Benito Mussolini
Diario di guerra (1915-1917)


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     Il soldato di fanteria non ha che un desiderio: quello di sentir sempre la voce dei nostri cannoni, sempre, di notte e di giorno. Quando sono i cannoni austriaci che sparano e i nostri tacciono, i bersaglieri impazienti... protestano contro la nostra artiglieria che risparmia le munizioni. L'azione della nostra artiglieria è durata un paio d'ore.
     Passano delle corvées cariche di munizioni. Ci sono delle casse di bombe sulle quali sta scritto: Haut, Bas. Eviter les chocs. L'avanzata sembra imminente. Sintomatico! I bersaglieri non dicono: combattimento, azione, battaglia; no: dicono: avanzata. Sembra, per loro, già assiomatico, intuitivo, necessario che una battaglia nostra debba risolversi in un'avanzata. Non è sempre così. Ma l'uso generale e unico di questo vocabolo è un altro sintomo dello spirito di aggressività che anima i soldati italiani e della loro certezza di vincere.
     Ciò che più mi ha stupito e commosso in questo primo mese di trincea, è lo stoicismo incredibile di cui danno prova i soldati italiani feriti. Il mio riparo è sulla mulattiera. Ho... la finestra sulla strada. Tutto passa sotto i miei occhi. Ho veduto decine e decine di feriti. I lievi, quelli colpiti a un braccio, per esempio, vanno all'infermeria da soli. Qualcuno, che pur aveva le carni lacerate da schegge di proiettili, fumava tranquillamente una sigaretta, non un lamento. È straordinario! È ammirevole! Un mantovano, con un braccio quasi tagliato da una scheggia, si reca da solo al posto di medicazione. E dice al tenente che si affretta attorno a lui, per la medicazione: