(segue) Chilometria jugoslava
(31 luglio 1917)
[Inizio scritto]

      Visto che Trieste sarà italiana i jugoslavi — traduciamo fedelmente — «sollevano formale obiezione nel senso che un'annessione di Trieste all'Italia non potrebbe costituire per i jugoslavi un fatto compiuto inalterabile e definitivo». Di inalterabile e definitivo nella vita e nella storia non c'è nulla ma quando il tricolore sventolerà sul colle di San Giusto non saranno certo le «obiezioni» anche «formali» dei signori sloveni che lo faranno abbassare... Inutile aggiungere che tutta la zona goriziana — compresa la città — dovrebbe essere slovena per questo ineffabile massone di Belgrado il quale trova il modo di versare anche una lagrima sulla triste sorte dei trenta o quarantamila sloveni della Val Natisone. I sentimenti di questi sloveni italianizzati sono illustrati da questo semplice episodio: nel paese che ha avuto la disgrazia di dare i natali al Faidutti è stata dedicata una piazza a Cesare Battisti.
      Tutto l'opuscolo dell'ignoto massone serbo è intonato a sentimenti di ostilità contro l'Italia. Persino il nostro intervento in guerra che fu voluto dal popolo in uno slancio di altruismo e di cavalleria è prospettato sotto la luce di un mercato concluso soprattutto ai danni dei «poveri» sloveni i quali sono stati e continuano ad essere gli sbirri più fedeli degli Absburgo. A un certo punto l'opuscolo svaluta l'efficienza militare dell'intervento italiano l'entità del nostro sforzo e del nostro sacrificio di uomini. Ma la conclusione è ancora più grave. L'autore invita la massoneria a sabotare tutte le rivendicazioni italiane e la scongiura di intervenire per la giusta causa jugoslava presso i dirigenti di tutti i paesi. I jugoslavi covano un progetto orgoglioso quanto temerario: essi vogliono «provocare attraverso la massoneria la revisione dei patti che l'Italia ha "estorto" ai governi alleati in un momento di debolezza». La massoneria deve impedire «l'attentato contro la libertà di un popolo martire — lo sloveno — attentato che se compiuto sarebbe una vergogna per l'umanità del nostro secolo». È necessario portare alla luce fuori delle logge massoniche questo programma jugoslavo. All'indomani della conferenza di Parigi — dov'era rappresentato anche il governo serbo — queste oscure manovre antitaliane devono essere denunciate. Se l'accordo raggiunto a Parigi è sincero il governo serbo non può più oltre tardare a squalificare questa campagna che può avere in prosieguo di tempo conseguenze deplorevoli. Gli slavi del sud che sono stati finora di un lealismo ripugnante nei riguardi dell'Austria (ben diverso è stato l'atteggiamento degli slavi di Boemia e Slovacchia) devono ricordare che senza l'intervento dell'Italia il destino della Serbia era quello di diventare come la Bosnia-Erzegovina una provincia austriaca. L'Italia non ha fame di territori. Se la sua politica fosse stata inspirata da criteri di sola utilità territoriale avrebbe potuto fare in altro modo più «lauti» affari. Avrebbe avuto terre e colonie e con un sacrificio infinitamente minore. La sua coscienza si è ribellata al mercato che le veniva proposto e ha scelto altra via. Sono due anni che sanguina e dolora ma tiene e resiste. Non solo per sé ma per tutti compresi i serbi e gli stessi sloveni. Per la liberazione delle terre che furono e sono sue e per la libertà di tutti i popoli. Lo ricordino gli zelatori dell'imperialismo jugoslavo lo ricordino anche i grandi orienti massonici prima di «pubblicare e mettere in giro» in loro nome e sotto la loro egida pubblicazioni che intiepidiscono la necessaria cordialità dell'alleanza nella lotta contro il blocco tedesco.

(segue...)