Per la ricostituzione dei Fasci
(29 ottobre 1915)
Lettera ai
redattori del Popolo d'Italia.
Da una trincea avanzata
29
ottobre 1915.
Carissimi amici
vedo dal Popolo che avete
ricostituito il comitato centrale dei fasci e intendete imprimere
nuova vita a un movimento che ha avuto la sua parte — e non
trascurabile! — nelle ultime vicende fortunose della storia
italiana.
Forse
era meglio non
interrompere completamente. In ogni caso era tempo di «riprendere».
Il compito dei «fasci» non è finito. Non basta
aver voluto ed imposto la guerra: ora si tratta di salvarla. Salvarla
nelle sue finalità ideali dal turpe sabotaggio che della
nostra guerra di liberazione vorrebbero fare preti
giolittiani
socialisti ufficiali
uniti sempre più intimamente insieme.
Solo i «fasci» possono gettare al popolo la parola che
disperde i dubbi e segna la via. Questa parola è: audacia.
Audacia contro i nemici interni e contro quelli esterni. Le mezze
misure sono le più esiziali. Anche per l'Italia
come per
tutte le nazioni grandi e piccole impegnate nella conflagrazione
mondiale
la posta del gioco è suprema. Si tratta di vita o di
morte. Essere o non essere. Manovre oblique di politicanti
pacifismo
imbelle di preti non spezzano questo dilemma: bisogna rischiar tutto.
Una politica «usuraia» si concluderebbe in un disastro e
in un'infamia. Prospettare queste due necessità al popolo
italiano è e dev'essere il compito dei «fasci» nel
nuovo periodo della loro vita.
Altro compito dei «fasci»
può essere quello di disintegrare e disorganizzare i vecchi
partiti. I partiti «statici» hanno fatto il loro tempo. I
partiti di domani saranno «dinamici». Non più
costruzioni rigide
fisse con dogmi e interpretazione di dogmi
con
preti
bigotti e inquisitori; ma associazioni libere mobilissime che
vivranno finché avranno ragione di vivere. Su queste
prospettive potremo tornare in seguito. Sono idee da elaborare.
(segue...)
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