Dopo l'adunata
(28 gennaio 1915)
Il convegno nazionale dei fasci
di azione non ha avuto una buona «stampa». Solo un
giornale di Bologna
con un articolo forte e quadrato
ammonitore
ha
cercato di vedere nel nostro movimento ciò che vi è
sicuramente di vero e di vitale; ma tutti gli altri — non
escluso il Corriere — si sono limitati all'«accidentale»
al «dettaglio»
quando non siano trascesi all'ingiuria
grossolana. La Gazzetta di Venezia
la vecchia suocera brontolona
della laguna
ci ha onorati del titolo di «pagliacci»; La
Perseveranza — tanto nomini — ha trovato
previa una
energica strofinatura ai suoi occhiali affumicati
che «lo
scopo dei fasci non è la guerra per l'unità e la
grandezza d'Italia
ma la rivoluzione sociale». L'una e l'altra
cosa
se non vi dispiace
monna Perseveranza!
Sull'Italia
clericale
l'on.
Filippo Meda lancia al cielo un «finalmente» e scrive:
«Finalmente gli intervenzionisti
o interventisti che dir si
voglia
hanno scelta la loro piattaforma
chiara
precisa
sincera
e
va data lode al prof. Mussolini di aver condotto al congresso di ieri
il problema nei suoi termini esatti: "L'adunata — dice
l'ordine del giorno da lui fatto approvare — reclama dal
governo l'immediata pubblica e solenne denuncia del trattato della
triplice". Questa è onestà e logica politica
e
noi approviamo. Approviamo
s'intende
la "posizione della
questione"; non lo scioglimento che il prof. Mussolini ne vuol
dare.»
Meno male! L'on. Meda conviene
con noi che per rivendicare una qualsiasi libertà d'azione
all'Italia
bisogna «pregiudizialmente» rescindere i
trattati che ci vincolano all'Austria-Ungheria e alla Germania
denunciare
in una parola
la triplice alleanza. La pregiudiziale che
io ho posto al congresso dei fasci è
dunque
valida e logica.
Soltanto l'on. Meda trova che per rescindere un «contratto»
occorre un motivo decente. «E dov'è il motivo?» si
chiede il deputato clericale di Rho. Dov'è il motivo?
(segue...)
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