Benito Mussolini
Diario di guerra (1915-1917)


Pagina 41 di 147       

%


     — Tenente, tagli il resto! E mi faccia dare un po' di pagnotta! —
     Questo stoicismo è il prodotto dell'atmosfera in cui si vive. Nessun soldato ferito vuol mostrarsi debole e pauroso del proprio sangue, dinanzi ai compagni. Non solo. C'è una ragione più profonda. Non si geme per una ferita, quando si corre continuamente il rischio di morte. La ferita è il meno peggio. Comunque, il silenzio superbo di questi umili figli d'Italia dinanzi al dolore della carne straziata dall'acciaio rovente, è una prova della magnifica solidità della nostra stirpe.

     19 Ottobre.
     Notte agitata. Bombardamenti lontani e profondi. Dicono che è in direzione di Tolmino e Gorizia. L'«azione» sembra fissata per domani. Sole. Comincia il concerto maestoso, formidabile delle nostre artiglierie. Chi sta — anche per una giornata sola — sotto il bombardamento di un centinaio di cannoni che sparano simultaneamente, riporta una impressione indimenticabile, sbalorditiva.
     Alla sera, si è intontiti. I nervi non rispondo più.

* * *

     Alcune voci del gergo di guerra, in voga nel mio reggimento:

     scalcinato = soldato debole;
     baule = cretino;
     fifa = paura;
     svirgola = cannonata;
     omnibus = proiettile da 305;
     pizzicare = ferire;
     spicciarsela = trovarsi nell'imbarazzo;
     pallottola intelligente = pallottola che ferisce soltanto;
     pipa = rimprovero;
     girare la matricola = idem;
     far scrivere a casa = togliere qualcosa a un soldato;
     far fesso = idem;
     far camorra = farsi la parte del leone;
     essere fuori uso = inabile alle fatiche di guerra;
     marcar visita = recarsi dal medico;