Benito Mussolini
Diario di guerra (1915-1917)


Pagina 122 di 147       

%


     Solo l'odore dell'incenso mi procurava un turbamento che qualche volta mi dava istanti di malessere insopportabile. Finalmente una suonata dell'organo chiudeva la cerimonia. La folla sciamava. Lungo la strada, un chiacchierio soddisfatto. A mezzogiorno fumavano sulla tavola i tradizionali e ghiotti cappelletti di Romagna. Quanti anni o quanti secoli sono passati da allora? Un colpo di cannone mi richiama alla realtà. È Natale di guerra.
     Nella trincea è un silenzio pieno di segrete nostalgie. Natale magro. Dei doni mandati dal Comitato, alla mia compagnia sono toccati mezza dozzina di panettoni e altrettante bottiglie... Il rancio poi è stato specialissimo: baccalà in umido con patate. Figurarsi!

     26 Dicembre.
     Mattinata insignificante. Nel pomeriggio, improvviso risveglio delle nostre batterie. Un tratto della «loro» trincea di prima linea è saltato per aria. Di rimando, essi hanno lanciato alcune bombe su quota 144. Mentre scrivo, i tedeschi lavorano... per noi. Padre Michele è venuto a trovarci.
     Gli ho accennato alle polemiche suscitate dalla mia licenza invernale e gli ho chiesto se sarebbe pronto a rendermi testimonianza.
     — Prontissimo — egli mi ha risposto. — Direi la verità, che cioè, io l'ho visto dal primo giorno ad oggi, sempre in prima linea. —
     Erano presenti altri ufficiali.
     Scrivo queste righe alla luce fumosa di uno scaldarancio, nella più inverosimile delle posizioni. Nel crepuscolo, si addensano le nubi sciroccali. Bombe.

     27 Dicembre.
     Stanotte abbiamo rinforzato la nostra linea di reticolati. Fra le 22 e le 23 c'è stato un bombardamento reciproco assai violento. Mattina nebulosa, ma chiara. Mi affaccio al parapetto della nostra trincea. Ci sono di là, a poche diecine di metri, due soldati austriaci che conversano tranquillamente in piedi. Più lontano, un altro soldato, fa, non meno tranquillamente, la sua «toilette» mattinale. Si leva la giubba, il corpetto, la camicia, si spidocchia. A operazione ultimata, un lungo stiramento di braccia un'occhiata in giro, poi se ne torna lentamente alla tana. Io constato che da un mese non mi lavo la faccia. L'acqua del lago è sospetta. L'acqua che giunge colle ghirbe e che bisogna prelevare con un «bono», è troppo rara per sciuparla a lavarsi la figura.