(segue) Dopo l'adunata
(28 gennaio 1915)
[Inizio scritto]
Denunciare la triplice alleanza
non è soltanto un «diritto»; è piuttosto un
«dovere». In un'epoca dinamica come l'attuale
ogni
popolo può e deve rivendicare la sua piena libertà
d'azione. Si capisce che la denuncia del trattato deve essere
contemporanea al decreto di mobilitazione. Ad ogni modo il primo
passo da farsi — e subito — è quello di denunciare
il trattato della triplice alleanza. Ecco perché i fasci hanno
vitato l'ordine del giorno che ho presentato all'adunata nazionale e
non mi sorprende che i clericali puri come l'on. Meda e i moderati
autentici come La Gazzetta di Venezia insorgano contro il possibile
accoglimento della nostra pregiudiziale. Essi sentono che tale fatto
costituirebbe una vigilia di guerra contro gli alleati di ieri... ma
sentono altresì che gli eventi ineluttabili di domani
«imporranno» quella pregiudiziale osteggiata — et
pour cause — da tutti i Meda d'Italia...
Il congresso dei fasci ha dunque
bene provveduto reclamando — in primis — l'atto formale
pubblico di decesso della triplice. Ma anche sugli altri argomenti la
discussione è stata elevata e proficua. Il tema spinoso
dell'irredentismo è stato posto e risolto nell'ambito delle
idealità socialistiche e libertarie che non escludono la
salvaguardia di un positivo interesse nazionale. Tutti i popoli che
soffrono di una oppressione esteriore devono essere liberi: questa la
dichiarazione di principio; nel caso pratico il nostro è
irredentismo antiaustriaco e non — ad esempio —
antifrancese per Nizza e la Corsica
o antinglese per l'isola di
Malta
in quanto che solo ad oriente vi sono popolazioni italiane
sottoposte al dominio austriaco e che di tale dominio sopportano le
atroci sofferenze da lungo volger di anni... L'irredentismo verso
tutti i confini — quando non sia giustificato da ragioni di
giustizia e di libertà — si risolve nel nazionalismo o
nell'imperialismo. Non è il nostro! L'ordine del giorno votato
nel congresso dei fasci precisa esattamente la nostra posizione
teorica e politica di fronte al problema delle terre irredente
il
che non impedisce di aggiungere che non sarebbe stato — secondo
il mio avviso — del tutto superfluo precisare e delimitare il
nostro irredentismo anche dal punto di vista «territoriale»
e ciò a scanso di equivoci presenti e di responsabilità
future. Ma questa è una «subordinata» che non
toglie importanza e valore alla massimi di principio.
(segue...)
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