(segue) Dal vecchio al nuovo ministero
(14 giugno 1916)
[Inizio scritto]
Resta il «modo» con
cui è stato esecuzionato il gabinetto Salandra. Ma qui —
come ho detto — si entra in una materia di considerazioni che
sono in rapporto puramente incidentale colla crisi stessa. I nostri
«seimila» non cambiano natura. Le dimissioni dell'on.
Salandra sarebbero apparse sotto luce diversa se fossero venute quale
conseguenza di una discussione alta e solenne. Invece: poca dignità
e molta cagnara. È chiaro che la parte giolittiana e
neutralista della camera ha voluto la sua rivincita — a un anno
di distanza — sulle giornate del maggio e
come spesso avviene
quando si possono appagare desideri troppo a lungo contenuti
non c'è
stata discrezione
né tatto
né misura
ma molto
chiasso. Voi non potete credere come e quanto il contegno dei nostri
«seimila» abbia «urtato» i soldati che
combattono. Potrei trascrivere il florilegio che ho colto sulle
labbra de' miei commilitoni
ma ciò mi farebbe troppo
scrivere. Quanto a me
io non rinnego il mio grido di «Abbasso
il parlamento» e rimpiango che i dimostranti romani del maggio
non abbiano raso al suolo Montecitorio. È certo che i «nostri»
deputati ci offrono un vero arsenale di armi per le battaglie di
domani.
Ho finito. Come vedete
anche in
questa circostanza il nostro accordo è perfetto. E giacché
ho la penna
cioè il lapis
in mano
io formulo il voto che la
crisi abbia una soluzione nazionale
— non potrebbe del resto
averne un'altra — che ci conduca alla vittoria. Bissolati può
formare il ministero. Ma deve
in ogni caso
esserne parte. Definita
la crisi
non ci deve essere che un pensiero e un proposito: quello
di vincere e per ciò tutte le energie siano tese sino allo
spasimo. La massa dei soldati
dopo un anno di logorante guerra di
trincea
è ancora buona. La nazione che non combatte faccia il
dover suo
noi faremo il nostro!
(segue...)
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