese, a quanto mi dicono. È stato decapitato da una scheggia del 280. Verso sera vado a cercar dell'acqua e passo accanto al luogo dove l'hanno sepolto. È in un angolo, sotto una roccia, vicino a un tourniquet della mulattiera. Sulla croce, sotto al nome e cognome, c'è un'epigrafe breve e affettuosa. Era un valoroso. A piè della croce ci sono alcune cartoline illustrate. Sulla terra fresca, qualcuno ha sparso delle foglie. Alle Casette — si tratta di due capanne di legno — ritrovo il caporal maggiore milanese Garbagnati. È addetto ai viveri. Mi offre da bere. C'è una colonna di muli che arrivano. Si sentono da lontano, per il batter dei ferri sui ciottoli del sentiero. Serata tranquilla.

     18 Ottobre.
     Notte calma. Mattinata di sole. Nel pomeriggio comincia la sinfonia dei nostri cannoni. Sparano da tutte le cime. Noi ignoravamo l'esistenza di tante batterie. Ecco i 75 nostri. Hanno un sibilo e uno scoppio secco e rabbioso.
     I 149 sono imponenti. La detonazione dei loro proiettili è quasi gioviale, nella sua profondità. I 210 hanno un boato breve e sordo. Poi, c'è il nostro simpaticissimo 305. Vien di lontano, di là dai monti, come un pellegrino. Passa sulle nostre teste lento e solenne. Lo si può seguire coll'udito lungo il tragitto. Il colpo di partenza non si sente, tanto è lontano, ma sentiamo quello d'arrivo. Lo scoppio di un 305 italiano fa tremare la montagna. Se l'artiglieria nemica deprime, l'artiglieria nostra solleva. Quando i nostri cannoni sono in funzione, i bersaglieri si danno alla pazza gioia. Girano da riparo a riparo, fischiano, cantano. Accompagnano i proiettili con grida, con auguri.