Cittadini
non servi!
(14 aprile 1915)
Malgrado le due lezioni del
passato lontano e recente
i governanti d'Italia sembrano più
che mai ostinati a non convincersi di una verità elementare e
storicamente irrefutabile; questa: che le polizie vessatoci e
omicidiarie
meglio e più rapidamente di ogni sovversivismo
«tesserato»
«sabotano» il regime e preparano
la fossa alle istituzioni.
La nostra non è una
«doglianza»
ma una semplice constatazione di fatto.
Constatazione che l'assassinio efferato di domenica sera rende ancora
una volta di attualità. In qualunque altro paese civile del
mondo cosiddetto civile
— dove il cittadino non sia
considerato dai detentori alti e bassi del potere come un servo
inutile — le autorità politiche avrebbero tenuto un
contegno diverso. Il cittadino — ci sia o no il suffragio
universale — è sacro. Che la polizia non lo tuteli
passi; ma è inconcepibile che la polizia aggredisca e uccida
senza nemmeno la lontana parvenza di una giustificazione.
Che cosa fa l'autorità
politica milanese? Un'inchiesta i cui risultati sono sin da questo
momento facilmente prevedibili. Non si è proceduto all'arresto
dei presunti o veri colpevoli
non c'è stato finora un atto
qualsiasi di onesta riparazione. La polizia tiene invece un
atteggiamento cinico
e non è improbabile una «versione»
sapientemente manipolata che attribuisca ogni colpa all'ucciso.
Orbene
bisogna dichiarare alto e forte che le responsabilità
gravissime della polizia sono di due specie: una d'indole generale e
una d'indole particolare. La prima tocca anche il governo. Si deve
appunto ad una circolare emanata dall'on. Salandra
se il contegno
della forza pubblica fu domenica scorsa tanto bestiale in ogni parte
d'Italia. La polizia ha «ecceduto» — elegante
eufemismo! — dovunque. C'erano degli «ordini»
venuti dall'alto. Bisognava «reprimere» ogni tentativo di
manifestazione da parte degli «interventisti». Qualcuno
che credeva di trovare una spiegazione alle violenze poliziesche di
Roma nel fatto che nella capitale ci sono ministeri
ambasciate
corte
vaticano
ecc.
si sarà accorto del suo errore
leggendo la cronaca delle dimostrazioni milanesi. Nella capitale
«morale» si pestava sodo come nella capitale politica e
con conseguenze letali. L'ordine di «reprimere» era
dunque generale. Poi è venuta l'interpretazione «locale»
della malfamata polizia milanese. Interpretazione rigida
alla
lettera. Il ministro prescrive di impedire le dimostrazioni dei
fasci? Benissimo. Al modo penseremo noi
si è detto in
questura. E il «modo» dei gendarmi di San Fedele è
stato quanto di più ignobilmente poliziesco si potesse
pensare.
(segue...)
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