— Quale crede sia stata la causa dello scoppio? — ha chiesto il Re.
— Il tubo di lancio era troppo arroventato.
— Eh, già, — ha aggiunto il Sovrano — forse il tiro era stato troppo rapido. —
E poi, mutando discorso:
— Ricorda? Io lo vidi sei mesi fa all'Ospedale di Cividale.
— Ricordo perfettamente; allora ero in osservazione per malattia...
— Ed oggi — interruppe il Re — dopo tante prove di valore, è rimasto ferito. —
Seguì un istante di silenzio. Tutti guardavano quel soldato valoroso, che, ammaestrando i suoi uomini sotto il fuoco austriaco, perché essi potessero del nemico aver ragione, era caduto con pari eroismo del soldato che in trincea è sopraffatto dall'impeto dell'avversario.
Poi il Re continuò:
— L'altro giorno, sul Debeli, il generale M... mi ha parlato molto bene di lei...
— Ho cercato sempre di fare il mio dovere con disciplina, come ogni altro soldato: è molto buono con me il mio generale.
— Bravo Mussolini! — interruppe il Re. Sopporti con rassegnazione l'immobilità ed il dolore.
— Grazie, Maestà. —
Il Re si volgeva allora verso gli altri feriti.
Al lato sinistro di Mussolini era un valoroso mutilato, il sergente Gasperini, valtellinese, che fu ferito dalla bomba di un aeroplano presso Doberdò. Anche per lui il Sovrano ebbe parole di elogio e di incoraggiamento, e fece segnare il suo nome ad un aiutante di campo, insieme a quello di un altro mutilato: Antonio Bertola, siciliano.
Il Re, quindi, dopo aver salutato Benito Mussolini, lasciò la corsia e visitò le altre sale dell'Ospedale, congratulandosi poi col Direttore capitano Piccagnoni per l'ordine che aveva trovato.
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