(segue) Per non disarmare
(14 settembre 1915)
[Inizio scritto]

      L'esercito italiano va verso la vittoria. Certa. Fatale.
      Ma noi che ci apprestiamo a sopportare i disagi invernali delle trincee e i rischi inevitabili dei combattimenti vogliamo avere le spalle sicure. Non ci devono essere qui i sabotatori delle nostre energie gli speculatori sul nostro sangue. Se ci sono bisogna assassinarli. La putredine sulla quale passammo nel maggio scorso non è stata ancora completamente spazzata via e dispersa. Questo compito io lo affido a voi amici carissimi. Vigilate sempre! Picchiate disperatamente! Non date un minuto di tregua alle jene che si apprestano a divorare la macabra imbandigione dei morti! Ci sono ancora in Italia dei mistificatori della buona fede delle masse operaie ci sono ancora i sordidi e i sornioni zelatori della Germania; ci sono ancora delle vecchie cariatidi nel socialismo e fuori che bisogna una volta per sempre frantumare; c'è ancora una repellente germinaia pluricolore nella quale Voi dovete irrompere con lo stesso impeto assiduo e spietato con la stessa crudele e necessaria intrepidità che guiderà le nostre baionette all'assalto delle trincee nemiche.
      Noi combatteremo: combattete!
      Il programma che io vi lascio è in questo motto: «Per non disarmare!». Io so che voi terrete fede a questa consegna. Io so che voi non disarmate e non disarmerete. Voi bruciate del mio stesso fuoco voi sentite profondo l'affetto per questo foglio di carta al quale avete dato la parte migliore di voi stessi; voi comprendete che la battaglia magnifica iniziata da me dieci mesi fa non è finita ma è entrata semplicemente in nuova fase; voi odiate — del mio stesso odio — tutti i nostri nemici che sono i nemici dell'Italia.
      Per quanto mi riguarda io non ho preoccupazioni personali. Sono pronto a ricevere tutti i colpi del destino. Poco importa! Secondo la superba formula roman necesse navigare non vivere.

(segue...)