Altre battaglie
(2 settembre 1915)
L'ora lungamente agognata è
venuta: da due giorni sono un semplice soldato dell'esercito
italiano. Gli eventi che io attendevo
che ho — per la mia
parte — voluto e determinato
mi costringono ad abbandonare
questo posto. È con animo veramente lieto che depongo la penna
per imbracciare il fucile. È con piena consapevole serenità
che io lascio le abitudini della vita civile e mi preparo a
sopportare le fatiche dure e la rigida disciplina della guerra. Prima
di separarmi — nello spazio — non già e non mai
nello spirito
da questo foglio di carta ch'è la mia creatura
più viva
potrei concedermi il lusso di un piccolo esame di
coscienza e rivivere — nel baleno dell'evocazione —
questi dieci mesi di aspro lavoro
di incessanti battaglie. Vi
rinuncio. Si vive e si muore in fretta oggi: manca il tempo di
ricordare. Ad altri io lascio la fatica di ritracciare il cammino
percorso. Le battaglie di ieri hanno
per me
la malia del ricordo;
le battaglie di domani
il fascino di una speranza. Vado verso queste
ultime. Vivo del domani. Vivo del dopodomani. Le lotte del dopoguerra
saranno magnifiche. Bisogna ringraziare il destino che ci ha
consentito di vivere in quest'ora «unica» nella storia
della specie umana. Bisogna esaltare
nella guerra
il vasto crogiolo
dal quale uscirà modellata l'Europa di domani. Forse spunterà
all'orizzonte — dopo questo sanguinoso e necessario urto di
popoli — l'«uomo europeo»... e sarà titolo
di legittimo orgoglio l'aver partecipato a questa fecondazione.
La sorte che può
attendermi non mi preoccupa affatto. Io affido il giornale a un
gruppo di giovani che conosco e nei quali ho grande fiducia. Essi
chiamati e non chiamati
si sono raccolti attorno a me
mi hanno
durante dieci mesi prodigato il loro ingegno
la loro volontà
la loro fede. Essi continueranno colla mia guida sempre presente la
strada che io ho tracciata.
(segue...)
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