(segue) Dimissioni!
(15 aprile 1915)
[Inizio scritto]
Ora che la protesta formidabile
c'è stata
non è del tutto inutile occuparci delle
sfuriate di certi giornali. Per taluni di essi lo sciopero generale è
stato quasi un delitto di lesa patria. Via
non esageriamo! Uno
sciopero a durata limitata
senza comizi in piazza
senza incidenti
gravi è un avvenimento che in Italia e specialmente a Milano è
abbastanza frequente e niente affatto... catastrofico. D'altra parte
perché la cittadinanza milanese doveva astenersi da tale
manifestazione? Forse perché la guerra è «inevitabile»?
E chi ne sa qualcosa? Lo si dice da tanto tempo che nessuno ci crede
più. Diteci che il nemico è alle frontiere
diteci che
è giunta l'ora di batterci sulle trincee e voi avrete tutta la
nazione tesa e unanime in uno spasimo d'amore e di aspettazione verso
la guerra.
Ma dal momento che si «negozia»
dal momento che si aspetta l'eterno «fatto decisivo» che
si ostina a non venire
nulla di strano che il popolo si occupi di
questioni interne
specie se interessano direttamente — come
nel caso di Milano — la libertà
la dignità
l'esistenza stessa dei cittadini.
Come al solito i nazionalisti
battono il record dell'incomprensione. Il commento del loro giornale
dimostra che essi identificano lo stato colla polizia. Pessimo
servizio ch'essi rendono all'idea e all'ente stato. Ci vuol poco a
capire che il popolo di Milano non ha diretto la sua protesta contro
lo stato
ma contro uno speciale organo dello stato: la polizia. La
polizia in genere e quella milanese in particolare è dunque
«sacra e inviolabile»? L'idea di stato s'incorpora dunque
nel randello micidiale di un agente più o meno imbestialito? E
i cittadini
che sono anch'essi stato
non hanno il diritto di
esternare nelle forme che essi ritengono le più opportune la
loro protesta?
(segue...)
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