Verso la fine, accompagnati dalle note gravi e profonde dell'organo, i soldati cantano un inno. Il coro si leva solenne e riempie la chiesa. Io taccio: ignoro l'aria e le parole. Il ritornello dice:
Deh, benedici, o madre,
L'italica virtù;
Fa' che trionfino le nostre squadre
Nel nome santo del tuo Gesù.
Il coro è finito con un lungo gemito dell'organo.
I soldati sfollano.
16 Novembre.
Sono l'unico bersagliere dell'11° che torni al reggimento. In marcia. Vicino a Tresenga passo dinanzi a una polveriera. La sentinella mi guarda e mi riconosce. È un soldato romagnolo del 120° fanteria. Soffia dal Monte Nero un vento di neve. Mi affretto. Niente tappa a Rawna. Qui ci sono dei bersaglieri del mio battaglione venuti in corvée. Mi dicono che il 33° battaglione si trova a quota 1270 e non sull'Jaworcek. Notizia consolante. Sei ore di marcia di meno. Lunga fila di muli carichi di soldati coi piedi congelati. A Za Kraju incontro una barella coperta. C'è un morto che viene portato a Caporetto. Segue un caporale che piange. Lo conosco. È dell'8a compagnia. Mi dice singhiozzando:
— Il morto è il sottotenente Mario Bottigelli, milanese. È stato fulminato da una pallottola, ieri sera, mentre disponeva il suo plotone di guardia. Ora lo portiamo al Cimitero di Caporetto. —
Al Cimitero del 6° bersaglieri, mi sferza la faccia una prima folata di nevischio. Il Monte Nero non si vede più. Neve, Neve. In trincea, dove sono giunto dopo tre ore di marcia sotto la neve, ho ritrovato i miei amici, soldati e ufficiali, che mi hanno accolto festosamente.
Notte di uragano. Eravamo nel ricovero in undici. Mal riparati. Freddo siberiano. Ma stamani c'è il sole.
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