(segue) Il «morale»
(1 agosto 1915)
[Inizio scritto]
La grande anima — ignorata
e spesso diffamata — della nazione si rivela — con
freschezza giovanile
con impeto eroico — attraverso le parole
dei suoi figli in armi. Io leggo ogni giorno — con attenzione
religiosa — questi documenti. È una lettura che io
consiglio agli scettici. Ecco i telefonisti del 68° fanteria che
si dichiarano «orgogliosi di essere al fronte»; un gruppo
di automobilisti milanesi che scrivono «dal glorioso campo di
battaglia»; molti soldati di fanteria si dicono «vibranti
di sentimento patriottico». I richiamati biellesi salutano dal
fronte dove «l'anima nobilissima dell'Italia si ritempra»;
il «pensiero dell'Italia» esalta e rende orgogliosi due
soldati addetti ai forni; «Viva l'Italia
Trento e Trieste!»
gridano alcuni soldati del parco automobilistico; di «patriottico
entusiasmo» si dicono animati i finanzieri dell'8a compagnia.
Questi saluti erano nel Secolo di ieri.
Prendo La Stampa. Ecco un
foltissimo gruppo di soldati richiamati i quali «assicurano che
sono pronti a compiere il loro dovere di soldati e di italiani
non
venendo meno alle antiche tradizioni del caro Monferrato e
Astigiano». I soldati di una batteria pesante campale
asseriscono che «combattono tutti entusiasti per la grandezza
della patria». Un gruppo di fucilieri dalle aspre e superbe
rocce montuose del fronte «inneggiano a un'Italia più
forte e più grande»
mentre dalle Alpi Venete
un altro
gruppo di soldati saluta parenti ed amici al grido di «Viva
l'Italia!».
Prendo La Gazzetta del Popolo.
Dalle cime del Monte Nero un nucleo numeroso di artiglieri «fa
voti per il conseguimento dei più alti ideali nazionali e di
una più grande
più bella
più gloriosa Italia»;
i fucilieri della 5a compagnia anelano il giorno in cui andranno «a
fare i bagni a Trieste»; i racconigesi assicurano gli amici e
il paese della «eroica volontà del sangue italiano»;
oltre 50 minatori del genio salutano «inneggiando alla vittoria
che già arride al tricolore»; i soldati di una compagnia
telegrafisti porgono «saluti cari dalle nuove terre ritornate
dopo secolare servaggio alla patria amata»; un gruppo di
allegri fanti piemontesi sono «orgogliosi di trovarsi sulle
balze del Trentino»; i militari di un reggimento di fanteria
«con ardore di buoni italiani attendono fidenti a nuovi
cimenti». Ecco un saluto che si stacca un po' dal
consuetudinario. Un gruppo di volontari ciclisti di Torino «solitari
su di un'alta vetta
fisso lo sguardo verso il radioso avvenire
fermo il cuore in una indomita fede di vittoria
consci di aver
vicino la regale anima di Torino
al vecchio Piemonte
dura terra
d'eroi
inviano saluti e ricordanze». I soldati richiamati di
un ospedaletto da campo
dopo aver lasciato i cari «per l'onore
e la grandezza della patria»
sperano di tornare presto
vittoriosi...
(segue...)
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