All'amico Benito Mussolini
offro
affinché gli ricordi il luogo
ov'ebbe il battesimo del fuoco
e la gioia suprema
di constatare nel cuore dei suoi commilitoni
le nobili qualità della stirpe italica.
Dormiamo sotto a una baracca, ma sulla neve. Ci contenteremmo di un pochino di paglia, ma non c'è.
Mercoledì 23 Febbraio.
Notte di guardia alla trincea. Dodici ore sotto a una implacabile bufera di neve. Verso le due si è udito un vivo fuoco di fucileria alla nostra destra, nelle posizioni tenute dagli alpini. Siamo balzati tutti in piedi. Coperti di neve, sembravamo tanti fantasmi usciti da una fossa. Si trattava di un attacco austriaco più simulato che attuato. Il fuoco è durato una quindicina di minuti. Stamani, all'alba, l'8a compagnia è venuta a darci il cambio. Durante l'operazione una pallottola sola di una vedetta austriaca ha ucciso due dei nostri: Massari, un richiamato ferrarese dell'84 — un soldato bravo, disciplinato, volonteroso, che era stato con me in trincea sullo Jaworcek — e Manucci. Sono caduti senza un grido, sul margine inferiore del camminamento. Colpiti entrambi alla testa. Dai buchi uscivano fiotti di sangue che invermigliava la neve.
Fatalità!
Il Manucci era già partito per la licenza invernale ed era giunto a Ternova. Qui aspettò sei giorni, perché le licenze erano state sospese nel settore dell'Alto Isonzo.
Dopo sei giorni, ricevette l'ordine di tornare in compagnia. Giunse ieri sera. Stamani è morto. Il Massari era miracolosamente scampato allo shrapnel del 10 ottobre che uccise i suoi due compagni di tenda, i ferraresi Mandrioli e Melloni.
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