15 Novembre.
Oggi č il primo anniversario della fondazione del Popolo d'Italia. Ricordi, nostalgie. Mattinata grigia. Partiamo da Pulfero alle 9. Per giungere a Caporetto ci vogliono tre ore. Solito enorme movimento di camions e di carri. Si dice che il fronte mangia per le retrovie, ma le retrovie mangiano il fronte. Nelle retrovie c'č un vero, formidabile esercito, mentre la linea del fuoco č un sottile velo che sembra sfumare nella lontananza. Durante il tragitto, il Ghidoni mi racconta i «casi» della politica carrarese. Sono interessanti. Passo le ore libere del pomeriggio a Caporetto. La cittadina č sempre piena zeppa di soldati. Sono sorti qua e lą grandi baraccamenti e qualche edificio in pietra. Verso sera, mi reco al Camposanto militare. Il numero delle croci č aumentato. Saranno quattrocento. Quelle degli ufficiali, una quarantina. Primo di questi, il colonnello Negrotto. Sulla sua tomba c'č una grande corona in bronzo degli irredenti. Ora vado leggendo alcuni nomi sulle croci. V'č anche qualche austriaco.
L'unica fossa che abbia dei fiori č quella di un soldato austriaco e sulla croce sta scritto: Joseph Waltha, dell'esercito nemico. Il fatto č sintomatico.
In un angolo del Cimitero per civili, ci sono due fosse senza croce e senza nome. Un soldato mi spiega che si tratta di due gendarmi austriaci fucilati dai nostri all'inizio delle ostilitą.
All'estremitą del Cimitero militare, che č cintato da un semplice filo di ferro, giunge un carro, ricoperto e trascinato da due soldati zappatori. Ci sono due casse da morto. Aiuto a scaricare la prima. Č pesante. Sono due soldati morti all'ospedaletto da campo. Crepuscolo. Melanconia. Ritorno in piazza. Compero il Resto del Carlino e trovo la prima notizia del bombardamento di Verona. Crocchi di soldati leggono. Molti altri vanno in chiesa. Vado anch'io. La chiesa di Caporetto ha ai lati due gallerie, dalle quali si sporgono i fedeli, come dalle loggette di un teatro. Banchi, gallerie, scalinata, sono gremiti di soldati. C'č anche qualche ufficiale. Ce ne sono dei vecchi e dei giovanissimi. Un territoriale degli alpini, accanto a me, ha negli occhi un luccicore di lacrime. All'altare officia un prete che intona le laudi. I soldati rispondono in coro: «Ora pro nobis...».
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